A nulla sono valsi gli appelli e le proteste crescenti, né il fatto che si tratti ormai di una pratica inutile, oltre che crudele e sanguinaria: le Isole Faroe non rinunciano alla Grindadráp, o Grind, la caccia a balene e delfini che per gli abitanti di questo arcipelago rappresenta una trazione. Nei giorni scorsi, puntuale come accade ormai da decenni con l’inizio di settembre, la mattanza è iniziata.
Oltre 130 delfini, appartenenti alla specie Lagenorhynchus acutus, sono stati trucidati, cuccioli compresi: «Questa pratica secolare prevede di radunare interi branchi di delfini e balene in baie poco profonde dove vengono uccisi senza pietà – spiegano da Sea Shepherd, ong che da anni si batte per mettere fine alla Grind e che quest’anno, ancora una volta, era presente alle Faroe per documentare l’accaduto – Le urla dei delfini, separati dalle loro famiglie e che si dimenavano per la paura, riempivano l'aria mentre i cuccioli venivano abbattuti insieme alle loro madri. Per anni ci siamo opposti a questa pratica crudele, non solo nei luoghi di uccisione, ma attraverso un instancabile lavoro politico per spingere affinché queste cacce finissero».
La Grind era nata infatti come pratica di sopravvivenza: i faroesi organizzavano questa grande caccia annuale per ottenere la carne che avrebbe sfamato i villaggi nei difficili mesi invernali, ma oggi è evidente che non si tratta più di questo, quanto piuttosto di mantenere una tradizione che nel 2021 aveva scioccato per la sua crudeltà: oltre 1.500 tra delfini e globicefali erano stati massacrati, tanto da spingere le autorità a limitare la caccia, l’anno successivo, a 500 esemplari per cercare di chetare l’opinione pubblica.
La pratica però non si è fermata, e le uccisioni continuano senza alcuna regolamentazione. Anacronistica, oltre che atroce, in un’epoca di grandi sconvolgimenti ecologici ed estinzioni di massa, e il governo danese (tale è l’arcipelago delle Faroe) dovrà prima o poi intervenire in modo concreto.
«Sea Shepherd ha da tempo richiamato l'attenzione sul fatto che queste cacce non sono solo barbare, ma anche ampiamente non regolamentate – sottolinea l’associazione – Non ci sono limiti al numero di delfini o balene che possono essere uccisi e i metodi utilizzati sono indicibilmente crudeli. Interi branchi, dai più vecchi ai più giovani, vengono annientati in una singola battuta di caccia, senza riguardo per l'età o i legami familiari».
«L’uccisione di 130 delfini di oggi è un tragico promemoria che la lotta è tutt'altro che finita – concludono da Sea Sheperd – La sofferenza di questi animali, in particolare dei giovani delfini che sono morti terrorizzati e soli, non può essere giustificata dalla tradizione. Sea Shepherd rimane in prima linea, sia sul campo che nell'arena politica, e continueremo a combattere finché queste uccisioni insensate non avranno fine».