I mufloni uccisi all'Isola del Giglio possono essere utilizzati da chi li abbatte per l'auto-consumo a titolo di rimborso spese. Lo prevede il disciplinare operativo redatto dal Parco dell'Arcipelago Toscano, l'ente responsabile del piano di abbattimento dei mufloni che ha già portato alla morte di 4 dei 35 esemplari presenti sull'Isola. «La possibilità di conservare gli animali per l'autoconsumo è una modalità di ristoro che viene usata spesso in questi casi perché la legge nazionale vieta che il cacciatore venga pagato direttamente. L'autoconsumo è invece previsto dalla legge, ma si tratta di una situazione al limite», lo spiega a Kodami, Alessandro Piacenza, vice coordinatore nazionale delle Guardie Eco-Zoofile dell’OIPA Italia, e responsabile interno del settore giuridico.
Nel disciplinare operativo per gli abbattimenti dei mufloni nell'ambito del progetto LestGo Giglio è riportato chiaramente che «I capi abbattuti possono essere ceduti ai selecontrollori a titolo di rimborso spese e devono essere utilizzati esclusivamente per auto-consumo». I selecontrollori non sono altro che cacciatori arrivati al Giglio allo scopo di abbattere gli animali. Si tratta di figure professionali che agiscono nell'ambito di una "caccia selettiva" rivolta alle specie che hanno un impatto ritenuto distruttivo sull'ecosistema.
Selecontrollori: zona grigia dell'attività venatoria
Al contrario dei semplici cacciatori, i selecontrollori sono provvisti di un'apposita certificazione rilasciata dagli enti locali e possono agire anche al di fuori del periodo venatorio stabilito dalla legge. A quelli che operano al Giglio, in particolare, è richiesta l'iscrizione all'apposito Albo del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano. «Esiste una legge nazionale per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio – chiarisce Piacenza – tuttavia la caccia è una delega di competenza delle Regioni che possono decidere autonomamente come gestire ogni ambito di questa attività, compreso il selecontrollo».
Quella prestata dai selecontrollori è una vera e propria attività professionale, che però non può essere retribuita come tale. Nasce così l'esigenza del «rimborso spese» previsto dal Parco. Il selecontrollore potrà lavorare la pelle della sua preda, impagliarla e anche mangiarla. Non è una novità: sono stati impiegati con modalità simili al Parco del Vulture in Basilicata per l'abbattimento dei cinghiali, mentre in Veneto è stata data la possibilità di diventare selecontrollori agli stessi agricoltori per difendere in autonomia i propri campi dagli ungulati.
L’attività di abbattimento permette al selecontrollore anche di acquisire un punteggio di merito o demerito, utile ai fini della redazione annuale della graduatoria dell’Albo. Il disciplinare assegna 3 punti per ogni capo abbattuto con tecnica singola, 0,25 punti per ogni abbattimento con tecnica collettiva, e toglie 0,5 punti per ogni colpo andato a vuoto. «È assurdo che venga dato un punteggio in base ai capi abbattuti, stiamo parlando di animali, di esseri viventi ridotto a un punteggio», commenta Piacenza.
La questione dei selecontrollori apre però a una serie di problematiche: «La legge nazionale prevede che la caccia debba svolgersi in contesti temporali, geografici ed etologici molto precisi. Qui entrano in gioco i selettori che in base all'emergenzialità della situazione possono sparare anche al di fuori del periodo di caccia e nelle aree protette, come sta avvenendo nel caso del Parco Naturale dell'Isola del Giglio».
Una prassi che crea una falla sul versante sicurezza: «Naturalisti, fotografi e altri, possono recarsi negli stessi luoghi in cui operano i selettori, inconsapevoli di trovarsi in una zona di caccia – spiega l'esponente dell'OIPA – Una situazione molto pericolosa che porta a farci molte domande relative, in primis, alla segnalazione della zona in cui avviene la caccia di selezione». La modalità ambigua in cui si muove il selecontrollore, unitamente alla frammentazione della normativa regionale, favorisce incomprensioni che possono risultare fatali anche per gli esseri umani.
