«Pablo e Totò stanno rinascendo da quando sono qui». Le parole di Barbara Laverde, volontaria nel canile Dog's Town di Pignataro Maggiore dove sono ospitati i due Pitbull della tragedia di Eboli, risuonano nell'area di sgambo dove fino a pochi minuti fa entrambi i cani hanno di nuovo toccato con le zampe l'erba dopo essere usciti per la prima volta dai box.
Sentir parlare di rinascita e dunque di vita, dopo l'episodio orribile che ha portato alla morte di un bambino di poco più di un anno e in un luogo in cui insieme ai due Terrier di tipo Bull ci sono altri 500 cani condannati alla vita in canile, porta un vento di speranza che attraversa le inferriate dei box. In un attimo di silenzio, che a volte nei canili si prolunga in uno stato di calma soprattutto quando non c'è passaggio umano e le distanze tra i box consentono di avere un po' di serenità, anche i cani sembrano voler ascoltare come sta proseguendo la storia di quei loro simili su cui fino a pochi giorni fa l'attenzione mediatica e dunque pubblica era ossessivamente puntata su di loro.
Ma ora i riflettori si stanno spegnendo e nessuno sembra già più interessato nemmeno a sapere chi poi realmente pagherà per la morte di un bambino di poco più di un anno, figuriamoci del destino di due animali. Per giunta etichettati come "pericolosi assassini", soprattutto perché appartenenti a una tipologia che spesso, purtroppo, è protagonista di terribili casi di cronaca ma di cui poi alla fine poco si parla per spiegare che la responsabilità è in capo a noi umani e non certo a soggetti che sono dotati di una grande emotività che va conosciuta e gestita.
«In questi 15 giorni abbiamo visto un cambiamento radicale. Pablo e Totò iniziano a socializzare anche con gli estranei e si fidano soprattutto di Gabriele, l'operatore che con loro ha stretto amicizia. Quando io arrivo mi chiamano da lontano, sanno che gli porto sempre qualcosa di buono. Sono diventati dei cani tranquilli rispetto ai primi giorni in cui erano chiaramente impauriti e interagiscono con noi. È un buon inizio per recuperarli e spero si troverà una famiglia adatta alle loro esigenze».
Gabriele è un ragazzo silenzioso e gentile. Dai suoi occhi traspare un mondo interiore in cui Pablo e Totò hanno trovato un luogo in cui abitare. Quando arriva accanto ai box, i due Pitbull guaiscono e le loro code si muovono in sintonia. «Ho sempre amato questa tipologia di cani, sento la loro fragilità e la loro forza contemporaneamente, li rispetto e non gli chiedo altro che fiducia», dice a bassa voce e poi si concentra su di loro e su quello che sta per fare: consentire ai due cani di uscire dal limbo nel quale sono finiti per tornare ad annusare la vita fuori dai box in cui sono confinati da quando sono stati separati dalla loro realtà quotidiana. Entra con calma nel box di Pablo che ha completamente cambiato assetto emotivo rispetto alla prima volta che eravamo andati a trovarli.
«All'inizio rimaneva nella parte coperta, ringhiando – spiega Giovanni Ferrara, veterinario e responsabile della struttura – ma già dai primi giorni ha iniziato a legarsi a Gabriele». La comunicazione di Pablo, infatti, come del resto lo era quando esprimeva con il ringhio la sua preoccupazione nel trovarsi in un luogo sconosciuto e di fronte a estranei e così avvertendoli proprio per evitare uno "scontro diretto", è chiara anche questa volta: è sereno e i saluti con Gabriele sono tranquilli, si lascia mettere il collare e esce dalla "gabbia" con grande calma, annusando subito a terra e camminando accanto all'operatore. Intanto, nel box accanto, Totò guaisce, si agita, chiede a suo modo "cosa sta succedendo" e si vede che è in uno stato emotivo di ansia e preoccupazione.
Pablo e Gabriele si avviano così verso l'area di sgambo, dove il Pitbull annusa il luogo in cui adesso si trova allargandone i confini, scoprendo che ci sono zone che non conosceva con la vista mentre le sue narici catturano informazioni. È lì che Barbara per la prima volta interagisce con lui che l'ha chiamata con lo sguardo, vedendola passare mentre stava andando da un box all'altro per la cura degli altri cani. Il momento dell'incontro con la volontaria è un'altra fotografia che racconta, nel qui ed ora, chi è questo animale dallo sguardo intenso che con il suo atteggiamento dimostra una calma interiore che mai e poi mai potrebbe far pensare a quello che è successo e, soprattutto, mostra un Terrier di tipo Bull riflessivo e ben affiliato alla persona che lo sta conducendo in passeggiata.
«Mi dispiace tantissimo per quell'anima innocente che non c'entrava niente – dice Barbara, dopo aver accarezzato Pablo che si lascia cullare dal suono di quella voce che ben conosce – La mia opinione modesta è che questo tipo di cani, ma anche un meticcio di 10 chili, vanno troppo spesso a finire in mani sbagliate ed ecco che succedono tragedie da cui non si può tornare indietro. Non è il primo caso e purtroppo non sarà l'ultimo. I cani vanno gestiti in maniera corretta, dovremmo insegnare sin da piccoli ai nostri figli il rispetto verso l'animale in sé. Da mamma dico che è atroce quello che è successo, da volontaria sottolineo che i cani c'entrano fino a un certo punto: nessuno ci obbliga a prenderli e ora oltre alla morte di un bimbo innocente di sono due Pitbull "in prigione" che non possono dire cosa è successo realmente».
