Sequestrati 84 uccelli detenuti e commercializzati illegalmente. Alcuni venivano maltrattati e costretti a vivere in gabbie piccole e inadeguate, sempre a contatto con i propri escrementi. È il risultato dell'operazione condotta dai Carabinieri Forestali del Nipaaf e dal Nucleo Carabinieri CITES di Ancona nell'ambito di una serie di ispezioni volute dalla Procura della Repubblica di Ancona per contrastare un presunto traffico di uccelli da richiamo per uso venatorio.
Sotto la lente d'ingrandimento delle Forze dell'ordine sono finiti un allevatore e cinque cacciatori residenti nelle Marche e in Umbria. Le indagini hanno consentito di accertare, a carico dell'allevatore residente in Provincia di Ancona, la presenza di 43 richiami vivi, tra cui tordi, merli e cesene, i quali risultavano detenuti abusivamente. Si tratta di uccelli che i cacciatori portano all'interno di una gabbietta per rendere la caccia più facile: l'uccello infatti cantando richiama i suoi simili.
I richiami vivi sono legali, ma per essere usati a questo scopo gli uccelli devono venire da allevamenti, e non strappati al loro habitat naturale, e devono ricevere entro i primi giorni di vita un anellino inamovibile alla zampa, così che sia possibile tenere traccia, ed evitare casi di bracconaggio. Si tratta di una marcatura individuale considerato come un vero e proprio sigillo.
Gli uccelli rinvenuti ad Ancona invece avevano gli anelli «manomessi e alterati nella loro forma e dimensioni», hanno fatto sapere i militari. Le indagini, successivamente, hanno permesso di accertare la vendita illecita di 41 uccelli da richiamo a carico 5 cacciatori residenti in Provincia di Ancona e Perugia, apparentemente ignari di aver ricevuto uccelli di provenienza illegale.
Un giro d’affari annuo di circa 20 mila euro, considerato che l’allevatore risultava commercializzare circa 200 esemplari all’anno, ad un prezzo compreso tra i 50 e i 200 euro ognuno.
Le indagini hanno anche verificato il benessere degli animali. Con l’aiuto di un medico veterinario esperto nel settore sono state eseguite ispezioni che hanno consentito di accertare che numerosi volatili erano costretti a vivere in gabbiette di dimensioni non idonee e contaminate da escrementi. Le gabbiette in cui gli uccelli erano costretti a vivere non consentivano loro nemmeno di volare.
A chiusura delle indagini preliminari l’allevatore indagato è stato denunciato per i reati di maltrattamento degli animali, detenzione e commercio di fauna selvatica in violazione della legge n. 157/1992, contraffazione di sigilli di Stato e frode nell’esercizio del commercio e rischia pene che vanno da uno a cinque anni di reclusione.
«Il traffico di uccelli da richiamo per uso venatorio – hanno ricordato i militari – è uno dei principali crimini riguardanti la fauna selvatica italiana, molti animali vengono illegalmente catturati in natura e commercializzati spacciandoli per animali invece nati in cattività. Gli animali catturati o acquisiti illegalmente vengono dotati di anelli inamovibili contraffatti attestanti la loro nascita in allevamenti controllati. Gli anelli, considerati dei veri e propri sigilli di Stato vengono manipolati ed allargati dai trafficanti per essere poi infilati nelle zampe degli uccelli così da comprovarne falsamente la nascita in cattività».