Non solo nel sangue degli esseri umani, la presenza di microplastiche adesso, per la prima volta, è stata individuata in percentuali molto elevate anche nel sangue degli animali di allevamento che forniscono carne alla grande distribuzione e nelle aziende agricole. Secondo un nuovo studio condotto dagli scienziati della Vrije Universiteit Amsterdam (VUA) dei Paesi Bassi, tre quarti della carne bovina e suina e dei prodotti caseari analizzati, risultano contaminate.
La ricerca ha effettuato test su 12 campioni sia di sangue bovino che di suino e ha scoperto che 8 di quelli di manzo e 5 di quelli di maiale presentavano una contaminazione da microplastiche. Per quanto riguarda le cause, al momento si ipotizza che le microparticelle di questo materiale vengano assorbite dagli animali mangiando, vista la loro presenza in tutti i campioni analizzati, sia dei mangimi sia dei loro imballaggi, tutti in plastica.
Una conclusione ritenuta assolutamente coerente e che non sorprende affatto, come ha dichiarato, Maria Westerbos, fondatrice e direttrice della Plastic Soup Foundation, l’ente che ha commissionato la ricerca al fine di verificare lo stato dell’inquinamento da plastica nella catena alimentare.
Dai test realizzati, si è osservato che le microparticelle di plastica viaggiano attraverso il sangue, spostandosi e depositandosi nei diversi organi. Attraverso le analisi del sangue, poi, come ha spiegato la Dr. Heather Leslie, ecotossicologa dell’Università di Amsterdam, è stato possibile scoprire la dose assorbita dalle diverse vie di esposizione: quindi dal suolo, dall’acqua e persino dall’aria.
Secondo Leslie, lo studio, dovrebbe spronare ad agire per esplorare sempre di più l’intero ambito di esposizione e gli eventuali rischi che possono essere associati ad esso. Infatti, pur non avendo ancora prove scientifiche certe circa i potenziali impatti sulla salute, i test condotti in laboratorio hanno comunque mostrato che le microplastiche hanno tutte le potenzialità di creare danni alle cellule, pericolo che era già stato rivelato in alcuni animali selvatici.
La naturale prosecuzione dell’indagine, secondo gli autori, sarebbe ora ampliarla e testare prodotti in altri Paesi, visto che una contaminazione da microplastiche era già stata individuata nel 2021 in campioni di latte in Svizzera e in Francia. Secondo ciò che dicono le normative europee, la presenza di plastica nei prodotti per uso alimentare animale sarebbe vietata, ma secondo un’inchiesta del Guardian e il parere di alcuni esperti interpellati, quasi tutti i Paesi europei ammettono comunque uno 0,15% di residui nei mangimi.
Anche se per il momento l’EFSA non ritiene che vi siano pericoli, o meglio ritiene che non vi siano prove sufficienti per dimostrarlo e, sebbene tanto gli animali quanto gli uomini, siano ormai circondati dalla plastica, resta il fatto che aggiungere l’ingestione anche di piccole quantità potrebbe peggiorare ulteriormente la situazione.
Naturalmente occorrono studi approfonditi, ma in attesa di dati certi, secondo la dottoressa Leslie, è comunque più che necessario che la UE e gli altri organi di controllo pongano limiti pari a zero. E che, soprattutto, li facciano rispettare.