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28 Dicembre 2022
11:25

Trovati morti dei rari esemplari di delfini nel corso del fiume Mekong

Tre delfini d'acqua dolce in via di estinzione della specie Orcaella brevirostris sono stati ritrovati morti nel fiume Mekong a distanza di 10 giorni l'uno dall'altro. La loro morte desta allarme ed è un chiaro esempio della crisi globale della biodiversità.

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Tre delfini d'acqua dolce in via di estinzione, appartenenti alla specie Orcaella brevirostris, sono stati ritrovati morti nell'ultimo periodo, a distanza di 10 giorni l'uno dall'altro. Questa specie vive nei pressi delle coste e negli estuari di alcune regioni dell'Asia sud-orientale, ma è soprattutto la popolazione che vive lungo il corso del fiume Mekong a destare preoccupazione, anche perché tutti e tre gli esemplari trovati, secondo i veterinari chiamati a compiere la loro autopsia, sono morti per cause artificiali, seppur in perfetta salute.

L'ultimo esemplare ripescato dalle acque del Mekong, lo scorso 24 dicembre, è stato trovato morto dopo che era rimasto impigliato in un amo da pesca nella provincia di Kratie. Era una femmina adulta di 196 cm di lunghezza, di età compresa tra 7 e 10 anni e del peso di 93 kg. Come gli altri due esemplari è morta a causa della pesca illegale. Sono stati però ben 29 gli esemplari di delfini morti nel corso degli ultimi tre anni, tanto da portare il mondo degli ambientalisti locali, tramite il WWF Cambogiano, ad attivarsi politicamente e sui social per la giornata di Natale, per chiedere lo stato d'allarme alle istituzioni.

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Una foto del 2019 mostra i delfini irrawaddy che nuotano nel fiume Mekong nella provincia di Kratie, nel nord–est della Cambogia. La specie è considerata in via di estinzione. XINHUA/WWF–CAMBOGIA TRAMITE GETTY IMAGES

Seng Teak, direttore nazionale di WWF-Cambogia, ha chiesto un aumento delle pattuglie diurne e notturne per proteggere i restanti delfini dall'essere uccisi soprattutto dai pescatori di frodo nelle aree di conservazione che sono stati garantiti dalla legge, ma ritiene che è l'intero corso del fiume ad essere divenuta una trappola per questa specie di delfini e per altri animali.

«Il recente aumento delle attività di pesca illegale nelle aree di conservazione dei delfini, l'elevata presenza di ami e palangari abbandonati e l'inquinamento sempre crescente causerà l'estirpazione del delfino dal fiume Mekong in Cambogia nei prossimi anni, se le azioni per fermare queste attività non verranno intraprese immediatamente», ha affermato Teak alle realtà politiche locali.

La specie è stata inserita all'interno della Lista Rossa delle specie minacciate dell'IUCN dal 2004 e la sua popolazione, composta ora da poco meno le novanta unità, vive lungo un canale principale di 190 km nelle province nord-orientali di Kratie e Stung Treng. Nel 1997, il WWF aveva stimato una popolazione di circa 200 individui che abitava un territorio esteso più del triplo dell'areale attuale.

Per quanto tragica, la condizione dei delfini del fiume Mekong non è l'unica a versare in condizioni disperate. Sono infatti molte altre le specie che stanno rischiando l'estinzione per colpa delle cattive condizioni in cui versa la regione. Nel corso del 2019 le immagini del fiume quasi sommerso dalla plastica avevano indotto infatti le popolazioni locali a lanciare l'allarme persino per la sopravvivenza degli stessi esseri umani, che in Cambogia o in Vietnam usano il Mekong come sorgente primaria di cibo.

«L'ironia sta che il Mekong era uno dei fiumi più pescosi dell'intero globo, ma secondo il nostro recente articolo sarebbe così tanto inquinato da risultare uno dei più pericolosi al mondo: l'esempio perfetti in cui valutare l'impatto delle ingestione della plastica sia nelle comunità umane che in quelle animali», afferma Lauren Romano, biologa marina del gruppo CSIRO – Oceani e Atmosfera di Hobart, che coordina diversi lavori sullo stato di salute dei fiumi e degli oceani del mondo dalla Tasmania.

