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4 Settembre 2023
16:36

Troppi cervi a Washington, a rischio la biodiversità: ma abbatterli non può essere l’unica soluzione

I cervi a Washington sono sempre più oggetto di dibattito e se parte dei residenti vuole continuare ad ammirarli vicino alla città, la presenza numerosa desta molta preoccupazione tra esperti e biologi allarmati per la tutela della biodiversità. Ma sul piano di abbattimenti non tutti sono d'accordo.

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Per alcuni vederli così vicini alla città è uno spettacolo, per altri sono parassiti che divorano i loro giardini, mettono in pericolo il traffico e aiutano a diffondere le malattie trasmesse dalle zecche. I cervi a Washington sono sempre più oggetto di dibattito e se parte dei residenti vuole continuare ad ammirarli, la numerosissima presenza desta molta preoccupazione tra esperti e biologi.

Questi bellissimi animali, infatti, se alla fine del XIX secolo erano sull'orlo dell'estinzione a causa della deforestazione e della caccia, ora si può dire che si siano ripresi perfettamente, considerando che gli Usa contano oggi più di 30 milioni di esemplari, soprattutto sulla costa orientale. E nella capitale abitano proprio in centro città, precisamente nel Rock Creek Park, un polmone verde urbano nel cuore della capitale federale.

Questa proliferazione eccessiva ha messo, però, in allarme l’NPS, il National Park Service, che gestisce il sito perché i cervi dalla coda bianca (Odocoileus virginianus), la specie locale, hanno divorato le piante essenziali per il mantenimento della biodiversità e i giovani alberi, riducendo il rinnovamento naturale della foresta. Con la conseguenza che, se non si interviene rapidamente, la foresta potrebbe persino scomparire nel giro di cento anni.

Per capire meglio il loro impatto, bisogna tenere conto che i cervi si sono evoluti insieme alle piante autoctone della regione e quindi preferiscono mangiare quelle, rispetto a quelle alloctone come il tiglio o il viburno. Ma questa, secondo i biologi dell’NPS è una pessima notizia, perché anche le specie di insetti locali fanno affidamento sulle piante autoctone e gli effetti della loro perdita mettono in pericolo l’intero ecosistema.

In risposta alla minaccia degli ungulati, nel 2013 l’NPS non ha avuto dubbi e ha deciso di iniziare gli abbattimenti annuali. Si svolgono in inverno, di notte, con il parco chiuso. I biologi addestrati alle armi da fuoco utilizzano scanner termici a infrarossi e occhiali per la visione notturna per abbattere i vari branchi. Nel 2020 il programma è stato anche esteso ad altri parchi di Washington gestiti da NPS.

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All’inizio della campagna per il contenimento, i cervi erano più di 100 per miglio quadrato, molto più dei 20 per miglio quadrato che gli scienziati hanno stabilito come una presenza sostenibile, ma da allora sono molti meno. Durante il periodo di indagine pubblica che ha preceduto l'avvio del programma alcuni residenti avevano chiesto all’NPS se, invece di sparare ai cervi, fosse possibile reintrodurre predatori come lupi, coyote e linci rosse.

Nella sua risposta ufficiale, l'NPS ha affermato che, a parte le dimensioni troppo ridotte del parco per sostenere un numero sufficiente di lupi, per esempio, anche nel caso di altri predatori sarebbe molto difficile per via dell’impatto sulle attività umane e le persone, in particolare per la sicurezza dei bambini e degli animali domestici. Quindi nessuna alternativa è lasciata ai cervi, se non quella di essere ammazzati.

Quello delle specie invasive è sicuramente un problema ed è evidente che debba essere affrontato in modo prioritario per la salvaguardia della biodiversità e per la tutela delle attività produttive e della salute umana. Ma affermare che solo l'eradicazione violenta sia la soluzione è limitante. Infatti, strumenti molto validi per la loro gestione si sono dimostrati i "protocolli di valutazione del rischio" che hanno la funzione di predire per esempio l’invasività di una specie aliena ancora non introdotta in un dato territorio, in modo da prevenirne l’introduzione, la diffusione e il conseguente impatto.

Sempre gli stessi protocolli sono in grado di stabilire una scala di priorità tra quelle già presenti su un dato territorio al fine di identificare quelle più dannose da gestire con priorità rispetto alle altre. Non solo, in Europa il cuore del Regolamento UE n. 1143/2014 recante le “disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive”, entrato in vigore il 1° gennaio 2015, è rappresentato dalla lista delle specie esotiche invasive più rilevanti, per le quali il testo impone una serie di restrizioni, tra cui un bando delle importazioni e del commercio, un divieto di possesso, di allevamento, di riproduzione, di trasporto, di utilizzo, sottolineando in questo modo una forte responsabilità umana rispetto alla diffusione delle specie alloctone che si vogliono distruggere.

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Simona Sirianni
Giornalista
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