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24 Settembre 2021
13:36

Un habitat perfetto non è una buona cosa per i panda: li rende troppo pigri

I panda sono animali straordinariamente pigri, e questo è risaputo. La loro svogliatezza pare però non avere limiti: secondo un studio pubblicato su Conservation Biology, quando si trovano troppo bene nel loro habitat non si spostano più e questo riduce la possibilità che incontrino nuovi partner, aumentando il rischio di consanguineità.

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I panda sono animali straordinariamente pigri, e questo è risaputo. Questi paffuti e teneri orsacchiotti, originariamente carnivori, non solo hanno scelto una più comoda e lenta dieta erbivora ma sembrano pure avere poca voglia di accoppiarsi, rendendo non poco complicato la conservazione.

La loro svogliatezza pare però non avere limiti e ha toccato nuove e indolenti vette: secondo un studio pubblicato su Conservation Biology quando si trovano troppo bene nel loro habitat non si spostano più e questo riduce la possibilità che incontrino nuovi partner, facendo aumentare i livelli di consanguineità. I risultati inaspettati di questa nuova ricerca suggeriscono quindi che un habitat perfettamente conservato non è affatto una buona cosa per la tutela di questo buffo urside bianco e nero.

Un habitat ideale aiuta il flusso genico, ma solo fino a un certo punto

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La frammentazione e la degradazione degli habitat è una delle minacce principali per la maggior parte delle specie animali. Disboscamento, strade, città, ferrovie, dighe non solo eliminano lo spazio fisico per gli animali ma riducono anche la connettività, isolando le popolazioni. Tutto ciò rende più difficile gli accoppiamenti e limita lo scambio di geni, facendo aumentare il rischio di consanguineità. Gli scienziati della Michigan State University hanno provato quindi ad analizzare i valori di idoneità e copertura di habitat per il panda gigante (Ailuropoda melanoleuca) per capire in che modo influenzino i livelli di consanguineità (inbreeding) nella popolazione.

In maniera piuttosto inaspettata i ricercatori hanno scoperto che l'aumento della qualità e della quantità dell'habitat non influenza in modo lineare l'inbreeding ma anzi, superata una certa soglia diventa un fattore negativo. Con l'accrescimento della copertura della foresta di bambù, l'habitat ideale del panda, come era prevedibile aumentava anche la connettività tra le popolazioni, e quindi il flusso genico, ma solo fino a un certo punto. La connettività raggiungeva il suo massimo quando il paesaggio era composto per l'80% di habitat idoneo. Superata questa soglia tornava ad abbassarsi rapidamente, facendo aumentare i livelli di consanguineità. Un habitat perfetto quindi, senza interferenze e frammentazione, è deleterio per la conservazione dei panda. Ma perché?

Un panda troppo felice è un panda a rischio

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Quando i panda si trovano in condizioni comode e ottimali, con cibo, acqua e rifugi sempre a disposizione, non hanno bisogno di spostarsi. D'altronde, perché dovrebbero? Tuttavia questo riduce la "voglia" di colonizzare nuovi ambienti alla ricerca di bambù o nuovi partner, incentivando gli accoppiamenti coi vicini e aumentando di conseguenza la consanguineità, che rappresenta una seria minaccia per la loro sopravvivenza. Questo studio sottolinea, ovviamente, la necessità di una grande quantità di habitat per la tutela dei panda in natura, tuttavia un ambiente non necessariamente perfetto va bene più che bene, anzi, potrebbe essere addirittura vantaggioso, perché li incoraggerebbe a spostarsi, facendo aumentare la connettività tra popolazioni.

Secondo i ricercatori questa è una buona notizia se guardata da un punto di vista della gestione delle aree protette e della convivenza con gli essere umani. Possiamo tutelare in maniera efficace le popolazioni di panda garantendo un flusso genico costante anche con livelli di habitat intermedi, riuscendo a trovare maggiori compromessi con le attività umane. E se un habitat perfetto non è il massimo per una specie pigra e schizzinosa come il panda forse potrebbe valere anche per altre specie a rischio estinzione un po' meno viziate. È un elemento che va certamente approfondito trattandosi di un caso studio, ma dovrà sicuramente essere preso in considerazione per le future azioni di conservazione e gestione delle aree naturali.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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