Il Comune di Trento ha approvato pochi giorni fa la modifica del regolamento urbano che determina il divieto di accattonaggio con animali da compagnia. La mozione (n. 60 del 2021) era stata presentata il 7 dicembre scorso da sette consiglieri comunali tra cui Renato Tomasi (Azione-Unione) Vittorio Bridi (Lega Salvini Trentino), Daniele Dematté e Giuseppe Filippin (Fratelli d’Italia-AN) e Filomena Chilà (PD). Da tempo veniva inoltre richiesta a gran voce dall'associazione di volontariato Zampa trentina Odv che dal 2019 si occupa di supervisionare le condizioni di vita dei cani che vivono per strada in compagnia dei clochard. «In passato in città si vedevano anche senzatetto che si prendevano davvero cura dei propri cani. Molte volte siamo stati proprio noi ad aiutarli e sostenerli nelle spese necessarie per nutrirli – afferma Paola Pisani, presidentessa dell'associazione – Ciò che stiamo denunciando è la situazione odierna, diametralmente opposta a quella di un tempo. Stiamo parlando di sfruttamento, maltrattamenti e incuria».
La situazione di Trento, la volontaria: «Non si tratta di clochard che amano i propri cani, ma di un mercato di cuccioli»
Secondo quanto riportato nel testo della mozione, i cani che vivono con persone senza fissa dimora nel capoluogo trentino non sono sempre le stesse, ma cambiano in continuazione: «Molto spesso sono cani di pochi mesi di età che, una volta cresciuti, perdono la loro efficacia nell'intenerire le persone e a questo punto che fine fanno? Alcuni provano a venderli, ovviamente per strada, senza alcun passaggio burocratico». A confermarlo è anche Paola Pisani che da anni osserva proprio questo fenomeno: «C'è un ricambio continuo di cuccioli che vengono obbligati a stare fermi anche 8 ore sotto al sole o al freddo – racconta la volontaria – Quando crescono e non li possono più sfruttare alle volte li affidano a noi che cerchiano famiglie adatte all'adozione, altre volte invece ne perdiamo le tracce per poi tornare a incontrare le stesse persone pochi mesi dopo ma in compagnia di altri cani».
Se la mozione venisse approvata anche dalla Commissione dei capigruppo, a Trento sarà quindi possibile passare immediatamente alla confisca dell'animale, il quale verrebbe trasferito al canile della città, in attesa di trovare un'adozione adatta: «Ci sembra l'unica soluzione possibile perché è difficile cogliere la flagranza di reato per i maltrattamenti – spiega Pisani – Queste persone sono molto attente a non maltrattare i cani in presenza di testimoni».
Sempre secondo la volontaria, nemmeno l'opzione di visitare i cani per verificarne le condizioni di benessere psicofisico, come accade in altri comuni d'Italia, può servire a migliorare la situazione: «Come può un veterinario determinare che il cane non venga maltrattato? Secondo noi è impossibile ed è per questo che siamo contrari anche all'ipotesi di mandare i veterinari a visitare gli animali. Non stiamo parlando di clochard che hanno una relazione di rispetto con il proprio cane, ma di persone che sfruttano gli animali unicamente per il proprio interesse. Non dimentichiamo che si tratta di un regolamento comunale, quindi se le stesse persone vogliono fare l'elemosina in altre città, sono libere di spostarsi».
La storia di Davide e degli homeless che hanno un cane come amico
Nonostante la situazione denunciata dall'associazione animalista del capoluogo trentino, esistono molte altre storie in cui a condividere la vita senza una casa sono umani e cani davvero affiatati: «Con l'associazione abbiamo seguito per molto tempo da vicino la storia di Davide – racconta la presidentessa di Zampa Trentina – Lo abbiamo visto attraversare periodi molto bui tra le strade della città, eppure si occupava nel migliore dei modi del suo animale. Anche ora, che fortunatamente ha trovato un lavoro fisso e una casa, vivono insieme e sono una vera e propria famiglia».
Ma Davide non è il solo, molte persone in Italia e nel mondo infatti condividono la vita senza un posto fisso in cui soggiornare con cani che amano e rispettano e con cui creano relazioni anche molto profonde, basate sulla condivisione di esperienze, fortunate o sfortunate che siano e diventando così davvero inseparabili. Di fronte alle avversità il cane rappresenta per queste persone l'unico individuo su cui fare affidamento, l'unico vero compagno, l'unica sicurezza. In questi casi, tutt'altro che isolati, l'ipotesi di sequestro non è sicuramente la soluzione ideale, ma potrebbe invece rappresentare un dramma per entrambi, abituati a vivere l'uno accanto all'altro facendo squadra nonostante tutto.
Le soluzioni delle altre città d'Italia e cosa dice il Codice Penale
Trento non è la prima città d'Italia ad affrontare questa tematica e infatti molti comuni stanno attuando normative dedicate proprio a questo tipo di situazioni. Il Comune di Pisa, ad esempio, all'articolo 24 del Regolamento Comunale sulla Tutela degli Animali recita: « È fatto assoluto divieto utilizzare, per la pratica di accattonaggio, animali con cuccioli lattanti o da svezzare, o comunque animali di età inferiore ai cinque mesi, oppure animali non in buono stato di salute o costretti in evidenti condizioni di maltrattamento», lasciando così la possibilità ai senza tetto che mantengono i propri cani (non cuccioli) in condizione di benessere di continuare a condividere con loro la vita. Anche la città di Torino, lo scorso gennaio aveva affrontato proprio questa questione prima che la richiesta di modifica del regolamento venisse ritirata dagli stessi consiglieri firmatari.
Il Comune di Roma invece vieta l'attività in compagnia di cani di età inferiore ai 4 mesi e/o in condizione di malessere, mentre il comune di Bolzano, oltre a vietare la richiesta di elemosina (legale nel resto del paese) nei pressi di fiere e mercati, davanti agli ingressi di esercizi commerciali e pubblici esercizi (anche senza cani), fa divieto assoluto di essere accompagnati dai cani in queste situazioni.
A livello nazionale invece, l’accattonaggio con comprovato sfruttamento di animale non necessita di un ulteriore intervento normativo da parte del comune per essere ritenuto reato, in quanto può comportare una responsabilità penale per maltrattamento dello stesso, punita dal nostro codice penale secondo il titolo IX bis, per cui: «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro».