Con la pubblicazione del libro "Il mondo dei cetrioli di mare", un team di ricercatori giapponesi, capeggiati da Manabu Bessho-Uehara, docente di zoologia marina presso l'Università di Nagoya, ha presentato alla comunità scientifica diverse nuove specie d'invertebrati in grado di produrre e sfruttare la bioluminescenza, ovvero quel fenomeno biologico che permette agli organismi di emettere luce attraverso delle particolari reazioni chimiche che avvengono nei loro tessuti.
Tra le nuove specie che sono state presentate ci sono ovviamente i protagonisti del libro: i cetrioli di mare, una classe di Echinodermi diffusi sui fondali marini di tutto il mondo, formalmente noti come oloturie. Per descrivere i loro comportanti, gli scienziati del team di Bessho-Uehara hanno studiato le popolazioni tramite dei piccoli sommergibili teleguidati (ROV) in varie parti del mondo, così da individuarli mentre emanavano luce nelle buie acque del fondale oceanico, a oltre 1000 metri di profondità.
In totale, i ricercatori giapponesi sono riusciti a presentare prove video di bioluminescenza in 10 nuove specie di oloturie adattate al mare profondo, suggerendo anche una diversità sottostimata del fenomeno all'interno del gruppo. Il fenomeno è stato riscontrato anche in una specie dell'ordine Molpadia, che in precedenza gli scienziati non ritenevano luminescente. Questi animali sfortunatamente sono anche molto apprezzate dal punto di vista culinario da diverse culture tradizionali orientali e vengono pescati a tonnellate dal fondale dell'oceano Pacifico ed Indiano. Una pesca così intensiva che potrebbe aver causato una riduzione del numero delle popolazioni delle coste giapponesi, cinesi e coreane.
La loro sopravvivenza inoltre è minacciata in tutti gli oceani dalle trivellazioni oceaniche, che mettono a dura prova l'ecosistema già in precario equilibrio per via della scarsità dei nutrienti presenti, tanto che Bessho-Uehara ha criticato la proliferazione delle piattaforme petrolifere nel mar del Giappone e nell'Oceano Pacifico, in attesa che gli studi siano in grado di determinarne gli effetti sulle popolazioni selvatiche di oloturie. «L'inquinamento da metalli pesanti derivante dalle operazioni di perforazione e il rumore derivato dai motori che disturbano la comunicazione sonora sono problemi importanti, ma gli effetti sugli organismi in grado di produrre bioluminescenza non sono stati esaminati a sufficienza. Quindi è necessario urgentemente chiarire l'importanza di questo fenomeno e della bioluminescenza sui fondali marini e trovare misure che portino allo sviluppo sostenibile delle tecnologie di trivellazione».
Non è ancora chiaro perché le oloturie producano luce, visto che sono animali detritivori e non predatori come il pesce lanterna che usa la luminescenza di una sua appendice frontale per ingannare le prede. Gli scienziati però suppongono che la bioluminescenza possa essere utile per la comunicazione sessuale, anche perché vicino ai sedimenti del fondale è molto difficile per due animali comunicare con dei potenziali partner.
Gli autori del libro d'altronde si augurano che i loro lettori possano comprendere l'importanza della conservazione di questi particolari animali, ritenuti da molti poco interessanti. Le oloturie, infatti, aiutano gli ambienti marini a riciclare le proprie risorse e, dove vengono pescate o allontanate dalle attività di trivellazione, gli habitat perdono parte delle proprietà vitali, peggiorando le condizioni anche per il resto delle specie.