Potrebbero essersi sentiti disorientati o aver subito un forte spavento, sulle cause non è ancora stata fatta chiarezza, di certo c’è solo che sono morti e sono stati ritrovati spiaggiati sulle rive di King Island, tra Melbourne e l’isola della Tasmania, in Australia.
Si tratta di 14 giovani esemplari di capodogli maschi, ma il rischio che ce ne possano essere altri, secondo le autorità, è alto. Le indagini sono in corso per capire le motivazioni di questi decessi. Biologi e veterinari ora stanno analizzando le carcasse per capire se possa esserci anche una causa ambientale e, se così fosse, cercare di fermare la moria dei cetacei. Risalire alle cause del decesso, però, non sarà un'operazione facile né tantomeno veloce, come hanno spiegato gli scienziati alla tv australiana Abc.
L’ipotesi più accreditata al momento, è quella di un problema di disorientamento degli animali che li avrebbe portati sulla riva di King Island. Ma non è escluso anche che i cetacei siano stati spaventati da qualcosa e nel tentativo di fuggire si siano spiaggiati.
Non si tratta della prima volta che eventi simili si verificano in quest’area dell’oceano Indiano, luogo al contrario già noto per stragi di massa di balene. Nel 2020 a Macquarie Heads, sulla costa occidentale dell'isola, più di 380 balene pilota furono trovate morte nel peggiore spiaggiamento della regione.
E mentre le analisi continuano, il Governo australiano si sta muovendo su due fronti. Il primo è la ricerca di altri eventuali altri capodogli rimasti intrappolati sulla sabbia.
Il secondo è capire come rimuovere i cadaveri degli animali. La scelta dovrebbe essere quella di lasciarli decomporre naturalmente, in modo che tutto quel nutriente torni nell’ecosistema e possa nutrire un intero gruppo di altri animali, decisione sulla quale concordano anche i biologi. Non sarà, però, una cosa breve.
Classificati come specie “Vulnerabile” nella Lista rossa dell'IUCN, l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, il numero di capodogli è costantemente in diminuzione. Purtroppo la caccia indiscriminata praticata in alcuni Paesi come Giappone e Indonesia, le reti da pesca in cui si impigliano e la collisione con le navi sono minacce ancora fortemente impattanti sulla sopravvivenza di questi splendi animali.
Ma non solo: in molti esemplari spiaggiati le analisi hanno riscontrato anche un elevato livello di agenti contaminanti, mentre negli stomaci vengono spesso rinvenuti materiali di plastica.