I daini che varcheranno il confine del Parco Nazionale del Circeo potranno essere uccisi dai cacciatori appostati nelle campagne circostanti fino a fine marzo, per un massimo di 80 animali abbattuti. Lo ha deciso la Regione Lazio, sulla base di un parere favorevole dell’Ispra, e ricalca quanto già stabilito ormai quasi due anni fa alla luce dell’aumento esponenziale del numero di questi animali all’interno dell’area.
Un passo indietro: a dicembre 2022 erano state presentate le attività previste dal Parco del Circeo per ridurre la popolazione di daini. Sulla base degli ultimi monitoraggi, nell’estate 2020 i daini risultavano essere 1.767, con un aumento del 39% in soli 5 anni, quando nel 2015 erano stimati 1.268 individui. L’Ente Parco, con l’obiettivo di proteggere la biodiversità, aveva inizialmente dato l'ok per avviare le adozioni di questi erbivori, concedendo un contribuito per le spese di trasporto e sterilizzazione fino a un massimo di 50mila euro.
A questa strategia si era però affiancata anche la linea cruenta, ovvero gli abbattimenti. Sempre a dicembre, il parco aveva confermato che da gennaio sarebbero partite le operazioni di rimozione «tramite prelievo con arma da fuoco, tecnica che si è rivelata efficace e compatibile con le esigenze di sicurezza proprie di un luogo altamente frequentato come la Foresta Demaniale». Ad essere uccisi a colpi di fucile saranno «almeno 350 animali all’anno», un numero individuato perché «necessariamente superiore a quello delle nascite annuali stimate nella popolazione, per giungere così ad un sensibile decremento della specie nell’arco del quinquennio di applicazione del Piano».
Il piano di contenimento, in realtà, non è mai ufficialmente partito a causa della mancanza di un direttore dell’Ente Parco, e così l’ambito di caccia di Latina 1 ha chiesto alla Regione, qualche settimana fa, di poter procedere con la caccia di selezione. Dalla Regione è arrivato parere positivo, con l’unico limite imposto da parte della regione Lazio, è il numero di capi da abbattere: non più di 80 entro la fine di marzo.
«La decisione sigla il fallimento del piano di contenimento proposto nel 2021 e mai partito, a favore delle lobby venatorie che hanno lanciato la proposta – è il commento duro di Piera Rosati, presidente Lndc Animal Protection – La gestione di questi animali non può essere improvvisata ma nulla è stato fatto, ad esempio, per impedirne la fuga e la riproduzione arrivando al via libera di questi giorni alle uccisioni. Due anni fa, insieme ad altre associazioni, avevamo lanciato un appello pubblico rivolto sia al presidente del Parco sia al Ministero della transizione ecologica per chiedere assoluta precedenza alla salvaguardia della vita degli animali e di adottare azioni concrete in questa direzione, ma senza successo. La responsabilità di una decennale mancata gestione condanna oggi a morte gli animali che varcheranno la soglia del Parco, facendo pagare loro con la vita il prezzo di inadempienze e errori umani a favore del gioco della caccia. La lobby venatoria da sempre ha un potere inspiegabile sulla politica, ma oggi stiamo toccando vette inaccettabili e difficili da comprendere. Quest’ultima iniziativa è un chiaro ed ennesimo regalo ai cacciatori, considerando anche che la proposta è partita proprio dall’Ambito Territoriale di Caccia di Latina 1».
Poiché la decisione della Regione Lazio ha avuto il parere favorevole dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, le associazioni non hanno praticamente alcun margine di azione per muoversi a livello legale. La presidente Piera Rosati ha quindi scritto una lettera a Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio, per chiedere all’Ente di ritornare sui propri passi e valutare strategie di contenimento più rispettose degli animali, in linea con i nuovi principi fondamentali recentemente introdotti nella Costituzione.