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29 Novembre 2022
11:50

Trovati nove virus intrappolati nel ghiaccio per migliaia di anni

Un gruppo di scienziati ha trovato all'interno dei depositi di un lago ghiacciato virus ancora attivi da decine di migliaia di anni. Con il progressivo scioglimento dei ghiacci questi antichi patogeni possono rappresentare una minaccia per la biodiversità di oggi?

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Un gruppo di scienziati dell'università francese di Aix-Marseille ha trovato all'interno dei depositi di un lago ghiacciato un insieme di nove agenti virali, rimasti intrappolati nel ghiaccio per migliaia di anni, il più antico delle quali ha 48.500 anni. Tutti i ceppi, anche quest'ultimo, a seguito del processo di scongelamento in laboratorio sono risultati ancora vitali, ovvero capaci di infettare altri esseri viventi.

L'origine di questi ceppi è molto diversa: alcuni sono stati prelevati direttamente dai depositi sotto il lago, mentre altri virus sono stati estratti da fonti organiche sepolte, inclusa la pelliccia di un mammut e l'intestino di un lupo siberiano.

Lo scopo della ricerca era proprio di riportare in vita gli agenti virali per capire se fossero capaci di infettare. Pandoravirus yedoma, il virus più antico trovato ha battuto qualsiasi record: è diventato anche il solo patogeno più antico che sia riuscito a fuoruscire da un processo di stasi e al contempo il più antico esempio di virus preistorico ritrovato in natura.

Si può parlare dunque di fossile vivente? La questione è complessa. È vero che il virus è così antico da essere stato inglobato nel ghiaccio quando i neanderthal camminavano ancora sulla Terra. Ed è vero anche che è stato recuperato da uno strato di fango e ghiaccio posto a 16 metri sotto il fondale del lago della Jacuzia. Per definirlo però un fossile vivente mancano alcuni aspetti principali.

Innanzitutto non presenta caratteristiche morfo-anatomiche e strutturali considerate "primitive" al di là delle notevoli dimensioni, in quanto la sua morfologia ricorda buona parte dei componenti del genere Pandoravirus. Inoltre la specie non si è riprodotta per migliaia di anni, infettando nuove cellule ospiti e rimanendo coerente con la sua morfologia per tutto questo tempo. Si è solo ridestata tramite il calore, dopo millenni passati sotto ai ghiacci. Inoltre, la comunità scientifica è ancora molto divisa sul considerare in generale i virus esseri viventi oppure no.

Dunque definire questo ceppo come appartenente ad un fossile vivente è sbagliato. Semmai potremmo considerarlo come un virus zombie, che è ritornato a calcare la superficie della nostra Terra dopo migliaia di anni trascorsi in un lungo sonno. Inoltre quest'ultimo virus è così grande che al suo interno possono risiedere tranquillamente mille virus dell’influenza.

Secondo gli stessi ricercatori che lo hanno "riportato in vita" – come odierni dottori Frankenstein – tutti i nove agenti virali potrebbero rappresentare una minaccia per la salute di piante, uomini e animali, se uscissero fuori controllo. In realtà in particolare il genere Pandoravirus è famoso per aggredire le amebe, ma questo studio dimostra come lo scioglimento dei ghiacci e del permafrost possono risultare una bomba ecologica, a seguito della liberazione di antichi patogeni.

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Il virus appartenente al genere Pandoravirus scoperto in Siberia

Il pericolo di una futura pandemia

I ricercatori vogliono essere chiari. I nove agenti virali scoperti in Siberia attualmente sono sotto controllo. Non c'è pericolo di fuga e il rilascio di un antico virus dal permafrost, capace di produrre una pandemia, è al momento un pericolo dalla probabilità molto inferiore rispetto a quella di una futura zoonosi. Il caso della Covid-19 ne è un esempio: è molto più facile che un virus passa dagli animali all'uomo, seguendo le strade già percorse da altri patogeni, come la peste, la SARS, l'antrace e la brucellosi, passando di specie in specie, rispetto ad un virus che arrivi fino a noi direttamente dall'ambiente circostante.

Purtroppo siamo consapevoli che i casi di salto di specie si moltiplicheranno in futuro, a causa della scarsa tutela che dispongono gli animali selvatici e dell'eccessivo consumo di carne d'allevamento in buona parte del mondo. Sono però le scarse condizioni igieniche e le condizioni di produzione intensiva dell'industrie alimentari a favorire enormemente lo sviluppo di una nuova pandemia.

Con la graduale progressione della perdita dei ghiacci, dobbiamo però considerare l'impatto di questi virus zombie, che provengono da un'altra epoca geologica della Terra. Si tratta di fatto di salvaguardare già da adesso le fragili specie di animali e piante che sopravvivono sulla Terra. Il riscaldamento globale è un fenomeno abbastanza complesso e preoccupante senza considerare il rilascio potenziale di killer congelati, ma se alle attuali difficoltà aggiungessimo uno di questi piccoli patogeni, potremmo ritrovarci con una popolazione endemica di fauna a rischio o – ancor peggio – con la perdita locale di determinate specie sensibili alle vecchie infezioni.

E se pensate che questa sia un'idea presa da un'opera di fantascienza e che è impensabile immaginare un ecosistema morire per colpa di un qualche microbo o virus "risorto", sappiate che i paleontologi da anni presuppongono che una delle concause dell'estinzioni di massa avvenute nel Permiano e nel Cretaceo sia da attribuire proprio al bloom improvviso di antichi virus e batteri nell'ambiente o al rilascio di sostanze tossiche da parte di patogeni a scala globale.

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Lo scopo dell'esperimento francese è perciò proprio quello di capire quali siano i potenziali rischi reali che correrebbe la biodiversità globale, qualora la Terra divenisse di nuovo la patria di questi "morti viventi" provenienti dall'ere glaciali. Considerando che la fusione dei "soli" ghiacciai polari potrebbe rilasciare negli oceani 100.000 tonnellate di microbi, virus e altri antichi patogeni entro la fine del secolo, risalenti a quell'epoca, il problema etico della prevenzione si pone. Ed è forse meglio cominciare a studiare questi antichi organismi, soprattutto per non essere del tutto disarmati quando la marea microbica arriverà a toccare molteplici ecosistemi del pianeta, per colpa della nostra cattiva gestione dell'ambiente e delle risorse. Il futuro degli ecosistemi e delle specie animali, confermano i ricercatori nel loro studio, passa anche da studi come questi, affrontando le minacce ambientali prima che queste si manifestino realmente.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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