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4 Febbraio 2023
9:20

In Namibia uccisi il doppio dei rinoceronti rispetto al 2021. Animali privati dei corni per fermare il bracconaggio

Ben 87 rinoceronti, di cui 61 neri, sono stati uccisi dai bracconieri nel 2022 per rubargli il corno e rivenderlo al mercato nero. L'anno precedente ne erano stati uccisi 45. I modi in cui si cercano di salvarli: dal taglio del corno, il dohorning, al suo avvelenamento o alla sua colorazione, oltre ovviamente ai rangers, le guardie armate che difendono i santuari.

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Credit: instagram @serengeti_national_park

Un numero impressionate di rinoceronti sono stati uccisi in Namibia lo scorso anno. Ben 87 rinoceronti, nel 2021 erano stati 45, sono stati vittime nel 2022 del più efferato bracconaggio: 61 rinoceronti neri e 26 bianchi uccisi e deturpati dei magnifici corni per rifornire il mercato nero che utilizza la cheratina di cui sono costituti per la produzione di futili oggetti d’arredamento, afrodisiaci e pseudo medicinali ancora utilizzati in alcune zone dell’Asia come rimedi per le più svariate malattie. La notizia arriva direttamente dal Ministero dell’Ambiente che segnala Etosha, il più grande parco nazionale della Namibia, come il più afflitto da queste atrocità.

Nel parco, che ospita alcune tra le specie selvatiche africane più iconiche, come elefanti, leopardi, leoni e giraffe, sono stati uccisi dai bracconieri ben 46 esemplari di rinoceronti. Tutto ciò, malgrado il parco sia stato recentemente attrezzato di un campo che accoglie un gruppo di pattugliamento addestrato specificatamente contro il bracconaggio, proprio per far fronte alla crescente minaccia che mette in pericolo una delle popolazioni più in pericolo della terra: in tutta l’Africa sopravvivono poco meno di 6000 esemplari di rinoceronti neri. La situazione è tale da spingere il portavoce del ministero dell'Ambiente, delle foreste e del turismo Romeo Muyunda, ad affermare: «Notiamo con seria preoccupazione che il nostro parco principale, il Parco nazionale di Etosha, è un punto caldo di bracconaggio».

Il controllo “militare” di queste aree, con ranger armati e addestrati ad intervenire direttamente, è il metodo più utilizzato per arginare il bracconaggio attratto da prospettive di guadagni enormi: il corno di rinoceronte viene valutato oltre 65.000 dollari al chilo quindi quello di un grosso esemplare potrebbe fruttare fino a mezzo milione di dollari. Secondo il Wwf, il giro d’affari mondiale sui corni di questo animale arriverebbe a sfiorare i 200 milioni di dollari.

C’è chi ha puntato invece sul cosiddetto “dehorning” che consiste nel taglio del corno alla sua base che rende la caccia al rinoceronte inutile da un punto di vista economico. «Al Care for Wild Rhino Sanctuary, tutti i nostri rinoceronti vengono decornati – spiega Louwhen Bowker dell’organizzazione con sede in Sudafrica pioniera della tecnica del “taglio” del corno come misura anti-bracconaggio. – La decornazione fa parte della nostra strategia di sicurezza e protezione ed è molto efficace per scoraggiare i tentativi di bracconaggio».

Cos’è il dehorning? Potrà salvare i rinoceronti dal bracconaggio?

Ma in che modo il rinoceronte viene priva del suo corno? «Si tratta della rimozione sicura di gran parte del corno da parte di un veterinario qualificato e addestrato allo scopo di scoraggiare i tentativi di bracconaggio – spiega Louwhen. –  Non è possibile rimuovere l'intero corno, poiché la base del corno copre le cavità nasali e contiene un afflusso di sangue e terminazioni nervose». L’esemplare così trattato smette di rappresentare un’attrazione per i bracconieri. «Purtroppo, non si tratta di una proceduta definitiva perché il corno del rinoceronte è composto da cheratina, la stessa sostanza delle unghie. Il corno di rinoceronte ricresce a un ritmo di circa 4-7 cm all'anno. Un rinoceronte dovrà essere decornato ogni 1,5-2 anni».

