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13 Gennaio 2021
9:13

Traffici illegali e violenza: uccisi sei ranger al Virunga National Park

Sei ranger sono stati uccisi in un'imboscata nel Viruga National Park, nella Repubblica Democratica del Congo. Ultimo passo di una strategia della tensione che i gruppi ribelli locali continuano a perpetrare. Le grandi ricchezze e l’enorme profitto che produce rappresentano infatti una fonte di guadagno irrinunciabile in un paese poverissimo. In 25 anni già uccisi 200 ranger. Pericoli anche per i civili e i turisti.

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Giornalista
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Sei ranger sono stati uccisi all’alba di domenica 10 gennaio 2021 in un’imboscata che li ha sorpresi mentre erano in pattuglia, a piedi, all’interno del Virunga National Park, il primo parco nazionale africano istituito in Congo nel 1925 e patrimonio mondiale dell’Unesco. Avevano tra i 25 e i 30 anni e, come ogni giorno, perlustravano la lussureggiante natura di questo angolo famoso in tutto il mondo, 7.800 chilometri quadrati tra Uganda e Ruanda, per l'eccezionale fauna selvatica, compreso un cospicuo gruppo di gorilla di montagna.

Sei ranger tra i 689 attualmente in servizio: tutti uomini e donne selezionati da città e villaggi congolesi e addestrati duramente per difendere un territorio prezioso, vulnerabile e molto ambito per la sua ricchezza naturale e per la sua capacità di produrre un reddito di circa 175 milioni di dollari l’anno. Un reddito stratosferico in un paese dove oltre il 90% della popolazione sopravvive al di sotto della soglia di povertà estrema definita dalla Banca Mondiale a 1,9 dollari americani al giorno per persona. Un paese dove la miseria è tale che molti dei più poveri sono completamente esclusi dall'economia monetaria e il lavoro quotidiano è spesso pagato con cibo o prodotti agricoli.

Oltre 200 ranger uccisi in 25 anni

Non è la prima volta che i ranger vengono colpiti così duramente: oltre 200 sono stati uccisi infatti durante il servizio negli ultimi 25 anni.  «L'attacco – spiega il Virunga Park –  è avvenuto nei pressi di Kabuendo, che si trova vicino al confine del Parco, nel settore Centrale, tra Nyamilima e Niamitwitwi. Le indagini preliminari indicano che i Rangers sono stati colti di sorpresa e non hanno avuto la possibilità di difendersi e che i responsabili dell'attacco sono i gruppi Mai-Mai». Ancora una volta, quindi, tornano fra i più probabili sospettati i gruppi ribelli locali. «Quest’area – spiegano ancora dal parco – è stata profondamente influenzata dagli effetti della guerra e dei conflitti armati per oltre 20 anni. Accanto alla fondamentale opera di conservazione, il Parco si impegna a sostenere le comunità locali, lavorando per sfruttare in modo responsabile le risorse naturali e per creare nuove opportunità per i quattro milioni di persone che vivono a un giorno di cammino dai suoi confini». Intanto «il parco rimane chiuso ai turisti in questo momento a causa dell'epidemia di covid-19 e della necessità di proteggere la popolazione dei gorilla di montagna in via d'estinzione e le comunità circostanti da qualsiasi potenziale trasmissione della malattia». La speranza è di riaprire ai turisti nel prossimo futuro, ma solo quando sarà sicuro farlo.

I traffici illegali che ruotano attorno al Parco

La violenza con cui vengono costantemente attaccati i ranger addestrati per difendere un territorio così prezioso gira sempre intorno al denaro. «Oltre 100 mila persone traggono il loro sostentamento diretto da attività illegali che ruotano intorno al parco. Circa 50 milioni di dollari, dei 175 milioni annuali di reddito prodotti dal parco, contribuiscono alla ricchezza dei gruppi di milizie irregolari. Sono soldi che arrivano da rapimenti, rapine e omicidi ma anche da pedaggi illegali riscossi presso le barriere stradali informali del parco». Bracconaggio, avorio, legno, carbone sono le grandi fonti di ricchezza che attraggono l’illegalità. «Il degrado degli habitat naturali, in particolare la deforestazione e la produzione illegale di colture, sono gli altri gravi problemi che colpiscono un quinto della superficie del parco, dove gruppi armati estorcono pagamenti di “protezione” a chi coltiva i raccolti entro i confini del Parco stesso».

A rischio anche i civili e i turisti

I gruppi armati locali agiscono all’interno e nei dintorni del parco raccogliendo circa 3.000 persone. «Questi gruppi si impegnano in attività criminali, tra cui il traffico di carbone, la pesca e l'agricoltura illegale, il bracconaggio per avorio e carne selvatica, il rapimento e l'estorsione – spiega un portavoce del Virunga Park – I civili sono le prime vittime dei gruppi armati, anche attraverso rapimenti e attacchi. In un recente rapporto, il Kivu Security Tracker stima che 3 mila incidenti hanno causato la morte di oltre 6 mila persone tra il 2017 e il 2019 nel Kivu meridionale e settentrionale. Ogni anno vengono inoltre registrati centinaia di casi di rapimento. Human Right Watch ha pubblicato un'indagine approfondita per il periodo 2017-2020 in particolare nell'area di Rutshuru in particolare».

Il rilancio dell’economia locale e i conflitti con i gruppo armati

Nessun dubbio quindi secondo il Virunga Park che proprio in occasione di quest’ultimo massacro ha dichiarato: «Ci sono più gruppi armati che operano all'interno e intorno alla periferia del Parco nazionale di Virunga, cercando di controllare il traffico illegale di risorse e favorire l'instabilità nell'area, per continuare nelle loro attività illegali. Il Parco ha un'ambiziosa strategia di sviluppo per sfruttare le sue risorse e sostenere lo sviluppo socioeconomico della regione, fornendo opportunità economiche per le comunità che circondano il Parco. Questa strategia minaccia le operazioni dei vari gruppi armati». E la loro risposta, ancora una volta, è stata precisa, violenta e senza condizioni.

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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