Si chiama Guemesia ochoai ed è una nuova specie appartenente a un gruppo di dinosauri, gli abelisauridi, dotati di una caratteristica molto particolare: delle zampe anteriori insolitamente corte.
Il cranio quasi completo dell'animale è stato portato alla luce nel nord-ovest dell'Argentina e risale al tardo Cretaceo, oltre settanta milioni di anni fa. La descrizione del dinosauro, guidata da ricercatori argentini, è stata pubblicata su Journal of Vertebrate Paleontology.
La nuova specie prende il nome dal generale Martin Miguel de Güemes, un eroe della guerra d'indipendenza argentina, e Javier Ochoa, un tecnico museale che ha scoperto l'esemplare.
Guemesia ochoai era una specie di abelisauride, una famiglia di carnivori che vagava per quelle che oggi sono l'Africa, il Sud America e l'India. Centinaia di milioni di anni fa, infatti, tutti i continenti australi erano riuniti in un supercontinente chiamato Gondwana che si sarebbe poi frammentato nelle varie masse continentali attuali: mentre i nuovi continenti si stavano lentamente allontanando, le specie sarebbero comunque state in grado di spostarsi tra di essi, portando alcuni scienziati a suggerire che la fauna di ciascuna massa continentale sarebbe rimasta sostanzialmente la stessa.
In quell'epoca un gruppo ben distribuito in Gondwana e successivamente nelle varie masse dopo il distacco era formato dai dinosauri abelisauridi, un gruppo di grandi e temibili superpredatori teropodi. L'Argentina è ben nota per i fossili di questa famiglia, con 35 specie già descritte. Ma quasi tutte provengono dalla Patagonia, nel sud del paese, e relativamente pochi dinosauri sono stati trovati nel nord-ovest.
Questi dinosauri erano bipedi, caratterizzati da arti posteriori tozzi e da estese ornamentazioni delle ossa del cranio, con scanalature, fosse ed escrescenze. Altra caratteristica distintiva era quella di possedere arti anteriori vestigiali, cioè estremamente corti, persino di più di quelli del famoso T-rex, e "funzionalmente inutili": ciò li avrebbe resi incapaci di afferrare le prede con le zampe, costringendo questi dinosauri a fare affidamento solo sulle loro potenti mascelle.
La nuova specie potrebbe essere stato un parente stretto degli antenati dell'intero gruppo. Infatti l'esemplare mostra caratteristiche arcaiche o, come direbbero gli esperti, plesiomorfiche per gli abelisauridi, tra cui un sottile tetto del cranio, assenza sul cranio di sporgenze come corna o rigonfiamenti ed eminenza parietale bassa e stretta che si trova allo stesso livello della cresta sagittale. Inoltre, l'esemplare possiede alcuni tratti distintivi unici che supportano il suo status di nuova specie e le sue ridotte dimensioni lo rendono uno dei più piccoli abelisauridi registrati fino ad oggi. Secondo le stime degli esperti, pare infatti che un esemplare adulto non superasse i tre metri di lunghezza totali.
Purtroppo in questo caso non abbiamo ritrovato l'intero animale (non è affatto facile ritrovare scheletri completi di dinosauri) e tutto ciò che sappiamo su di lui deriva dall'interpretazione di un unico ritrovamento: la scatola cranica, comprese le parti superiore e posteriore del cranio, portata alla luce nella Formazione Los Blanquitos vicino ad Amblayo, nel nord dell'Argentina, da rocce di età compresa tra 75 e 65 milioni di anni. Ciò significa che questo animale è vissuto poco prima dell'estinzione di massa della fine del Cretaceo che vide l'estinzione della maggior parte dei dinosauri.
Una caratteristica unica di questa struttura sono file di piccoli fori nella parte anteriore del cranio noti come forami. I ricercatori hanno suggerito che questi fori avrebbero potuto permettere all'animale di raffreddarsi, con il sangue pompato nella pelle sottile nella parte anteriore della testa per rilasciare calore. Creste e corna sono assenti e la scatola cranica è "notevolmente piccola", circa il 70% più piccola di qualsiasi suo parente. Questa dimensione ridotta potrebbe indicare che si tratta di un giovane, ma ci sono prove contrastanti su questo.
Mentre molte domande circondano ancora l'abelisauride appena descritto, il suo ritrovamento aggiunge ulteriori elementi ad un crescente corpo di prove che suggeriscono che l'Argentina nord-occidentale avesse un insieme unico di creature, a differenza di quelle che si trovano in altre parti del mondo in questo momento. Questi includono mammiferi e pesci le cui descrizioni sono in fase di pubblicazione, ma anche uno dei più grandi rettili acquatici mai vissuti, come Stupendemys geographicus una tartaruga podocnemidoide.
Gli scienziati ora sperano di scoprire altri esemplari di Guemesia ochoai e dei suoi parenti per saperne di più sulla vita nell'antica Argentina, concentrandosi in particolare sul periodo appena prima e dopo l'estinzione di massa di 65 milioni di anni fa: d'altronde comprendere enormi eventi globali come un'estinzione di massa richiede set di dati globali, e ci sono molte parti del mondo che non sono state studiate in dettaglio e tonnellate di fossili restano da scoprire.