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Il pericolo della ingestione di plastica

«Nei bacini del fiume Mekong e Gange» continua la studiosa, nel suo articolo «abbiamo scoperto che il rischio di intrappolamento nei rifiuti è maggiore dell'ingestione di rifiuti. Si prevedeva che quattro specie fossero ad altissimo rischio di intrappolamento e avvelenamento: il delfino del fiume Gange, il gharial, il pesce gatto gigante del Mekong e il delfino irrawaddy (il nome con cui è noto gergalmente la specie Orcaella brevirostris, NdR). E gli studi hanno confermato queste supposizioni. Si prevedeva inoltre che sia il delfino del fiume Gange che il delfino irrawaddy avessero un rischio moderato di ingestione di plastica. La comunità scientifica però si sbagliava».

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Ci sono tre modi principali in cui gli animali ingeriscono i rifiuti di plastica: ingestione primaria, secondaria e accidentale. La fauna può ingerire la plastica attraverso uno, due o tutti questi meccanismi, a seconda di fattori come il comportamento e il metodo di foraggiamento. Molto pericolosi sono anche gli ami abbandonati, come quelli che hanno ucciso i delfini negli scorsi giorni. Infatti feriscono e immobilizzano l'animale, costringendolo a cibarsi di immondizia o a morire soffocato.

Secondo gli studiosi, l'ingestione primaria si verifica quando un animale mangia direttamente i rifiuti di plastica per scelta, in quanto può scambiare un oggetto per qualcosa di commestibile o cadere vittima della propria curiosità. La disperazione per la fame può anche provocare l'ingestione di plastica, soprattutto quando l'animale si trova davanti degli sbarramenti rappresentati dalle reti. L'ingestione secondaria si verifica invece quando un animale mangia un altro animale che ha mangiato plastica.

Le specie predatrici, come i delfini, hanno ovviamente maggiori probabilità di ingerire la plastica rispetto a quelle che si nutrono principalmente di insetti o prede erbivore. L'ingestione accidentale si verifica infine quando un animale ingerisce accidentalmente plastica durante la ricerca del suo cibo naturale. Questo è uno dei fattori che incutono maggior timore negli scienziati.

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Differenze nelle differenti tipologie di ingestione dei rifiuti galleggianti

Ora potrebbe sembrare che il rischio di intrappolamento e di ingestione della plastica siano problemi differenti ma affini, che mettono a rischio la salvaguardia dei delfini come di altre specie. In verità però i due fenomeni sono molto più collegati rispetto a quanto si possa credere superficialmente. «Dai nuovi studi, sembra che gli animali più a rischio di intrappolamento sono gli stessi che ingeriscono più plastica, come i delfini» – concludono gli studiosi – «Bisogna indagare ancora meglio le ragioni, ma alcune risposte a questo dato potrebbero essere fornite dal comportamento stesso degli animali».

Gli esperti vogliono ancora approfondire e sembrano preoccuparsi per la sorte dei delfini, in quanto se le attuali popolazioni del fiume Mekong dovessero sfruttare i rifiuti e le reti nei loro comportamenti di caccia, come avviene talvolta per le popolazioni oceaniche, questo li porterebbe ad assumere comportamenti pericolosi, sottoponendoli ad un rischio superiore di rimanere intrappolati. Evenienza che renderebbe ancora più impervia la salvaguardia della specie e porterebbe gli esemplari a compiere ingestione accidentale di ami, sacchetti e bottiglie di plastica.

D'altronde, difficilmente senza un impegno collettivo per pulire il Mekong dai suoi rifiuti si potranno salvaguardare le popolazioni native di pesci, cetacei e uccelli. Creare nuove aree protette nel corso di un fiume così grande e densamente popolato come il Mekong non basta. Eppure bisogna fare qualcosa e agire in fretta, se vogliamo continuare a vedere nuotare – su uno dei più grandi fiumi dell'Asia – il delfino irrawaddy, noto al pubblico e alla scienza per il suo grande e caratteristico "sorriso".

Le proposte di Seng Teak potrebbero costituire un inizio, ma è anche vero che di solito chi fa conservazione in Cambogia è un volontario sottopagato. Lo afferma lo stesso Teak ad alcuni giornali locali. Bisognerebbe dunque aumentare come prima cosa il compenso per coloro che studiano e cercano di salvaguardare il futuro di questi animali, consapevoli che bisognerebbe anche risolvere a monte la presenza dei rifiuti.

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Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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