In Piemonte l'assessore regionale all'Agricoltura Marco Protopapa dice che i danni dei cinghiali sono paragonabili a quelli di una «calamità naturale» e che per questo occorre prendere provvedimenti. Le associazioni del Tavolo Animali & Ambiente non ci stanno all’idea della giunta di creare una rete di macelli autorizzati per immettere in commercio la carne degli oltre 10.000 ungulati che sarebbero da uccidere.
E’ stato Protopapa a dire di voler trasformare «in risorsa il grave problema dei danni da cinghiali» che colpiscono i campi coltivati. «Al tempo stesso – ha aggiunto – promuoviamo azioni di divulgazione e di comunicazione, in vista della prossima stagione venatoria, fondamentali» per «far conoscere il prodotto al consumatore».
La politica contro i cinghiali della Regione Piemonte non piace al Tavolo Animali&Ambiente, coordinamento di diverse associazioni (Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lida, Lupu, Oipa, Pro Natura e Sos Gaia). «Come Tavolo – spiega Piero Belletti, segretario di Pro Natura – contestiamo il modo di affrontare la ‘problematica' dei cinghiali: si vuole insistere su strategie che sono inefficaci. Da 20 anni abbiamo visto prelievi che non sono serviti a nulla e che non sono funzionali. Dovremmo pensare a qualcos’altro. Il piano di abbattimenti affidato ai cacciatori peggiora le cose e non lo migliora, perché operano in modo tale che il numero dei cinghiali non diminuisca mai. I cinghiali vivono in gruppi con una femmina adulta dominante. Quando questa viene uccisa le femmine giovani anticipano il loro calore e ciò porta a un aumento della popolazione».
I cinghiali in Piemonte, prosegue Belletti, sono più presenti «dove c’è stato un abbandono, nelle zone di bassa montagna e collina». Da Cuneese all'Ossola, in sostanza, hanno ripreso possesso di zone spopolate dall'uomo.
Proprio lunedì scorso l'ultimo degli episodi di cronaca. Un tredicenne stava andando a scuola in bicicletta, a Marentino (Torino), quando due cinghiali gli hanno tagliato la strada: la caduta gli ha causato una ferita ricucita con sei punti. Ha preso la palla al balzo il presidente di Coldiretti Torino, Fabrizio Galliati: «La vicenda è emblematica del pericolo rappresentato da questi animali», sottolinea. E riferendosi all’incidente, precisa come sia accaduto «in una Zona di ripopolamento e cattura, un’area preclusa alla caccia per favorire la produzione di fauna selvatica stanziale, favorire la sosta e la riproduzione dei migratori». Aree, che a suo dire oggi «hanno perso il senso per cui erano state create».