Toko è un giapponese che ha speso circa due milioni di yen (13.500 euro) per un costume da cane iperrealistico. Il suo desiderio è quello di essere in tutto e per tutto identico ad un Rough Collie. Più o meno due volte al mese Toko si trasforma in cane e va a spasso a carponi, mangia da una ciotola e gioca come farebbe appunto un cane anche all’aria aperta. In queste occasioni l’uomo si fa riprendere con una telecamera per poi postare tutto sul suo canale Youtube che attualmente conta 13.000 iscritti con video che vanno oltre i 2 milioni e mezzo di visualizzazioni.
Le motivazioni per cui alcune persone compiono un gesto del genere possono essere le più disparate e vanno sicuramente ricercate anche nella storia di quella particolare persona, nella sua infanzia e in tutte quelle caratteristiche che la rendono unica. Sarebbe riduttivo, infatti, trovare un’unica ragione alla base di scelte così particolari e, in alcuni casi, estreme. Tuttavia, possiamo individuare alcune motivazioni che, più frequentemente rispetto ad altre, spingono tali individui a voler a tutti i costi somigliare ad un cane come nel caso di Toko ma anche ad altri animali. Quando si sceglie di travestirsi occasionalmente da animale, tale comportamento potrebbe essere interpretato come una sorta di temporanea fuga dalla realtà, un distacco dai propri problemi e dai molteplici impegni della vita quotidiana.
Quante volte diciamo che vorremmo essere nati gatti, in modo da trascorrere la maggior parte del nostro tempo a poltrire sul divano? Le persone che decidono, di tanto in tanto, di indossare un costume potrebbero essere dunque mosse da un simile desiderio ma portato all’estremo.
Ancora, potrebbe essere un tentativo di voler mantenere entrambe le forme, quella umana e quella animale, dentro di sé, un modo per diventare potenzialmente onnipotenti, in grado di contenere maschile e femminile, natura e cultura, uomo e animale. In ogni caso, come già detto, è sempre auspicabile tenere in considerazione l’unicità del soggetto, anche in previsione di un’eventuale psicoterapia. Tuttavia, tali individui raramente prendono in considerazione la possibilità di rivolgersi ad un esperto, forse anche perché negano la sofferenza psichica che potrebbe essere alla base di una scelta così radicale.
A ogni modo, definire il punto in cui la volontà di assumere sembianze animali diventa patologico non è sempre facile, specialmente se pensiamo alle numerosissime forme attraverso cui tale desiderio si esplicita. Feticismi come il "puppy play", ad esempio, sembrerebbero giochi sessuali come tanti altri, mentre sottoporsi a numerosi interventi chirurgici al fine di modificare il proprio aspetto in maniera permanente o utilizzare un costume da cane come una sorta di rifugio dalla realtà esterna potrebbe rivelarsi rischioso per la salute psichica e fisica dell’individuo.
Modificazioni corporee estreme e sembianze animalesche
Il termine modificazione corporea include tutta una serie di pratiche, sia temporanee che permanenti, attraverso cui è possibile trasformare il proprio aspetto (Sanders, 1989). Si va da comportamenti considerati più convenzionali come un nuovo taglio di capelli o l’utilizzo di make-up, passando per un livello intermedio come piercing e tatuaggi, fino ad arrivare a forme radicali di modificazione del corpo, vere e proprie procedure chirurgiche, come l’inserimento transdermico di corna o amputazioni volontarie (Sanders, 1989; Myers, 1992). In particolare, sembra che alcuni individui ricorrono a tali pratiche al fine di rendere il proprio aspetto esteriore il più possibile simile ad un animale da loro scelto.
Molte persone che hanno subito volontariamente tali modificazioni corporee sono poi diventati famose proprio a causa del loro aspetto insolito come Lizard Man, che somiglia, appunto, ad una lucertola, Katzen, la donna che ha l’aspetto di una tigre e Cat Man, l’uomo che ha perfino i denti simili a quelli un gatto. Paradossalmente, però, è proprio la volontà di voler modificare il proprio corpo in maniera così estrema ciò che differenzia questi individui dagli animali, poiché un gatto o un cane non sceglierebbe mai di ricorrere ad alcun tipo di mutilazione o modificazione corporea se non per salvarsi la vita.
Tale pratica sembrerebbe tutt’altro che recente. Già nei primi anni del 1900, infatti, un uomo chiamato Great Omi chiese al tatuatore inglese George Burchett di renderlo una zebra umana. Il risultato fu che la sua faccia e gran parte del suo corpo erano ricoperte di un disegno curvilineo nero e i suoi connotati avevano subito consistenti modifiche (De Mello, 2000). Tutto ciò, naturalmente, al solo scopo di somigliare all'animale. Inoltre, Great Omi aveva deciso di farsi inserire una zanna d’avorio nel naso, e tale scelta più che a una zebra sembra rimandare ad un elemento primitivo che spesso sembra essere presente nelle modificazioni corporee.
Anche il tatuaggio, infatti, affonda le proprie radici nelle pratiche culturali di alcuni popoli indigeni, ad esempio della Polinesia, di cui il mondo occidentale si è appropriato (De Mello, 2000). L’immagine è, di per sé, una modalità di espressione arcaica, intima, e, in quanto tale, ricorda proprio il modo attraverso cui comunicano gli animali. Una possibile ipotesi è che tutt’oggi tra le motivazioni alla base delle modificazioni corporee, tra cui annoveriamo quelle messe in atto con lo scopo di somigliare ad un animale, ci sia un desiderio di ritornare alle forme primitive, ancestrali e istintuali.
L’utilizzo di costumi e accessori per somigliare ad un animale
Un altro modo attraverso cui è possibile somigliare ad un animale è appunto utilizzando accessori come maschere e code o acquistare un vero e proprio costume come nel caso di Toko.
Si tratta di persone che si identificano con un animale, molto spesso un cane, e si divertono a provare ad agire e pensare come tale, sviluppando in alcuni casi una vera e propria passione per questo insolito hobby. Per alcune persone tali pratiche possono anche rappresentare una forma di feticismo.
In alcuni casi, infatti, il desiderio di indossare un costume da cane o essere accarezzati può essere anche legato ad un fetish, come il già citatato puppy play, definito da alcuni studiosi come una vera e propria sottocultura (Lawson & Langdridge, 2020). Il "puppy" è un individuo che utilizza accessori come maschere, guinzagli e code finte per travestirsi da cane e giocare con altri "puppies" (soggetti a loro volta travestiti da cani). Il gioco può coinvolgere anche altri umani, chiamati handler, che, invece, assumono il ruolo di padrone, prendendosi cura dei puppies, ad esempio portandoli a spasso o dando loro da mangiare. Tale pratica non coinvolge necessariamente atti sessuali, ma può anche riguardare esclusivamente la sfera affettiva.
Bibliografia
De Mello, M. (2000). Bodies of Inscription. Durham: Duke University Press.
Lawson, J., & Langdridge, D. (2020). History, culture and practice of puppy play. Sexualities, 23(4), 574-591.
Myers, J. (1992). Nonmainstream body modification: Genital piercing, branding, burning, and cutting. Journal of Contemporary Ethnography, 21(3), 267-306.
Potts, A. (2007). Chapter Six. The Mark Of The Beast: Inscribing ‘Animality’ Through Extreme Body Modification. In Knowing Animals (pp. 129-154). Brill.
Vail, D. A., & Sanders, C. (1989). Customizing the Body: The Art and Culture of Tattooing. Temple University Press.