Quando tocca a Totò uscire dal box il suo livello di eccitazione è alto, come però quello che chiunque operi un canile e abbia a che fare con i Terrier di tipo Bull riscontra in questo tipo di soggetti. Gabriele comunque non ha problemi nemmeno con lui a mettergli il collare: è bravo nel giostrarsi con la corda e soprattutto nel trasmettere calma al cane, mentre quest'ultimo cerca di scaricare la tensione emotiva mordendo il guinzaglio. «Anche in questo comportamento non vedo nulla di patologico – sottolinea Ferrara – Io non sono un esperto, sebbene abbia ottenuto il master in etologia canina per veterinari all'Università di Pisa. Siamo ancora in attesa della decisione del magistrato perché vengano entrambi appunto valutati da chi di dovere, ma vedere la reazione di Totò che si emoziona perché anche lui per la prima volta sta passeggiando mi fa pensare che non c'è nulla di eccessivo nel modo in cui si sta esprimendo».
E così è anche ai nostri occhi, nella consapevolezza delle caratteristiche di questa tipologia di cani ma anche della vita in generale in canili in cui le interazioni e i momenti di svago, a causa del numero di ospiti, sono pochi. «In queste prime settimane li abbiamo visti cambiare, per quel che è nelle nostre possibilità stiamo facendo del nostro meglio per consentirgli una certa serenità e entrambi hanno risposto bene al cambiamento. C'è da dire – conclude Ferrara – che il canile sottopone gli animali a quello che possiamo definire un "regime carcerario" al quale nessuno dovrebbe essere sottoposto, ma io conto che la situazione di Pablo e Totò si sblocchi al più presto. Ci sono diverse associazioni che hanno fatto richiesta alla magistratura di poterli avere in affidamento e io dico che anche dei cittadini privati, con le giuste caratteristiche e seguiti in un percorso di adozione responsabile, potrebbero dare un futuro a questi cani. L'importante, però, è che avvenga al più presto la valutazione comportamentale».
L'uscita dei cani dal box è avvenuta dopo la fine del sequestro sanitario (sono ora ancora sottoposti a quello giudiziario) e sul prossimo futuro dei Pitbull di Eboli pende appunto ancora l'autorizzazione del magistrato perché vi sia l'intervento di un veterinario esperto in comportamento per poter poi procedere anche all'affidamento ad associazioni o a un percorso di riabilitazione con un istruttore competente. Il responsabile dell'Unità Operativa Veterinaria dell'Asl di Salerno per il distretto di Eboli-Battipaglia, Luigi Morena, aveva spiegato infatti a Kodami: «Come Asl abbiamo messo gli animali sotto sequestro sanitario, e il magistrato lo ha avallato. Quando questo termine sarà concluso la decisione sul loro destino spetterà a lui. In ogni caso siamo decisi a chiamare un veterinario comportamentalista».
Mentre anche Totò rientra nel box, il pensiero va dunque a quello che accade ora, a partire proprio dal momento in cui la porta di ferro si chiude di nuovo isolando anche lui, come suo fratello Pablo, nei pochi metri quadrati in cui si svolge adesso la loro esistenza. Giorni uguali a quelli di altri "compagni di carcere" che vivono a poche annusate da loro, giorni lenti e privi di interazioni e odori se non quelli che arrivano appunto da conspecifici che soffrono quanto loro la vita in canile e dai momenti in cui Gabriele tornerà a salutarli e a passare un po' di tempo insieme.
In attesa della magistratura, dunque, a cui va anche l'appello di Kodami perché si possa procedere rapidamente al nulla osta per la valutazione e poi all'affidamento dei cani a associazioni adeguate e competenti, andando via tra i latrati e gli abbai la percezione di tutta questa storia è che ci siano anche altri attori che non stanno partecipando perché questi cani diventino l'esempio, almeno, di ciò che non deve più accadere. La grande assente è, in fondo, la società civile, che tale può essere definita solo e soltanto nel momento in cui si comprenderà che vivere con un cane non può essere più considerato solo "un diritto" ma anche un dovere.
E perché ciò avvenga sta a chi di competenza, dalle istituzioni alle stesse associazioni di categoria (veterinari esperti in comportamento in primis) pretendere che qualcosa cambi a livello legislativo nel percorso di adozione o di acquisto di un cane, che sia un Pitbull o un Chihuahua.
Ancora una volta, infatti, dopo questo caso tragico si sta discutendo sul patentino per i cani "potenzialmente pericolosi" ma noi pensiamo che sia arrivato il momento di mettere tutti i soggetti coinvolti di fronte al dato di fatto che i canili sono strapieni di ogni tipologia di cani e questo è il chiaro esempio che è il sistema relazione che non sta funzionando e ciò, alla fin fine, riguarda il ruolo stesso che viene dato oggi al cane nella società moderna, purtroppo legato ancora all'idea che si tratti di un oggetto che può essere preso e abbandonato quando poi le cose non vanno come ci si immaginava.
E a volte, come purtroppo il caso di Totò e Pablo dimostrano, l'inconsapevolezza e la superficialità generano mostri che non sono i cani ma coloro che non hanno badato a ciò che c'è di più importante e sacro: la vita in ogni sua forma.