La notte tra il 23 e il 24 gennaio di un anno fa moriva Juan Carrito, l’orso marsicano più famoso del mondo. La sua parabola di grande carnivoro braccato dagli smartphone è terminata nel modo più traumatico possibile: sulla Strada Statale 17, la "killer di orsi".
Juan Carrito è stato investito poco prima di mezzanotte all'altezza del cimitero di Castel di Sangro, in provincia dell'Aquila. Su questa strada, dal 2016 a oggi, 4 orsi hanno perso la vita in incidenti, e non si trovavano tutti lì perché erano confidenti o problematici. La SS17 attraversa infatti un importantissimo corridoio ecologico per i selvatici, perché collega diverse aree ancora non urbanizzate dell'Appennino, come il Parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise (Pnalm) e quello della Maiella.
L'ultima a morire, prima di Carrito, è stata la giovane femmina F19, nota come Liberata. Da quel momento, il Pnalm e le associazioni Salviamo l'Orso e WWF hanno dato vita al progetto europeo LIFE SAFE-CROSSING che mira a ridurre il rischio di mortalità anche nelle aree al di fuori dei confini del Parco, proprio come quel tratto della SS17. La questione dei confini del Parco non ha rilevanza per gli orsi – che essendo animali liberi in natura non possono essere tenuti al suo interno – ne ha invece per quanto riguarda la responsabilità della messa in sicurezza per persone e animali sulle strade e nelle città.
Nonostante questo, nel corso degli anni, tra i vari interventi eseguiti dal Parco con le associazioni, è stata installata una recinzione su entrambi i lati della strada, ed è stato costruito un sottopasso per convogliare l'attraversamento dei selvatici, orsi compresi. Non è bastato. Juan Carrito è morto a soli 10 metri dal sottopasso, in corrispondenza di un punto in cui la recinzione non era ancora completa.
Sd oggi, il Parco ha presentato una scheda nell’ambito del programma Fondo per lo Sviluppo e la Coesione della Regione Abruzzo, oltre 3 milioni di euro per realizzare opere finalizzate alla messa in sicurezza di un ampio tratto della statale fra Castel di Sangro e Roccaraso, come abbiamo visto quello più delicato e critico. Al momento, il Servizio Parchi e Foreste della Regione Abruzzo ha valutato positivamente la scheda che sarà trasmessa agli uffici ministeriali per l’inserimento nei progetti da finanziare. «Stiamo parlando, come capirete, di interventi strutturali di una certa portata, sia economica, sia strutturale, che, né per competenza, né per risorse finanziarie potrebbe affrontare il Parco da solo», ha sottolineato l'ente diretto da Luciano Sammarone.
Era stato proprio il Direttore a confidare a Kodami come il dolore del Pnalm non fosse legato tanto alle circostanze che avevano portato alla morte di Carrito, ma all'ennesimo show creato sulla sua pelle: «Juan Carrito è morto, ma lo ha fatto da animale libero. Ho un unico rimpianto ripensando a quella notte: che anche la sua fine sia stata ripresa per essere messa online».
Juan Carrito show
Quella notte, Carrito è saltato già da un muretto che dà sulla SS17, e una cittadina di Castel di Sangro lo ha investito mentre era alla guida della sua automobile. Una morte che non dovrebbe essere parte del ciclo di vita di un selvatico, ma che non si può escludere quando persone e animali si trovano a coesistere in un ambiente fortemente antropizzato come quello dell'Appennino centrale italiano.
Dopo tutti gli sforzi fatti per tenerlo in libertà, Carrito è morto come molti altri selvatici meno famosi, che non fanno notizia. La sua tendenza a recarsi in città di medie dimensioni, anche di giorno, e a ridurre la distanza di fuga con le persone è un tratto che si è sviluppato molto presto, e che non è stato ereditato dai suoi 3 fratelli. Tuttavia non è possibile stabilire con certezza come sarebbe andata se fosse stato trattato per quello che è: un orso.
Juan Carrito non si avvicinava alle persone perché gli piacevano, ma perché aveva perso la naturale ritrosia nei confronti della nostra specie, era quindi diventato confidente. Si tratta di un comportamento particolarmente pericoloso per lui e per la comunità umana. Per lui lo era perché l'avvicinarsi alle città lo aveva reso dipendente dai nostri rifiuti, e alla lunga avrebbe potuto non essere più in grado di procacciarsi cibo in montagna. Ma questa vicinanza era pericolosa anche per le persone. Juan Carrito era un orso colossale che fin da giovanissimo pesava molto più dei suoi conspecifici della stessa età, e ciò era dovuto alla sua dieta.
Atteggiamenti che l'occhio inesperto degli utenti scambiavano nei video per tranquillità erano invece di nervosismo. Per questo Carrito nel marzo 2022 era stato catturato e trasferito nell'area faunistica di Palena, nel Parco della Maiella. Lo scopo era tentare qualcosa di mai sperimentato prima in Italia: la traslocazione. Cioè lo spostamento dell'orso in un'area diversa da quella in cui era stato prelevato, più lontana dagli insediamenti umani. Si tratta di una pratica comune in nord America, favorita anche dagli enormi spazi disabitati a disposizione, ma che in Italia non era mai stata realizzata prima di Juan Carrito. La speranza era che lo spostamento, in concomitanza con il letargo, avrebbe frenato il suo interesse per le aree antropizzate.
«La situazione a Roccaraso era diventata insostenibile per l’orso, ma anche per la popolazione – aveva spiegato a Kodami il veterinario Simone Angelucci che si era occupato della traslocazione – Questa soluzione si è resa necessaria perché c’era un problema oggettivo di pubblica incolumità, e se non sono state registrate aggressioni ai cittadini è solo perché Juan Carrito era costantemente monitorato».
Gli orsi sono selvatici, salvaguardarli vuol dire tenersi sempre a debita distanza da loro. Renderli parte della comunità significa non interferire con le loro attività e mettere in atto una serie di azioni per scoraggiarne l'ingresso nei nostri paesi. Questo, con Carrito non è successo. Al contrario, il giovane marsicano era oggetto di un vero e proprio «turismo dei selvatici», come ha spiegato più volta al nostro magazine Daniela D'Amico, responsabile dell'Ufficio di Promozione del Pnalm.
Le persone si segnalavano reciprocamente sui social la presenza di Carrito per andare sul posto allo scopo di riprenderlo, fotografarlo, e portarsi a casa un selfie con l'orso. Questa spasmodica ricerca non si è arrestata neanche mentre Carrito, era agonizzante sull'asfalto. Oggi, nell'anniversario della sua morte, quel video continua a fare migliaia di visualizzazioni.
Ma il turismo dei selvatici non si è arrestato neanche la notte del 23 gennaio 2023. Una volta chiuso il Carrito-show è iniziata la rincorsa agli altri orsi marsicani, sta avvenendo per Gemma, e anche per i cuccioli di Amarena, fratelli di Juan Carrito per parte di madre. La ricerca dei due orfani tiene col fiato sospeso la comunità abruzzese e si susseguono ancora una volta le notizie di avvistamento via chat.
La morte di Juan Carrito è stata vissuta nel 203 come una sconfitta per tutti. A un anno di distanza, dopo aver tirato le somme e fatto decantare il dolore, bisogna ammettere che come specie non siamo ancora riusciti a colmare le molte lacune che hanno portato alla morte dell'orso.