«I ranger Kylee e Steve si sono imbattuti in quello che hanno soprannominato "Toadzilla" mentre stavano facendo alcuni lavori per sistemare un percorso naturalistico nel Conway National Park». Questo il commento di alcuni operatori pubblicato sulla pagina Facebook di Queensland National Parks riguardo l'impressionante ritrovamento di un rospo delle canne (Rhinella marina) da record: 2,7 chili di peso per 25,5 centimetri di lunghezza.
«È più grande di alcuni neonati! – continuano gli operatori – Si ritiene sia una femmina e potrebbe essere il più grande rospo delle canne mai avvistato». Kylee e Steve in effetti non potevano scegliere un soprannome più adatto per questo anfibio: Toadzilla, il buffo gioco di parole fra "toad", in inglese "rospo", e "Godzilla", il mostro del cinema giapponese protagonista di una lunga serie di film, fumetti, serie TV e molto altro. Pensare a questo enorme anfibio mentre cammina per le strade di Tokyo distruggendo palazzi e radendo al suolo la città fa sorridere, ma oltre al paragone con la stazza, senza dubbio esagerato, questa non è l'unica cosa in comune fra il "kaijū", ovvero "mostro misterioso" in giapponese, e il rospo.
Come una specie introdotta diventa invasiva: l'esempio del rospo delle canne
Non parliamo di abbattere intere città, ma di un simile potere distruttivo che a una prima occhiata il rospo non sembrerebbe avere: il potere di distruggere gli ecosistemi nei quali viene introdotto. Il rospo delle canne, infatti, è considerato il più grande fra i Bufonidae, una famiglia di anfibi anuri che comprende oltre 600 specie distribuite in quasi tutti i continenti, e in molti di questi habitat è stato introdotto dall'uomo per la lotta biologica contro i parassiti agricoli. Le prime introduzioni furono fatte negli anni 40 dell'800 in Martinica e nelle Barbados, principalmente nel tentativo di ridurre la popolazione di ratti.
Questa rudimentale lotta biologica, però, non diede mai i suoi frutti ma nonostante ciò gli anni successivi il rospo fu introdotto anche in molti altri luoghi nel mondo, come Porto Rico all'inizio del XX secolo, nella speranza di contrastare un'infestazione di coleotteri che devastava le piantagioni di canna da zucchero. In questo caso l'introduzione fu efficace, tanto da spingere diversi scienziati nel 1930 a promuoverla come soluzione ideale per i parassiti agricoli.
Ecco dunque che molti altri paesi iniziarono ad emulare la stessa strategia, compresa la Florida, la Papua Nuova Guinea, le Filippine e l'Australia. L'introduzione indiscriminata di una specie non autoctona in un habitat, però, a volte ha risultati disastrosi per gli ecosistemi. Il rospo delle canne è diventato lui stesso una specie invasiva in molti dei paesi che lo hanno introdotto e oggi rappresenta una grave minaccia per gli animali nativi data a sua grande plasticità ecologica e la sua voracità come predatore.
Questi anfibi, proprio come dimostra Toadzilla, solitamente possono diventare molto grandi raggiungendo una lunghezza media fra i 10-15 centimetri, con un'aspettativa di vita che va dai 10 ai 15 anni in natura. Un esemplare documentato nel libro "Frogs and toads" pubblicato nel 2007 è riuscito persino a raggiungere la veneranda età di 35 anni, un periodo di tempo nel l'animale ha predato qualsiasi cosa gli potesse capitare a tiro: sopratutto piccoli mammiferi, uccelli e insetti.
Non è un mistero per gli scienziati moderni che un predatore con capacità adattative del genere possa risultare un pericolo per gli ecosistemi, ma le conoscenze del secolo scorso non erano così avanzate da far prevedere agli studiosi il cataclisma ecosistemico che sarebbe successo. In particolar modo l' Australia ha subito pesantemente l'influenza di un nuovo elemento nella rete alimentare testimoniata dalla diminuzione della presenza di diversi rettili nativi del continente come alcune lucertole, varanidi, serpementi e coccodrilli.
Ecco perché nel post Facebook di Queensland National Parks è possibile leggere: «Siamo lieti di averla rimossa dal parco nazionale». Rimuovere questi animali trasferendoli in altri luoghi dove non possono nuocere alla fauna locale non è certo la soluzione migliore né quella più efficace, ma senza dubbio può aiutare in piccola parte a far sopravvivere specie animali che oggi sono a rischio.
Dobbiamo ricordare sempre che introduzioni del genere, che siano accidentali o volute, portano con sé un fattore di rischio per le popolazioni locali, ma questo non significa che la lotta biologica non possa essere un valido strumento. Lo dimostra, ad esempio, l'introduzione in Italia delle vespe samurai (Trissolcus japonicus), innocue per l’uomo, per contrastare la proliferazione della cimice asiatica (Halyomorpha halys) che causa da diverso tempo ingenti danni ai coltivi liguri.