Una multa di circa 125 euro per chi nutre cani e gatti randagi. È la durissima legge che vige a Dubai, perla del deserto degli Emirati Arabi Uniti così ricca da far invidia a molti paesi nel mondo eppure così ferrea e determinata nel maltrattare i suoi animali randagi, tanto da impedire fisicamente ai volontari di prendersene cura.
Un paese che potrebbe fare moltissimo, considerando le risorse a disposizione, ma che invece ha preferito in alcune situazioni la tolleranza zero fino addirittura alle soppressioni di massa, come accaduto in occasione dell’Expò 2020.
«Il modo in cui cani e gatti randagi vengono trattati a Dubai, così come nel resto degli Emirati Arabi Uniti, è sempre stato pessimo e disumano – spiega Valentina Bagnato, responsabile Relazioni internazionali di Oipa International – ma è peggiorato in vista dell'Expo 2020. Le autorità locali hanno deciso di ripulire le strade a spese degli animali per mostrare al resto del mondo l'efficienza, il lusso e la ricchezza della città. Gli animali non sono visti come esseri senzienti, ma come una minaccia per la salute pubblica, la sicurezza e il benessere della comunità».
In questa situazioni drammatica, sopravvive il lavoro di qualche volontario che non può far riferimento neanche ad un rifugio e che è costretto ad agire clandestinamente per non incappare nelle multe e nei tentativi di repressione. Fawaz Kanaan, che da oltre vent’anni si adopera con determinazione per nutrire centinaia di gatti randagi a Dubai, è uno di loro. Per accudire i “suoi” 400 gatti esce di notte, a volte accompagnato da un veterinario. Porta con sé i sacchi di cibo secco che riesce a procurarsi con le donazioni e a volte, come prima di Natale, organizza piccole raccolte di fondi per sterilizzare quanti più gatti possibile attraverso la sua pagina Facebook.
«Purtroppo è vero – ci racconta da Dubai poco prima di uscire in ricognizione in cerca di una gattina ferita che gli è stata segnalata tramite i social – Trattano gli animali domestici come parassiti. Nella loro mentalità cani e gatti di strada devono essere trattati come scarafaggi». È proprio lui a dirci di essere stato costretto per ben due volte a recarsi negli uffici della polizia locale per firmare una dichiarazione in cui si impegnava a non dare più da mangiare ai randagi per le strade di Dubai. «Ma io continuo ad uscire la sera tardi, con il buio».
Fawaz ci conferma che a Dubai è assolutamente vietato dar da mangiare ai randagi, occuparsi di loro come volontari e anche raccogliere fondi per sostenere queste attività. «In città si possono incontrare ovunque cartelli stradali che indicano questi divieti» ci spiega, mandando foto che lui stesso a scattato nella più famosa città degli Emirati a sud del Golfo Persico, nella Penisola araba, che conta 3 milioni e mezzo di abitanti e detiene il primato per il grattacielo più alto del mondo, il Burj Khalifa.
Arrivato dalla Siria nel 1999, Fawaz era rimasto sconvolto dalla situazione dei randagi incontrati per le strade di Dubai e da subito si era attivato per aiutarli il più possibile. Ma, dopo tanti anni di volontariato largamente documentato sulla sua pagina Facebook, Fawaz sembra molto provato dalla situazione stagnante, anche se non demotivato.
«Sto soffrendo molto per il costo del cibo e per le infinite spese veterinarie. Pochissime persone donano sottobanco perché a Dubai non è permesso raccogliere donazioni – spiega – Dubai è un paese molto ricco, potrebbero sicuramente sterilizzare i gatti e non ucciderli. Invece non c’è nessun supporto, non abbastanza donazioni e stupide regole. Non vogliono spendere soldi per i "gatti di strada”. Sono spazzatura. Questo è il loro modo di pensare ed è difficile far cambiare mentalità ad un beduino».
Una mancanza di sensibilità verso cani e gatti randagi che Dubai condivide con gli altri emirati arabi. E se Abu Dhabi è famosa per il suo Abu Dhabi Falcon Hospital (ADFH), struttura all’avanguardia che fornisce servizi sanitari veterinari esclusivamente per i falchi ed è considerato il più grande ospedale per falchi negli Emirati Arabi Uniti e nel mondo con un afflusso di oltre 110.000 pazienti dalla sua apertura nel 1999, non si può dire che le stesse attenzioni le dimostri nei confronti di cani e gatti. È noto infatti che più volte sono stati oggetto di veri e propri massacri commissionati alle cosiddette Pest Companies, cioè quelle società incaricate di sterminarli con l’obiettivo di contenere le nascite e la grande presenza di randagi nel paese. Proprio quanto successo ad ottobre con l’uccisione deliberata di centinaia di gatti lasciati morire sotto il sole del deserto, massacro cha la Bagnato aveva denunciato a Kodami.
Oipa ha più volte cercato una sponda nelle istituzioni, ma senza fortuna. «Purtroppo dalle istituzioni locali non abbiamo mai ricevuto riscontro – spiega la responsabile di Oipa International. – Abbiamo tentato anche con l’Ambasciata Italiana a Dubai cercando di promuovere un cambio di passo nelle politiche destinate agli animali. Ad ottobre del 2020 abbiamo presentato anche una breve relazione di qualche pagine che riportava alcune leggi e punti fondamentali relativi al benessere animale da poter utilizzare per interfacciarsi con le autorità locali. Nel 2022 poi avevo invece nuovamente scritto loro proponendo un "tour" con alcuni volontari locali a Dubai e Abu Dhabi in modo che si potessero rendere conto con i loro occhi della situazione. Ma purtroppo non se ne è ancora fatto nulla». Anche i contatti con il Consolato italiano ad Abu Dhabi non hanno ancora portato a nessun risultato, malgrado si fosse reso disponibile ad incontrare i gruppi di volontari italiani. «Non è cambiato nulla – spiega Valentina – neanche dopo aver scritto al Commissario Generale Italia Expò 2020, vista la partecipazione dell’Italia, e al Ministro della Transizione Ecologica».
Il fulcro della questione rimangono sempre le politiche di sterilizzazione e la sensibilizzazione sul benessere animale, che potrebbero produrre effetti duraturi. «Il Falcon Hospital – spiega infatti la Bagnato – si occupa principalmente di selvatici e in particolare di falchi e falchetti, visto che l’attività di falconeria è molto praticata. Ad Abu Dabhi ci sarebbe un’attività di sterilizzazione di randagi che dovrebbe essere fatta proprio da questo ospedale. Il problema è che una volta che le Pest Companies li portano da loro, poi questi animali spariscono, come successo con i gatti ritrovati ad ottobre proprio nell’area vicina all’ospedale. Quindi ancora oggi è da capire se questi gatti sono stati presi dalle Pest Companies e poi abbandonati lasciandoli morire nel deserto, oppure se è lo stesso ospedale dietro a quanto accaduto. Di facciata si occupano di protezione animale con i falchi che vengono curati, ma con i randagi c’è sicuramente qualcosa che non funziona. Scrivergli per avere risposte è come scrivere al vento: non rispondono per dire neanche che le accuse non sono vere. Su questo argomento da parte delle istituzioni locali c’è il silenzio più totale».