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28 Marzo 2024
15:33

Trent’anni di carcere ad un bracconiere in Mozambico

Condannato per l'uccisione di 42 leoni, 20 elefanti e 4 rinoceronti, l'uomo aveva in casa oltre 600 chilogrammi di specie protette, tra cui 14 teschi, 128 code, 88 artigli, 24 mascelle e 57 chilogrammi di ossa di leone oltre a 55 pezzi d'avorio e 74 ossa di elefante. Il Mozambico si conferma così il più attivo fra i paesi africani nella lotta al bracconaggio.

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Giornalista

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Chabane Adamuge Assuba è stato condannato in Mozambico a 30 anni di carcere per l'uccisione di 42 leoni, 20 elefanti e 4 rinoceronti. Una pena esemplare, al termine di un’indagine durata poco più di un anno, nella lotta al bracconaggio che impegna questo paese africano da qualche anno.

“Kudiazanga”, nome con cui era noto il trafficante di animali, è stato arrestato il 5 dicembre 2022 a Maputo, capitale del Mozambico, perché «in possesso di oltre 9 kg di prodotti di fauna (corna di rinoceronte) che intendeva vendere a cittadini di origine asiatica» secondo quanto riportato dalle autorità locali.

Dopo l’arresto la casa dell’imputato, situata nel quartiere Infulene, è stata perquisita e le forze dell’ordine hanno trovato e sequestrato oltre 600 chilogrammi di specie protette, tra cui 14 teschi 128 code, 88 artigli, 24 mascelle e 57 chilogrammi di ossa di leone distribuiti da tre sacchi oltre a 55 pezzi d'avorio e 74 ossa di elefante. Da qui l’accusa di aver ucciso 42 leoni, 20 elefanti e 4 rinoceronti e, di conseguenza, l’accusa e il processo per i reati di associazione criminale, traffico illegale (possesso e stoccaggio) di prodotti di fauna, riciclaggio di denaro.

Chabane Adamuge Assuba è stato quindi condannato dal giudice Evandra Uamusse con sentenza emessa nella 10a sessione del Tribunale della città di Maputo, a 45 anni di carcere e a due anni di multa, ridotta poi a 30 anni che sono il limite massimo di una pena applicabile ad un condannato secondo le leggi del Mozambico.

La notizia della condanna, diffusa dalla radio nazionale mozambicana Radio Mozambique e rilanciata dalla CNN, riporta al centro dell’attenzione un paese in cui il bracconaggio rappresenta una seria minaccia per la fauna selvatica, anche se, secondo quanto riportato dalla CNN, «le autorità stimano che le uccisioni di elefanti siano diminuite negli ultimi anni grazie agli sforzi di tutela e conservazione. Secondo i dati dell’Amministrazione Nazionale delle Aree di Conservazione (ANAC), il Mozambico conta circa 10mila elefanti. Rapporti più recenti indicano che il paese ha perso, tra il 2011 e il 2016, il 48% della sua popolazione di elefanti».

Non è la prima volta che il paese africano persegue con efficacia il bracconaggio grazie soprattutto all’attività dell'Anac, che già a gennaio 2022 aveva fatto condannare alla stessa pena un altro noto bracconiere, Admiro Chauque. Mentre a settembre dello scorso anno altri due cittadini mozambicani erano finiti in carcere per caccia illegale e possesso di armi. Non si tratta di arresti e condanne sporadiche ma di un’attività di controllo che è che cresciuta con gli anni: già tra il 2015 e il 2019, secondo i dati ufficiali, erano stati condannati per crimini contro la fauna selvatica, con pene comprese tra i 12 e i 16 anni di reclusione, più di 100 persone.

«Dall'arresto alla condanna ci sono voluti meno di 16 mesi perché la catena delle conseguenze si concludesse. Quando si tratta di giustizia per la fauna selvatica, il Sudafrica ha così tanto da imparare dal Mozambico» ha commentato Jamie Joseph, fondatrice di Saving the Wild, da sempre in lotta contro i poteri forti che sostengono illegalmente il bracconaggio in Sudafrica, tanto che a breve inizieranno le riprese di un film dedicato alla sua storia prodotto dalla fortunata interprete della Barbie cinematografica, Margot Robbie.

La vendita di parti di animali protetti tra cui soprattutto leoni, elefanti e rinoceronti, è una pratica che trova una forte richiesta da parte dei paesi orientali come la Cina e del sud est asiatico, soprattutto il Vietnam dove i resti di animali vengono utilizzati per la produzione di medicinali e di amuleti. Il commercio clandestino di corni di rinoceronte e di zanne di elefanti, oltre a rappresentare un traffico illegale dalle proporzioni economiche enormi, sta avendo delle inarrestabili ricadute anche sulla conservazione della fauna selvatica, come ha ad esempio testimoniato lo  studio sugli elefanti africani (Loxodonta africana) condotto dalla Colorado State University e da Save the Elephants che ha dimostrato che i giovani elefanti rimasti orfani a causa dei bracconieri hanno meno possibilità di sopravvivere e che questo impatta negativamente sulla crescita della popolazione. Così come i ricercatori dell'Università di Cambridge in uno studio pubblicato sulla rivista People and Nature hanno misurato la variazione della grandezza dei corni dei rinoceronti visionando archivi fotografici con immagini che vanno dal 1886 al 2018, scoprendo che la grandezza dei corni di questi animali è diminuita in un secolo di caccia e bracconaggio.

Ma il massacro degli animali selvatici per il commercio delle loro parti non si esaurisce soltanto della risposta alla continua richiesta che arriva dall’oriente e dal sud est asiatico. Come Kodami ha infatti raccontato e mostrato attraverso un’approfondita videoinchiesta realizzata sotto copertura nella più grande fiera della caccia d'Europa che si tiene ogni anno a Dortmund,  la cosiddetta caccia al trofeo, è la tremenda pratica di massacro ancora largamente diffusa che offre la possibilità di uccidere per divertimento anche animali selvatici protetti in giro per il mondo per poter esibire le corna di un cervo sul caminetto di casa o trasformare in un macabro tavolino da salotto la zampa di elefante.

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Una pratica in cui l'Unione Europea gioca un ruolo chiave, essendo il secondo più grande importatore di trofei di caccia di specie selvatica nel mondo dopo gli Stati Uniti, e che è stata anche al centro della mostra fotografica “Natura Morta. In Consegna" organizzata da Humane Society International/Europe alla Camera dei Deputati e il cui evento di presentazione è stato moderato dalla direttrice di Kodami, Diana Letizia. La mostra evidenzia l’impatto di questo commecio, ancora legale in molti paesi tra cui l'Italia, la pericolosità per gli sforzi di conservazione e per la tutela degli ecosistemi, della biodiversità e dell’ambiente e l’assenza di benefici economici per le comunità locali.

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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