Pochi giorni fa, sul sito ufficiale della città Toronto, in Canada, è stato pubblicato un report riguardante la situazione della convivenza tra uomo e procioni in città. Il report della Toronto Public Health denuncia un aumento del 62% nel numero aggressioni da procione nel periodo che va da gennaio 2020 a febbraio 2021, rispetto ai due anni precedenti. Oltre ai procioni, gli abitanti sono abituati a convivere con molte altre specie. Questi insospettabili abitanti però sono stati attratti dai bidoni della spazzatura che, essendo facili da aprire, mettono a disposizione abbondanti e continue risorse alimentari permettendo al "panda della spazzatura", come lo chiamano i cittadini, di diffondersi nei quartieri fino a far guadagnare a Toronto il titolo di "Capitale mondiale del procione".
Perché sono aumentate le aggressioni dei procioni
Il report del Toronto Public Health (TPH) sottolinea che a causare l'aumento delle aggressioni da parte dell'animale non sia stato un cambio di comportamento dei procioni, bensì il cambio di abitudini quotidiane da parte degli abitanti umani, costretti dalla pandemia in corso a trascorrere più tempo in casa e obbligati a svolgere attività sportive nei pressi delle proprie abitazioni, aumentando così il numero di incontri tra gli uomini e i procioni che si aggirano tra le case alla ricerca di cibo.
La città canadese non esita inoltre a pubblicare un importante dato riguardante l'aumento esponenziale di procioni accolti dai servizi di cura della fauna selvatica della città. Nel 2020 infatti i procioni malati o feriti curati nei cosiddetti Animal services sono stati 13.712 contro i 4.172 del 2019. Anche questo fattore però, secondo il TPH non è causato da un aumento delle malattie dell'animale, bensì ancora una volta da un aumento degli avvistamenti dati dalla maggiore presenza in casa dei cittadini.
Il vademecum sui procioni per i cittadini di Toronto
Il Toronto Public Health non si limita a trattare il numero di aggressioni denunciate nell'ultimo anno e le potenziali cause, ma anche di informare la cittadinanza con la pubblicazione di un vademecum sul comportamento corretto da tenere, chiedendo di non toccare gli animali selvatici e di mantenere le distanze da specie che, pur abitando a stretto contatto con gli umani, rimangono selvatiche e, come tali, possono rappresentare un veicolo di trasmissione di diverse malattie tra cui la rabbia. Sempre secondo quanto riportato dal Toronto Public Health, fin dal 1997 però non si sono mai verificati casi di questa malattia in città. Tra i comportamenti da tenere viene ricordato quanto sia importante evitare di dare da mangiare ai procioni, i quali rischiano di abituarsi a ricevere il cibo dall'uomo, incrementando così gli incontri con lo scopo di nutrirsi. Inoltre, il TPH chiede ai cittadini di non lasciare il cibo per gli animali domestici all'aperto nei pressi dell'abitazione né rifiuti alimentari in luoghi raggiungibili dall'animale e sottolinea infine la necessità di posizionare il bidone dell'umido fuori dalla porta di casa al mattino e recuperarlo prima della notte, il momento in cui il procione si dedica più spesso alla caccia.
Il piano ISPRA per i procioni in Italia
Se la città canadese ha scelto di informare i cittadini in maniera chiara e diretta in modo da migliorare la convivenza pacifica con gli animali, di tutt'altro stile è stata la gestione da parte del Parco dell'Adda Nord in provincia di Bergamo, dove il procione è arrivato per mano dell'uomo e rappresenta quindi, secondo il piano Nazionale di gestione del Procione pubblicato dall'Istituto Superiore di Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA), un rischio per la biodiversità nella zona. Per questo motivo, a partire dal 2016 una collaborazione tra Università degli studi dell’Insubria, il Parco Regionale Adda Nord e l'Università degli studi di Milano si è occupata del progetto di eradicazione. All'interno del Piano Nazionale, pubblicato nel maggio 2020, viene dichiarato il metodo di cattura tramite disposizione di trappole sul territorio e viene inoltre descritto il metodo di uccisione: «La trappola contenente il procione viene posizionata all’interno di un compartimento rigido di grandezza appena superiore, nel quale l’animale verrà sottoposto a soppressione eutanasica mediante eccesso di CO2».
La metodologia di soppressione individuata da ISPRA è quindi quella della gassificazione e ad oggi secondo i dati pubblicati dall'Università dell'Insubria, risulta essere stata effettuata su 73 individui (30 maschi e 43 femmine). Il metodo scelto da ISPRA non è però l'unico possibile secondo la Lega Anti Viviesezione (LAV) che da molto tempo propone alternative per l'eradicazione basata sulla sterilizzazione, come aveva fatto in precedenza per la gestione delle nutrie. Grazia Parolari, responsabile dell'area "Fauna Selvatica" per LAV Bergamo, ha seguito per anni la questione del procione in Lombardia e racconta: «Nonostante la nostra proposta comprendesse un progetto concreto basato sulla sterilizzazione e sull'utilizzo di metodi non cruenti e non eccessivamente costosi, non abbiamo mai rilevato interesse ad ascoltarci da parte delle istituzioni, che hanno continuato, anche questa volta, ad intervenire mediante gassificazione sebbene si tratti di un metodo cruento».