I servizi veterinari dell'Asl di Novara hanno notificato l'abbattimento di Tina, ibrida nata da un cinghiale e da una scrofa che vive nella provincia novarese. Tina è stata trovata un anno fa e adottata dalla famiglia di Gabriele Zanaldo quando era solo una cucciola. Da quel momento Tina ha vissuto tranquillamente con la famiglia di Gabriele e con gli altri animali del suo nucleo familiare, fino allo scorso agosto, quando i servizi veterinari hanno iniziato a interessarsi alla suide.
«Quello che sta succedendo è molto grave, e potenzialmente mette in pericolo tutti i suidi che vivono in famiglia», spiega a Kodami Alessandra Motta, presidente del Rifugio Miletta che sta affiancando Gabriele nella sua battaglia per la vita di Tina.
Dopo la prima ispezione condotta dall'Asl e della Polizia municipale Tina è stata sequestrata, pur restando affidata a Gabriele. L'animale è stata sottoposta agli accertamenti per la peste suina africana, ed è risultata negativa. A Gabriele è stato imposto di attuare alcune misure di biosicurezza come separare Tina dal resto degli animali e dalla famiglia, tenerla in una zona recintata e indossare calzari specifici per recarsi nella sua area.
«Gli operatori dell'Asl hanno messo queste disposizioni nero su bianco misure e hanno poi scritto che qualora fosse risultata negativa doveva essere iscritta in Banca dati nazionale come suino non dpa – aggiunge Motta – Gabriele ha fatto fronte alle richieste e per 6 mesi non è successo nulla. La Asl non si è mossa non neanche per produrre la copia dell'esame diagnostico di negatività di Tina alla peste suina africana, nonostante Gabriele abbia fatto agli uffici della Asl di Arona».
Nonostante la mancanza dell'attestazione della negatività di Tina le cosa sembravano essere risolte, tuttavia il 23 gennaio gli operatori dell'Asl sono tornati contestando le misure di biosicurezza: «Hanno segnalato che doveva esserci una seconda recinzione, ma poi, lo stesso giorno, hanno consegnato l'abbattimento dell'animale da attuarsi entro 15 giorni. Gabriele non ha avuto il tempo in mezza giornata di costruire la doppia recinzione, come è ovvio. Con questo espediente Tina è stata condannata a morte».
Dalla notifica di abbattimento è partita una corsa contro il tempo portata avanti dagli attivisti di tutta Italia e dalle migliaia di cittadini che hanno firmato la petizione promossa dal Rifugio Miletta per chiedere alla direzione generale dell'Asl Novara di revocare l'abbattimento dell'animale che nel frattempo è stato scongiurato con una sospensiva urgente.
«Abbiamo già pronto un ricorso che presenteremo al Tar del Piemonte insieme a Gabriele – fa sapere Motta – Non è una vicenda che vede contrapposti Gabriele e l'Asl, ma che coinvolge tutte le persone che credono che gli animali debbano vivere, contrapposte a chi invece pensa solo a tutelare specifici interessi economici».
Per fare fronte all'epidemia di peste suina africana che si sta espandendo in tutta Italia, è stata istituita una struttura d'emergenza al cui vertice è stato posto il commissario Angelo Ferrari, il quale tramite decreto ha suddiviso l'Italia in zone di contenimento con restrizioni crescenti. In questa suddivisione valida ancora oggi, i suidi presenti le zone rosse, dette zone infette, devono essere abbattuti.
Tina, pur non essendo in zona rossa, è stata colpita da queste misure. A nulla è valso anche la recente ordinanza del Ministero della Salute che aveva chiarito come dagli abbattimenti per prevenire la proliferazione della peste suina africana dovessero esclusi i suidi che vivono con i privati per finalità diverse dall’uso zootecnico. Il motivo della notifica di abbattimento, secondo Motta e molti attivisti, non risiede in ragioni di carattere sanitario: «La peste suina africana non è una zoonosi, non è trasmissibile all'uomo, tuttavia rappresenta un grave pericolo per gli allevamenti, si stanno quindi proteggendo gli interessi economici di una categoria, a scapito dei diritti degli esseri viventi», conclude Motta.