Nelle profondità dei mari che coprivano gran parte dell'attuale Germania durante il Cretaceo, circa 135 milioni di anni fa, nuotava un antico predatore marino oggi estinto, un coccodrillo estremamente adattato alla vita acquatica, tanto da avere a pelle liscia come un delfino e le zampe trasformate in pinne. Grazie al lavoro di un team internazionale di scienziati, è stata infatti scoperta e descritta una nuova specie fossile di metriorinchide, Enalioetes schroeder.
Questa scoperta non solo amplia la nostra comprensione sull'evoluzione dei coccodrilli, ma ci offre anche una finestra su un'epoca remota e su un gruppo di animali straordinari e poco conosciuti al grande pubblico. Le specie appartenenti alla famiglia dei Metriorhynchidae non sono infatti veri e propri coccodrilli, ma rettili arcosauri che nel corso del Giurassico ha subito trasformazioni radicali. A differenza dei loro parenti terrestri, hanno sviluppato un corpo simile a quello dei delfini (o agli ittiosauri), con pelle liscia e priva di scaglie, pinne al posto delle zampe e una coda trasformata in una potente pinna.
Questi adattamenti erano perfetti per la vita in mare aperto, dove predavano creature veloci come calamari e pesci. Alcune specie, inoltre, presentavano denti grandi e seghettati, suggerendo che si cibassero anche di altri rettili marini. Questi animali erano molto diffusi soprattutto nel Giurassico, infatti i fossili di metriorinchidi diventano poi molto più rari nel Cretaceo. Proprio per questo, la scoperta di Enalioetes schroederi è particolarmente significativa: si tratta infatti del reperto meglio conservato risalente a quel periodo.
Il suo cranio, insieme alla prima vertebra del collo, venne in realtà scoperto oltre un secolo fa in una cava vicino ad Hannover, in Germania, da un architetto tedesco chiamato D. Hapke. Successivamente, il fossile fu inviato a Berlino per essere studiato e preparato, ma durante la Seconda Guerra Mondiale, si pensò che fosse andato perduto per sempre. In realtà, il fossile era stato restituito alla famiglia del suo scopritore, che lo portò con sé a Minden, dove fu poi riscoperto e aggiunto alla collezione locale.
La conservazione eccezionale di questo esemplare ha permesso ora agli scienziati di eseguire una scansione con tomografia computerizzata (CT scan), rivelando dettagli interni unici, come le cavità auricolari e l'orecchio interno del rettile, e di ridefinire il suo status tassonomico. Queste caratteristiche suggeriscono che Enalioetes fosse un nuotatore ancora più abile rispetto ai suoi predecessori, con occhi più grandi e un orecchio interno compatto, adattamenti che lo avrebbero reso un predatore veloce e efficiente.
Queste scoperte, offrono agli scienziati anche nuove ipotesi sull'evoluzione dei coccodrilli marini durante il Cretaceo. Come ha spiegato il coautore Mark Young dell'Università di Edimburgo, «Enalioetes ci mostra che la tendenza evolutiva verso un corpo sempre più adattato alla vita marina è continuata anche nel Cretaceo». Questo antico coccodrillo, con i suoi occhi ancora più grandi e il corpo affusolato, rappresenta quindi un ulteriore passo nell'evoluzione dei coccodrilli marini verso una maggiore efficienza nel nuoto e nella caccia in mare aperto.
Grazie alla meticolosa comparazione con altri fossili conservati in musei, i ricercatori hanno potuto determinare con certezza anche che Enalioetes schroederi è una specie nuova a tutti gli effetti, un altro bell’esempio di come i fossili possano raccontarci storie incredibili di mondi ormai scomparsi, aprendoci una finestra sulla vita e sugli ecosistemi di una Terra che ormai non c’è più da milioni di anni. Questi resti, accuratamente conservati e studiati, continuano a svelare i segreti di epoche remote, ricordandoci anche quanto ancora ci sia da scoprire nel nostro affascinante viaggio nella storia della vita su questo Pianeta.