Questa estate le coste di Napoli hanno avuto un visitatore insolito e poco comune, il marangone dal ciuffo, uccello acquatico simile al cormorano ma diffuso soprattutto tra le acque cristalline della Sardegna. Alcuni individui sono stati infatti osservati per la prima nella baia di Bagnoli, quartiere della periferia occidentale della città partenopea, dove hanno trascorso tutto il periodo estivo.
A documentare l'interessante avvistamento, è stato l'ornitologo della Stazione Zoologica Anton Dohrn Rosario Balestrieri, che armato di teleobiettivo ha documentato fotograficamente ogni singolo individuo presente fra il pontile e la località “La pietra”, confermando che gli esemplari sono tutti giovani con un piumaggio tipico del primo anno di vita arrivati da lontano.
«Le prime segnalazioni del marangone dal ciuffo a Bagnoli sono giunte nei primi di giugno attraverso foto scattate dai cellulari di cittadini incrociati negli anni durante iniziative di sensibilizzazione sull’avifauna e con cui sono rimasto in contatto attraverso i social, soprattutto per dare supporto nella corretta identificazione delle specie», racconta a Kodami Balestrieri.
Il marangone dal ciuffo (Gulosus aristotelis), infatti, può essere facilmente confuso con il più comune cormorano, molto presente durante l'inverno e nei periodi di migrazione lungo tutta la costa della Campania, Bagnoli compresa. Da un punto di vista morfologico le due specie sono infatti parecchio simili, soprattutto a un occhio poco esperto. Le differenze nel piumaggio variano soprattuto a seconda dell’età e del periodo e sono più evidenti nella fase riproduttiva primaverile.
«Il cormorano possiede una struttura più robusta, mentre il marangone appare più esile ed elegante. Nel primo, poi, gli adulti appaiono neri, con delle parti bianche sul capo e sulle cosce nel periodo riproduttivo, il marangone adulto invece è color petrolio-corvino con evidenti riflessi metallici e nella fase nuziale risulta evidente il ciuffo che dà il nome alla specie. I giovani, invece, si distinguono fondamentalmente attraverso la costituzione corporea e la struttura del becco», specifica l'ornitologo.
Il marangone dal ciuffo però, a differenza del cormorano, è anche una specie icona del mare cristallino della Sardegna, dove nidifica la stragrande maggioranza della popolazione italiana. Nell'ultimo atlante nazionale vengono stimate tra le 1.500 e le 2.100 coppie e di queste almeno 1.000-1.800 si trovano tutte lungo le coste sarde. Per tutelare quindi questo prezioso abitante dei mari, la specie è stata infatti inserita nell'allegato I della "Direttiva Uccelli" ed è inclusa in molte altre convenzioni internazionali e nazionali sulla tutela della fauna.
«In Campania sono alcuni anni che il marangone dal ciuffo viene segnalato soprattutto nel periodo di dispersione giovanile, fra giugno e ottobre, in aree che conservano decisamente un altro grado di naturalità, come per esempio l'Area Marina Protetta Regno di Nettuno a Ischia, la Penisola Sorrentina e l'isola di Capri. Quest’anno hanno sostato per la prima volta a Bagnoli, con un gruppo composta da almeno dodici individui», racconta ancora l'ornitologo.
Ipotizzare la provenienza di questi giovani in cerca di nuovi territori da colonizzare è però un po' azzardato, ma tenendo in considerazione i siti di nidificazione più vicini, il luogo più vicino è rappresentato dalle isole Pontine, in cui si stimano però appena due-cinque coppie riproduttive. In Campania, in questo periodo, gli ornitologi stimano oltre 25 individui presenti fra Ischia e Procida, a cui vanno aggiunti i nuovi visitatori di bagnoli e altri sparsi fra la Penisola Sorrentina e Capri.
Ma in considerazione del fatto che un nido di marangone produce mediamente tre giovani, si anche può ipotizzare che questi individui vengano persino da più lontano, come per esempio dall'arcipelago toscano o dalla stessa Sardegna, dove si trovano le colonie nidificanti più importanti del Paese. «Questo nuovo tassello di biodiversità, che si aggiunge in quest’area così martoriata da un punto di vista ambientale, non indica di certo che la zona sia meno inquinata di ieri, ma mi fa sperare che la natura sepolta dai rifiuti è lì in agguato, pronta a tornare a colonizzare l’area, quando le condizioni lo consentiranno, conclude Rosario Balestrieri.