Lo hanno ribattezzato “il Padrino”, ed è considerato uno dei più potenti boss del commercio illegale di animali selvatici: dopo cinque anni di indagini Teo Boon Ching, malese, 58 anni, è stato condannato a 18 mesi di carcere da un tribunale di New York per traffico su larga scala di corni di rinoceronte.
La reale portata dei suoi traffici era stata portata alla luce nel 2018 dall’Environmental Investigation Agency (EIA UK) con sede a Londra, che nel corso delle indagini ha raccolto un’enorme mole di informazioni sul suo modus operandi e sulle sue attività e le ha trasmesse agli agenti di polizia statunitensi. Lo scorso ottobre Teo Boon Ching è stato estradato dalla Thailandia negli Stati Uniti, e portato davanti a un tribunale per rispondere delle accuse di associazione a delinquere finalizzata al traffico di animali selvatici, promozione del riciclaggio di denaro e occultamento di riciclaggio di denaro.
Il 19 settembre il giudice distrettuale americano Paul A. Crotty ha emesso la sentenza tanto attesa: 18 mesi di carcere. Un risultato encomiabile, ha detto la direttrice esecutiva dell’EIA UK, Mary Rice, aggiungendo che «la condanna taglia fuori un attore chiave dal business estremamente redditizio del traffico di animali selvatici. Le reti della criminalità organizzata cinese e vietnamita sfruttano da tempo la Malesia e altri paesi del sud-est asiatico come snodi di transito per il contrabbando di prodotti selvatici illegali dall’Africa all’Asia. L’incarcerazione di Teo Boon Ching e le relative sanzioni del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti contro di lui e la sua presunta organizzazione di trafficanti costituiscono un duro colpo alla loro capacità di operare».
Agendo dall’Asia e portando avanti numerose operazioni in Malesia e Thailandia, Teo è stato direttamente coinvolto nel traffico e nel contrabbando internazionale su larga scala di corni di rinoceronte, avorio e scaglie di pangolino. Il suo arresto è avvenuto in seguito a un’operazione top secret in cui aveva organizzato di trasportare, distribuire, vendere e contrabbandare almeno 219 chilogrammi di corni di rinoceronte, che sul mercato avrebbero fruttato oltre 2,1 milioni di dollari.
Le indagini dell’EIA hanno stabilito che Teo è coinvolto nel commercio illegale transnazionale di animali selvatici da oltre due decenni, fornendo servizi di occultamento e imballaggio a una serie di reti criminali coinvolte nel contrabbando di avorio di elefante, corni di rinoceronte e scaglie di pangolino in Asia attraverso i porti della Malesia. Era apparso per la prima volta nei radar delle forze dell’ordine nel 2015, proprio per traffico di avorio, ed erano stati gli investigatori sotto copertura dell’EIA a documentare il suo ruolo di trasportatore specializzato, che affiancava le organizzazioni criminali vietnamiti e cinesi. Proprio davanti agli investigatori, ignaro della loro reale identità, Teo si era vantato di avere trafugato 80 container da un Paese all’altro, riuscendo a farne sequestrare soltanto uno, e di avere avuto un ruolo fondamentale nella logistica per il recupero di due spedizioni di scaglie di pangolino legate al sequestro di 7,2 tonnellate di avorio di elefante, avvenuto a Hong Kong nel luglio 2017.
Sulla base delle indagini dell'EIA, si credeva che Teo avesse forti legami con i funzionari doganali del porto di Johor, che consentivano ai suoi clienti di entrare nei magazzini per verificare le merci una volta che le spedizioni di fauna selvatica erano arrivate in Malesia. Una volta passata la dogana, le spedizioni venivano spostate nel magazzino di Teo per essere reimballate in più pacchi standard per il trasporto aereo. Aveva inoltre stabilito forti legami con individui coinvolti nell'acquisizione e nella distribuzione di prodotti illeciti legati alla fauna selvatica in Malesia, Vietnam, Cina e Laos.
Il commercio illegale di animali selvatici, e di parte dei loro corpi, è una piaga che ha ridotto numerose specie sull’orlo dell’estinzione e che ogni anno genera un fiume di soldi sporchi di sangue. È il caso dei pangolini, massacrati per le loro scaglie: pur trattandosi di una specie dichiarata vulnerabili e in pericolo di estinzione, e anche se dal 2017 il divieto di commercio internazionale sia stato approvato da 183 Paesi appartenenti alla CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione), fra il 2000 e il 2019 ne sono stati comunque uccisi circa 895.000 pangolini, un numero tra l’altro sottostimato. Anche i rinoceronti sono stati massacrati per il loro corno, tanto da spingere i governi dei Paesi più colpiti ad adottare la tecnica del taglio parziale del corno come misura anti-bracconaggio. Tra le altre specie maggiormente minacciate dai bracconieri ci sono poi gli elefanti, presi di mira per le loro zanne d’avorio.