Alieni e tutela della biodiversità
Trachemys scripta
LetsGo Giglio nasce con lo scopo dichiarato di «migliorare la qualità e il carattere naturale dell’ecosistema presente sull’Isola, tutelando gli habitat ed alcune specie che li vivono», si legge sul sito ufficiale del Parco. I mufloni, essendo una specie aliena arrivata sulle isole dell'Arcipelago Toscano sono alla metà del Novecento, per l'Ente Parco costituiscono un grave pericolo per la biodiversità, perché «alterano e distruggono gli equilibri ecologici e possono portare all’estinzione di specie animali o vegetali presenti naturalmente in quella zona». La tutela in questo caso si sostanzia nel riportare l'Isola alla situazione che precedeva l'arrivo dei mufloni, eradicando i circa 30 esemplari rimasti.
A LetsGo Giglio sono stati destinati 1,6 milioni di euro di finanziamenti pubblici europei. A contribuire al progetto concorrono sia il programma LIFE dell'Unione europea, dedicato a progetti di salvaguardia dell'ambiente e della natura, sia Rete Natura 2000, un altro strumento UE per la conservazione della biodiversità. «Il settore legale dell'OIPA sta valutando le segnalazioni da fare alle autorità internazionale per verificare se tale progetto sia rispettoso delle leggi italiane ed europee. Vogliamo assicurarci che quello che sta avvenendo al Giglio sia regolare perché la mattanza dei mufloni rientra in un più ampio progetto che l'Ente Parco sta realizzando con fondi europei», confida Piacenza. A essere interpellata sarà prima di tutto la Corte di Giustizia ambientale.
L'abbattimento dei "mufloni alieni" è solo il primo di una serie di interventi che, accanto alla piantumazione di specie vegetali autoctone del Giglio, prevede l'eradicazione degli "invasori" presenti sull'Isola. Sul versante faunistico i prossimi a essere colpiti saranno la Trachemys scripta, una tartaruga d'acqua dolce originaria del Nord America, e il coniglio selvatico. Entrambi, introdotti dall'uomo solo recentemente, sono andati ad occupare nicchie ecologiche ben precise causando uno squilibrio a svantaggio delle specie preesistenti. Stesso discorso anche per la flora: saranno eradicate tutte le piante di Carpobrotus molto diffusa in tutta l'area costiera mediterranea. Queste specie sono tutte accomunate dal loro impatto, ritenuto potenzialmente distruttivo per l'ecosistema in cui si insediano.
Carpobrotus
La tutela della biodiversità nel particolare contesto ecologico dell'Arcipelago Toscano è una questione delicata. È vero che i mufloni figurano tra le specie più invasive, tuttavia le modalità con cui si sta cercando di risolvere una questa questione ambientale tanto seria è davvero la più etica e corretta? Preservare la biodiversità significa rispettare la vita, una cosa che al Giglio non sta avvenendo, e di cui devono rispondere le istituzioni.
In merito, il presidente dell'Ordine dei Biologi, Vincenzo D'Anna ha ribadito: «Il ministero della Transizione ecologica si è finora dimostrato sordo ai continui appelli dei biologi che si occupano di zoologia (in particolare dello studio dei grandi mammiferi) ed a quelli delle associazioni che tutelano la biodiversità e la contaminazione, due risorse che andrebbero tutelate non certo eliminate a suon di schioppettate. Ribadiamo pertanto ai Ministeri competenti ed alla stessa Regione Toscana, la richiesta di un incontro e l'offerta, da parte nostra, di una équipe qualificata di esperti per una verifica dello stato dell'arte. Laddove il disinteresse ed il silenzio continuassero ad essere le uniche risposte, saremo costretti ad andare oltre nelle pubbliche denunce», sottolinea D'Anna.
Nel frattempo la LAV ha inviato una immediata diffida nei confronti del Presidente del Parco Arcipelago Toscano, che si trasformerà in una denuncia se «entro 24 ore dalla ricezione della nostra diffida il Parco non dovesse sospendere gli abbattimenti». Dall'OIPA alla LAV le associazioni in difesa degli animali hanno tutte una richiesta da presentare all'Ente Parco: fermare gli abbattimenti in favore di soluzioni meno cruente.
«Ci uniamo alla voce del presidente D'Anna, dei cittadini e delle associazioni che chiedono di interrompere questa mattanza immotivata», ha concluso l'esponente dell'OIPA.