Sono facilmente riconoscibili per il loro colore verde e per la forza sonora del loro verso. Da qualche anno si sono moltiplicati, nidificando sugli alberi di moltissimi centri urbani, nonostante le loro origini. Stiamo parlando degli ormai noti parrocchetti monaci. Questi pappagallini, identificati dal nome scientifico Myiopsitta monachus, si sono fatti conoscere nei nostri territori come una specie altamente invasiva. Ecco allora che alcune associazioni pugliesi hanno deciso di censirne la presenza sul territorio, per comprenderne la numerosità e la distribuzione delle colonie, attraverso un progetto che coinvolge attivamente i cittadini.
L’iniziativa si chiama “Parrocchetti di Puglia” e nasce da un’idea di Terrae APS, Vivarch APS, LIPU Molfetta, Ardea APS con il supporto scientifico di Leonardo Ancillotto del CNR e dell’Ornitologo Rosario Balestrieri. Tutto è nato da un lavoro che puntava a promuovere la biodiversità nel Parco Naturale di Lama Martina, un sito collocato nel territorio di Molfetta e sul quale opera proprio l’Associazione Terrae, guidata da Tommaso Gigante. Da lì è venuta l’idea di avviare un’indagine più chiara proprio sulla presenza dei parrocchetti, divenuti tra gli uccelli più presenti anche nell’area del Parco.
Si tratta di un progetto di quella che viene chiamata “citizen science”, la scienza partecipata dai cittadini. Attraverso l’app gratuita INaturalist, realizzata dalla California Academy of Sciences e dalla National Geographic Society e facilmente scaricabile online, sarà possibile fornire elementi utili per realizzare una stima attendibile. Gli utenti non dovranno far altro che fotografare i parrocchetti che incontrano, o le grosse ceste-nido di norma ben visibili sugli alberi, e caricare immagini e ubicazione tramite l’App, contribuendo attivamente alla ricerca scientifica su questi animali. L’obiettivo del progetto è individuare le aree di nidificazione su tutta la regione, per poi quantificare il numero di colonie teoricamente presenti e disegnare i fronti di espansione di questa specie aliena oramai stabilmente radicata anche in Italia.
L’iniziativa, è bene sottolinearlo, non prevede l'adozione di un’azione repressiva nei confronti di questi uccelli ma unicamente l’avvio di un monitoraggio teso a comprendere con il tempo dimensioni, effetti ed eventuali strategie di mitigazione del fenomeno, così come richiesto a livello comunitario e nazionale.
«Con gli altri esperti abbiamo programmato le azioni da compiere – ha spiegato a Kodami l’ornitologo Rosario Balestrieri, che abbiamo incontrato già di recente per parlare delle Gazze Marine – Il primo anno abbiamo intenzione di mappare le colonie. Più in là capiremo quante di queste saranno ancora attive, quanti pappagalli ci sono per cesta e tante altre cose che potrebbero essere utili ai fini della ricerca. Le colonie dei parrocchetti hanno infatti vari fori all’interno, nei quali ci possono essere più nidi, come per esempio capita con le tane de tassi. Per capire quanti parrocchetti ci sono in una cesta è necessario eseguire questo censimento al tramonto per vedere e quanti esemplari dormono lì nel periodo riproduttivo. Ecco dunque che quest’anno stimeremo quante colonie nido ci sono in Puglia, segneremo dove sono e quali sono i fronti di avanzamento. Successivamente vogliamo capire quante di queste ceste vengono abbandonate e quanti sono gli esemplari complessivamente presenti. Se eseguiamo l’operazione in modo ripetuto negli anni possiamo anche studiare il tasso di incremento della popolazione. Si tratta di un modo importante per capire in che modo intervenire sulla loro espansione. Siamo consapevoli che stiamo parlando di vittime. Pur essendo questa una specie aliena, è stata portata qui dalle persone. Nessuno vuole fare loro del male ma si può pensare a un modo per mitigare la loro presenza e cercare di rendere meno esponenziale la loro crescita. L’effetto del parrocchetto monaco sulla biodiversità è tutto in fase studio: c’è anche chi pensa che la presenza di questi uccelli possa incrementare lo sviluppo di altre specie, perché i loro nidi possono essere usati anche da altri volatili, come per esempio i gheppi o i passeri, convivendo e sfruttando la loro straordinaria capacità di lanciare l’allarme contro eventuali predatori. Al contempo sono noti come effetti negativi quelli che si ripercuotono sulle piante e sulle produzioni agricole, con conseguenze per le piccole e medie imprese che gestiscono orti e coltivano la frutta. Questo anche perché il parrocchetto ha un’intelligenza che gli consente di eludere facilmente i sistemi di dissuasione. Altro problema importante è che i nidi possono arrivare anche a 130 kg di peso. Delle banali raffiche di vento possono avere effetti devastanti sul ramo dove insiste la cesta, con rischi per ciò che si trova sotto l’albero».
Tra i Comuni che hanno espresso apprezzamento per l’iniziativa c’è anche quello di Molfetta, dell’Area metropolitana di Bari: «Abbiamo la necessità di monitorare la numerosità dei pappagalli esistenti su tutto il territorio comunale e principalmente nell’agro di Molfetta – ha commentato l’Assessore all’Ambiente Caterina Roselli – anche per riuscire a comprendere la velocità con cui riescono a riprodursi e la capacità di convivenza con le altre specie, con l’habitat esistente e in particolare con il territorio agricolo». Attualmente la presenza del parrocchetto viene segnalata per la prima volta nel territorio molfettese nel 1979. L’ultima stima, secondo una ricerca dell’Università degli Studi di Bari, risale al 2010 e contava solo tra Molfetta e Giovinazzo più di 700 individui. Il lavoro di questo nuovo studio consentirà di avere dei dati più aggiornati sulla diffusione di questa specie. Peraltro altri comuni italiani hanno avviato iniziative per il censimento, per esempio Genova, segno di un’attenzione crescente per il fenomeno. Proprio a Molfetta la grande presenza di pappagallini aveva indotto, qualche anno fa, alcuni criminali a compiere una vera e propria razzia di nidi per destinare i pulli alla vendita illegale.