Gli esperti dell’organizzazione, che dopo la completa riabilitazione si occupa di reintrodurre i rinoceronti in una zona di protezione intensiva di 350 ettari grazie ad un programma di rewilding, spiegano che «la decornazione è una procedura attentamente disciplinata e regolamentata, che può essere eseguita solo da personale altamente qualificato. in sé non presenta rischi per la salute, ma la sedazione e i problemi medici sottostanti possono causare complicazioni. Per questo motivo la decornazione viene effettuata solo da un veterinario altamente qualificato, coadiuvato da un'équipe ben addestrata e professionale». Per rimuovere e trasportare il corno sono necessari dei permessi. «Le corna rimangono di proprietà e responsabilità dei Parchi Nazionali Sudafricani (SANParks) o della Mpumalanga Tourism and Parks Agency (MTPA) – sottolineano. – Le corna vengono rimosse dai locali di Care for Wild». Ma la decornazione potrebbe rappresentare la risposta per bloccare definitivamente il bracconaggio e le morti dei rinoceronti? «La decornazione non si può considerare una risposta universale al bracconaggio. Deve essere considerata come un livello nella strategia di sicurezza dei singoli luoghi. La strategia anti bracconaggio di Care for Wild, ad esempio, è complessa e articolata su più livelli e la decornazione è solo uno di questi, assieme alla raccolta di informazioni sui criminali, ai programmi educativi e ai partenariati sostenibili con le comunità, insieme alla creazione di posti di lavoro».

Non tutti sono d'accordo: meglio la tintura dei corni e le guardie armate nelle riserve

Non tutti però concordano sull’utilità del metodo che, anzi, alcuni disapprovano. «Purtroppo l’intervento risolutivo per salvare questi rinoceronti non è ancora stato trovato – spiega Massimo Vallarin, direttore onorario presso il Kenya Wildlife Service, ranger e vicepresidente dell’Associazione Italiana Esperti d’Africa – Abbiamo provato a inserire microchip nelle corna per seguirne la traccia e arrivare ai bracconieri ma tanto il rinoceronte veniva ucciso comunque. Io stesso ho partecipato ad una di queste operazioni in Sudafrica. Ma il dehorning dal mio punto di vista è un’operazione totalmente inutile. Perché, oltre a privarli dell’arma che utilizzano nei combattimenti fra di loro, non si può tagliare un corno totalmente fino in fondo. Si deve per forza lasciare una base di cheratina che, anche se alta solamente uno o due centimetri, vale comunque migliaia di dollari e quindi il rinoceronte è comunque in pericolo di vita».

Secondo Vallarin esiste però una terza possibilità: quella dell’avvelenamento delle corna. «Tenendo conto che le corna vengono utilizzate prevalentemente dagli asiatici nella medicina tradizionale, i responsabili di una riserva sudafricana hanno pensato di scoraggiare gli acquirenti avvelenando le corna dei rinoceronti. È stato iniettato un veleno antiparassitario e un colorante indelebile rosa nelle corna di oltre cento rinoceronti con l’intento di intossicare chi avrebbe consumato la polvere dei corni come medicinale. Ma poi è ovviamente subentrato un discorso etico».  Secondo Vallarin il controllo del territorio da parte dei rangers rimane comunque il metodo più efficace. «La security, grazie ad un corpo di rangers altamente addestrati, è la cosa più certa per la protezione dei rinoceronti. In Kenya, dove operano i rangers del KWS, non viene ucciso un rinoceronte da due anni». Ol Pejeta Conservancy e Lewa Wildlife Conservancy sono, secondo il ranger italiano che vive in Kenya, tra le strutture che meglio sfruttano le capacità anti bracconaggio di ranger privati altamente addestrati e recinzioni che garantiscono la sicurezza per gli animali al loro interno.

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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