La Procura di Avezzano ha chiuso le indagini relativa alla morte dell'orsa Amarena, uccisa a fucilate il 31 agosto 2023 mentre si trovava in un pollaio di San Benedetto dei Marsi, in provincia dell'Aquila. A rischiare il processo per l'uccisione di animali aggravata dalla crudeltà è l'unico indagato: l'imprenditore 57enne Andrea Leombruni.
Secondo le perizie eseguite sul corpo dell'animale a ucciderla è stato un singolo colpo calibro 12 che le ha trapassato una spalla perforandole il polmone. La morte per emorragia è sopraggiunta in un tempo così breve da lasciare l'animale esanime a pochi metri dall'uscio dell'abitazione di Leombruni, prontamente identificato dai Guardiaparco accorsi sul posto.
Amarena era inestimabile per la popolazione di orsi bruni marsicani, la più rara al mondo, presente solo sull'Appennino centrale italiano. Era infatti una madre estremamente prolifica che era riuscita a portare all'età adulta tutti i quattro piccoli della sua prima cucciolata, e pur avendo lasciato prematuramente orfani i due dell'ultima, sono riusciti a sopravvivere al difficile inverno senza lei.
L'uccisione diretta per mano dell'uomo ha scatenato l'ira della comunità abruzzese che vive e ama gli orsi, e il Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise fin dal primo momento ha condannato il gesto. Anche le maggiori associazioni di tutela animale, all'annuncio della chiusura delle indagini, hanno espresso la volontà di costituirsi parte civile in un eventuale processo. Tra questi c'è la Lndc Animal Protection, presieduta da Piera Rosati: «Abbiamo sporto denuncia appena abbiamo ricevuto la tragica notizia dell’uccisione di Amarena e ci costituiremo parte civile nel processo contro il suo assassino, perché vogliamo che questa creatura abbia giustizia. Fortunatamente i suoi cuccioli sono riusciti a farcela anche da soli, abbiamo seguito con apprensione tutti gli aggiornamenti forniti in maniera ineccepibile dal PNALM che, come sempre, ha fatto un lavoro eccezionale nel monitorare questi animali».
Era stato propio l'avvocato esperto in diritto della fauna selvatica dell'associazione, Michele Pezone, a spiegare a Kodami i possibili scenari futuri che aspettano l'uomo che ha ucciso Amarena: «Ci sono molte variabili che dipendono innanzitutto dall'esito delle perizie, ma anche dalla sensibilità del magistrato, però possiamo dire che parliamo di un massimo di circa due anni di detenzione per questo reato».
Anche l'Organizzazione internazionale protezione animali ha immediatamente presentato denuncia alla Procura: «La giustizia farà il suo corso, anche se non restituirà Amarena ai suoi figli e a questa vita. Ma chi l’ha uccisa deve pagare».
«La Procura ha confermato che l’orsa al momento dello sparo era innocua – ha sottolineato l'Oipa – Amarena è l’ennesima vittima non solo della pericolosità sociale d’individui, cui pure si concede il porto d’armi, ma anche del clima d’odio nei confronti dei grandi carnivori fomentato in Italia da alcuni esponenti politici. Auspichiamo che si arrivi a una condanna esemplare nei confronti dell’inquisito. Noi costituiremo parte civile nel processo».
La levata di scudi della società civile, e anche delle amministrazioni comunali come quella di Villalago, che aveva fatto di Amarena una cittadina onoraria ben prima della sua morte, segna la distanza con il "modello trentino", come ha sottolineato la Lav: «A differenza di quanto accade per il Trentino, il territorio del Parco d’Abruzzo Lazio e Molise è stato sempre portato come esempio della convivenza pacifica tra umani e orsi – ha dichiarato Massimo Vitturi, responsabile area Animali Selvatici – L’uccisione di Amarena deve quindi essere punita con una pena esemplare, perché rischia non solo di compromettere l’immagine di un territorio e dei suoi abitanti, ma anche la sopravvivenza stessa degli orsi nella regione».