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30 Settembre 2024
17:40

Un allevatore ha clonato una pecora per usarla nelle battute di caccia al trofeo

Un allevatore ha clonato una pecora selvatica asiatica per usarla nelle battute di caccia al trofeo. L'uomo si è dichiarato colpevole e il suo progetto è degno di Jurassic Park, usato però per il peggiore dei fini.

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Un 81enne del Montana, negli Stati Uniti, è accusato di aver clonato delle pecore selvatiche asiatiche, anche note come argali, per usarle durante la caccia al trofeo. Queste pecore possiedono infatti delle grandi corna molto ambite dai cacciatori che praticano questo tipo di attività che, nell'ambiente, viene pure definita "sportiva".

Arthur Schubarth ha quindi pensato di clonarle, allevarle, e proporre l'esperienza agli avventori paganti. L'uomo avrebbe pagato un laboratorio per creare embrioni clonati dal Dna di una pecora di Marco Polo (Ovis ammon polii), una sottospecie di pecora selvatica diffusa tra Cina, Afghanistan, Pakistan e Tagikistan.

Si tratta di una specie a rischio di estinzione di cui rimangono meno di 6 mila esemplari in natura. Tuttavia Schubarth non ha agito con spirito conservazionistico, ma perché questa particolare pecora possiede le corna più lunghe di tutte. Il corno individuale più lungo mai registrato misura quasi due metri e pesa ben 27 chili. Sono proprio queste dimensioni ad aver reso questo animale così appetibile agli occhi dei cacciatori che infatti è una preda molto ambita in Tagikistan.

Schubarth gestisce un ranch di bestiame definito "alternativo" perché volto a rifornire le riserve di caccia private, e il suo interesse era quello di introdurre nel "menù" da offrire ai suoi clienti anche una rarità come la pecora di Marco Polo. Esiste un mercato molto florido negli Stati Uniti per tutto ciò che riguarda la caccia al trofeo, sia sul suolo americano che in altri continenti dove i paesi favoriscono un vero turismo legato a questa pratica. Lo abbiamo documentato entrando con le nostre videocamere nascoste all'interno della più grande fiera della caccia d'Europa che si tiene ogni anno in Germania. Come spieghiamo nella videoinchiesta di Kodami, gli stand erano gremiti di persone provenienti da tutto il mondo, compresi statunitensi decisi a cacciare insieme ai figli piccoli.

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Secondo quanto ricostruito sino ad ora, l'uomo avrebbe importato illegalmente negli Stati Uniti parti di una pecora di questa specie e pagato un laboratorio per creare embrioni clonati usando il dna dell'animale. Gli embrioni sarebbero stati poi impiantati nelle pecore nella sua fattoria e, col tempo, è riuscito a ottenere un argali puro che ha chiamato Montana's Mountain King. Questo animale è stato poi utilizzato a sua volta per ingravidare altre pecore. Il risultato sono state pecore ibride con corpo e corna di grandi dimensioni.

Ora, Montana's Mountain King è stato sequestrato dal Servizio per la pesca e la fauna selvatica degli Stati Uniti, mentre l'81enne è finito davanti alla corte federale di Great Falls. L'accusa mossa nei suoi confronti è di traffico di animali selvatici, e la pena richiesta è di un anno di libertà vigilata più una multa di 250 mila dollari o il doppio del guadagno illecitamente ottenuto. L'uomo si è dichiarato colpevole già a marzo, ed ora si attende la pronuncia dei giudici. Secondo il Lacey Act, la legislazione americana approvata nel 2001 con lo scopo proprio di combattere il traffico illegale di animali selvatici, la pena massima prevista per violazioni compiute dall'allevatore è cinque anni di prigione.

Gli effetti a lungo termine delle operazioni compiute da Schubarth sono difficilmente calcolabili: Montana's Mountain King non è il solo argali in giro negli Stati Uniti. Secondo i giudici, il suo sperma è stato venduto sia in Texas che nel Minnesota. A ciò si aggiungono anche pecore con una percentuale di dna di argali inferiore vendute molte volte. Un progetto degno di Jurassic Park usato però per il peggiore dei fini.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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