Ancora una vittima del bracconaggio in Italia, ancora un caso di animale in pericolo di estinzione ucciso nonostante gli enormi sforzi compiuti per proteggere e tutelare la specie. Questa volta a morire per un colpo di fucile sparato illegalmente è stata Sara, femmina di capovaccaio nata al Centro Rapaci Minacciati e liberata in Puglia nel 2015 con l’obiettivo di contribuire al ripopolamento della specie. Si tratta della prima femmina di questa specie di avvoltoio che, nata in cattività, è riuscita a riprodursi in natura con un esemplare (ormai pochissimi, quelli rimasti) selvatico.
Sara, che a fine agosto è stata immortalata in Basilicata mentre sorveglia, insieme con il compagno, il pullo nato tre mesi prima, è stata uccisa a fucilate il 19 settembre, durante la migrazione verso l’Africa. È stata colpita nel corso dell’attraversamento del Canale di Sicilia, tra l’isola di Marettimo (Egadi) e Capo Bon (Tunisia). A comunicarlo, con un lungo post amareggiato e addolorato, è lo stesso Cerm: «È una perdita gravissima per la specie», hanno sottolineato, evidenziando come in Italia a oggi non siano che una decina le coppie di capovaccai che si riproducono. non sono che una decina le coppie di capovaccaio che si riproducono.
«A quale destino siano andati incontro il compagno e il figlio non è dato sapere perché Sara era l’unico dei tre individui ad essere dotato di un GPS – proseguono dal Cerm – Negli anni precedenti Sara era stata fortunata riuscendo a concludere 5 migrazioni verso l’Africa; la prima volta nel settembre 2015, quando era partita dall’area di liberazione in Puglia e, con 3.980 km di volo in meno di un mese, era arrivata in Niger. Dopo quattro anni trascorsi in Africa, dal 2019 in avanti ogni primavera Sara faceva ritorno in Italia, vi trascorreva cinque mesi e poi si spostava nuovamente nella fascia subsahariana, area che ospita i giovani capovaccai nei primi anni di vita e poi gli adulti nel periodo autunnale ed invernale. Nel 2022, finalmente, durante la permanenza in Italia Sara aveva nidificato per la prima volta ed aveva allevato due giovani con successo. Una grande speranza per il progetto di salvaguardia della specie che aveva entusiasmato le migliaia di persone che seguivano le sorti di Sara attraverso i social ed i tanti amici che l’avevano fotografata durante le migrazioni».
Il bracconaggio nel Canale di Sicilia e gli allarmi inascoltati
Sara, come avevamo sottolineato anche su Kodami nel 2022, è stata la prima femmina di capovaccaio nata in cattività che si è riprodotta in natura: un evento atteso da 19 anni, avvenuto nel 2022 e replicato quest’anno, una svolta importantissima per la conservazione di questi avvoltoi ormai prossimi all’estinzione, cancellata da un colpo di fucile sparato in un tratto di mare in cui in passato sono stati uccisi altri capovaccai. Agata nel 2015, Tommy nel 2022: «Proprio i dati gps di Tommy hanno, finalmente, fatto piena luce su quanto avviene nelle acque internazionali del Canale di Sicilia – spiegano dal Cerm – il giovane avvoltoio, nato al Cerm e liberato in Basilicata nell’agosto 2022, il 21 settembre aveva lasciato le isole Egadi e si era diretto verso la Tunisia. Dopo 86 km di volo sul mare, il suo GPS aveva segnalato un anomalo e repentino cambio di rotta, seguito da un percorso verso nord-ovest a velocità costante di 20-21 km/h (tipica di un’imbarcazione). Poi più nulla, sino a quando, cinque giorni più tardi il suo gps non aveva inviato nuovi segnali che lo avevano fatto localizzare 337 km a sud-est, vicinissimo alle coste dell’isola di Malta. Ed è su una spiaggia di Malta che il gps di Tommy fu ritrovato dalla polizia maltese e da volontari di BirdLife, con le fettucce in teflon che fissavano l’apparecchio all’animale tagliate di netto. Si ipotizza che Tommy sia stato abbattuto e issato a bordo di un natante e poi conservato in una cella frigo; una volta giunti in prossimità dell’isola, i criminali si sono accorti del gps e lo hanno gettato in mare».
«Alla luce di questi episodi è evidente che nel Canale di Sicilia bracconieri piazzati su imbarcazioni abbattono, con la certezza della totale impunità, gli uccelli migratori che capitano loro a tiro per poi immetterli nel mercato degli uccelli imbalsamati. Ma finora nulla si è mosso per mettere fine a questo massacro – concludono dal Cerm – Dunque, a 90 km dalle coste italiane, si estende una sorta di triangolo delle Bermude che inghiotte i capovaccai (con o senza GPS) ma che, molto probabilmente, risucchia anche molti individui appartenenti ad altre specie che percorrono, spesso a migliaia, questa rotta migratoria verso l’Africa come aquila anatraia minore, aquila minore, falco di palude, albanella minore, falco pecchiaiolo, cicogna bianca e cicogna nera. Il bracconaggio in quell’area costituisce, quindi, una minaccia per molte specie rare di uccelli che nidificano in Italia così come in altri paesi europei. Appare incredibile, anacronistico e folle che, in un pianeta con la biodiversità al collasso, non solo si debba ancora parlare di bracconaggio e di un florido mercato illegale di animali imbalsamati (Malta ne è la capitale) ma che questi crimini vengano perpetrati e non adeguatamente contrastati in paesi dell’Unione Europa».
Una strage contro cui il Cerm e altre associazioni si sono già mobilitate, senza successo: «L’allarme bracconaggio è scattato da tempo, con diverse denunce, assordante e drammatico: in mancanza di un intervento deciso, mirato ed esteso di prevenzione e contrasto, in mare e sulla terraferma, questo piccolo, simpatico e placido avvoltoio è condannato ad estinguersi. Con buona pace delle tante persone, associazioni ed enti che nel corso degli ultimi venti anni si sono impegnati per salvarlo, delle normative italiane ed europee che lo proteggono e dell’art. 9 della nostra Costituzione che tutela la biodiversità e gli ecosistemi».