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17 Marzo 2022
15:34

Tornare in vita come una fenice: la storia dell’orice d’Arabia

L'orice d'Arabia, uno degli animali più rappresentativi della fauna del Vicino Oriente è riuscita negli ultimi decenni a salvarsi dall'estinzione totale. Per scongiurare futuri pericoli, i ricercatori stanno analizzando la diversità genetica delle popolazioni naturali.

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Era stato dichiarato estinto in natura nel 1972 a causa di caccia indiscriminata e bracconaggio, oggi invece le sue popolazioni selvatiche contano più di 1200 esemplari liberi. È la storia dell'orice d'Arabia, importantissima icona culturale della penisola araba, fortunatamente scampata all'oblio nel corso degli ultimi cinquant'anni grazie a fortunati progetti di conservazione.

Ma i pericoli non sono del tutto cessati: la poca variabilità genetica dovuta al basso numero di individui raggiunto il secolo scorso rischia in futuro di far emergere pericolose malattie ereditarie, come succede spesso negli incroci tra consanguinei.

Per scongiurare il problema, un team internazionale guidato dall'Università di Sydney ha intrapreso con successo un progetto di decodifica del DNA dell'orice d'Arabia. I dati genetici serviranno a strutturare i programmi di riproduzione. Lo studio è stato pubblicato su The Royal Society Open Science.

Un emblema della cultura araba

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L'orice d'Arabia (Oryx leucoryx) è una maestosa antilope originaria delle aree desertiche del vicino oriente, caratterizzata da lunghissime corna che possono raggiungere il metro. Per la sua resistenza e per la capacità di sopravvivere in un ambiente così estremo, è divenuto nel corso dei secoli un vero e proprio emblema della cultura araba. Nonostante fosse comunissima fino al XX secolo,  la specie si estinse in natura nel 1972, dopo un vertiginoso aumento della caccia negli anni 30.

Fortunatamente però, l'animale è sopravvissuto in cattività alla totale scomparsa dal pianeta, grazie ad alcuni progetti di riproduzione presso alcuni giardini zoologici come lo zoo di Phoenix e a collezionisti privati ​​in Arabia Saudita.

Un decennio dopo, la specie è stata reintrodotta in natura divenendo il primo animale ad essere salvato dopo l'estinzione. Oggi le popolazioni selvatiche contano più di 1.200 animali in tutto il mondo, principalmente nella penisola arabica, ed oltre 6.000-7.000 animali in cattività, 600 dei quali si trovano nella riserva naturale di Al-Wusta, in Oman.

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La riserva naturale di Al–Wusta in Oman

Secondo la Lista rossa delle specie minacciate della IUCN, l'orice d'Arabia continua ad affrontare un alto rischio di estinzione in natura. Eppure, fino ad ora, non sono state ideate strategie di allevamento che tengano conto della bassa diversità genetica. Il professor Jaime Gongora e colleghi hanno deciso di affrontare questo problema analizzando il genoma della popolazione e proponendo strategie di allevamento basate sui risultati.

I ricercatori hanno raccolto e codificato campioni genetici da 138 esemplari presso la Riserva naturale di Al-Wusta, nonché 36 campioni storici dello zoo di Phoenix. In particolare si sono focalizzati sul DNA mitocondriale ereditato dalla madre e sui polimorfismi a singolo nucleotide ereditati da entrambi i genitori.

Con loro sollievo, il pool genetico dell'orice arabo era moderatamente diverso, il che significa che le mandrie possono rispondere agli ambienti mutevoli e mantenere una buona salute. Infatti, al 58% della diversità totale, la popolazione attuale è geneticamente più diversificatà di quelle storiche. «Ciò significa che le strategie di conservazione basate sull'accoppiamento casuale potrebbero avere un ragionevole successo», ha affermato il professor Gongora.

Eppure ci sono margini di miglioramento: i ricercatori hanno individuato tre gruppi ancestrali, ma la loro genetica non è distribuita uniformemente tra le mandrie naturali odierne. Sulla base di ciò, suggeriscono una strategia di allevamento mirata in base alla quale le femmine possono riprodursi con maschi di altri lignaggi genetici: per garantire la sopravvivenza della specie, è importante rafforzare la diversità futura.

«C'è di più nella sopravvivenza dell'orice arabo che la sua mera conservazione», ha detto il Professore Associato Gongora. «La specie ha da sempre un forte significato culturale in Arabia Saudita, Oman, Qatar e Emirati Arabi Uniti grazie alle sue caratteristiche fisiche uniche e alla sua forza, che gli consentono di vivere in ambienti desertici ostili. Ecco perché stiamo lavorando così duramente per assicurarci che sopravviva, per l'orice stesso e per mantenere viva questa connessione culturale».

Inoltre secondo gli esperti questo lavoro su una specie così iconica potrebbe fungere da punto di riferimento per la sostenibilità a lungo termine di altri programmi di conservazione, come quelli riguardanti la gazzella delle sabbie (Gazella marica), la gazzella di montagna (Gazella gazella) e lo stambecco nubiano (Capra nubiana).

Adattamenti al deserto

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Orice arabo

L'orice d'Arabia cambia alcuni aspetti fisiologici e comportamentali in diversi periodi dell'anno per aumentare la sopravvivenza durante i periodi in cui cibo e acqua scarseggiano. Durante l'estate, quando la siccità è comune negli ambienti desertici in cui vive, l'animale riduce drasticamente il suo tasso metabolico rimanendo completamente inattivo all'ombra degli alberi durante il giorno e spostandosi in aree più piccole di notte per cercare cibo. La temperatura del sangue arterioso dell'orice è in parte abbassata da una rete di piccoli vasi arteriosi di ampia superficie chiamata rete mirabile, che si dirama dalle due arterie carotidi al cervello e consente lo scambio di calore tra il sangue caldo e il sangue più freddo nella cavità del seno.

Grazie a questi adattamenti, è stato dimostrato che l'orice può ridurre il volume delle urine, la perdita di acqua fecale e il tasso metabolico a riposo di almeno il 50%, dimostrando quanto sia efficiente nel sopravvivere in ambienti estremamente aridi.

Inoltre possono viaggiare per 75 km al giorno alla ricerca di cibo e sono noti per il loro "sesto senso": possono percepire la posizione della pioggia in arrivo e spostarsi verso di essa per bere, oltre a consumare piante che prosperano in condizioni di umidità, come le acacie. Con una durata della vita compresa tra 15 e 20 anni, sono una fonte di cibo chiave per altre specie nella penisola arabica, tra cui iene striate (Hyaena hyaena) e lupi arabi (Canis lupus arabs).

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