Anche se la normativa nazionale non vieta specificamente di detenere un cane all’interno di un garage, sono numerose le sentenze che hanno qualificato come reato questa scelta, in modo particolare in casi in cui i poveri animali sono stati custoditi per lungo tempo in condizioni tali da arrecare loro delle sofferenze (all’interno di locali umidi, poco arieggiati e privi di illuminazione).
Cane in garage: cosa dice la legge?
Sebbene (per fortuna) la concezione diffusa della custodia di un cane sia ben lontana dalla scelta di tenerlo chiuso all’interno di un box, quest’ultima non costituisce di per sé una condotta illecita. La normativa nazionale sul punto non si pronuncia affatto e quella locale, nei rari casi in cui affronta la questione, tendenzialmente si limita a regolare le condizioni di una tale custodia.
Per fare un esempio pratico, vi sono dei regolamenti comunali che vietano espressamente di detenere animali in ambienti separati dai locali di abitazione – tra i quali proprio box e garage – nei quali vi sia una insufficiente illuminazione naturale, sia assente o carente la ventilazione, siano elevate la temperatura e l’umidità o in cui lo spazio a disposizione degli animali non consenta agli stessi un’adeguata attività motoria.
Quelli appena indicati sono solo alcuni dei criteri essenziali di cui si deve tener conto per valutare se la detenzione all’interno di un garage sia lecita o meno. Infatti, una cosa è tenere saltuariamente e per qualche ora un cane all’interno di un box illuminato e arieggiato, ben altra è farlo vivere costantemente da solo in uno spazio chiuso, angusto, buio, umido, sporco e poco arieggiato. Nel primo caso il comportamento (seppur non certo ottimale per il cane) è lecito; nel secondo è illecito e può anche integrare diverse fattispecie di reato.
Quando costituisce reato detenere uno o più cani in un garage?
I nostri giudici (compresa la Cassazione) hanno più volte ricondotto la detenzione di cani all’interno di box nell’ambito del reato previsto dal secondo comma dell’art. 727 del Codice penale. In particolare, questa norma punisce la detenzione di animali “in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze” con la pena dell’arresto fino ad un anno o dell'ammenda da 1.000 a 10.000 euro.
Per fare un esempio concreto, con la sentenza n. 12436 del 2021 la Cassazione Penale ha confermato la condanna (proprio per tale reato) di un pet mate che aveva tenuto numerosi cani all’interno di un box la cui pavimentazione era risultata intrisa di umidità; umida era anche l’aria e forte l’odore di ammoniaca. Il locale era risultato assolutamente inidoneo alla custodia di animali, i quali, al ritrovamento, presentavano “dermatiti e alopecia diffuse in stato avanzato, verosimilmente riconducibili all'ambiente malsano al cui interno dimoravano, alla mancanza di ricambio di aria, nonché agli esiti di parassitosi (…)”.
Non bisogna dimenticare, poi, che ormai è risaputo che i cani sono animali sociali. La presenza della famiglia, del “branco” di riferimento è per loro essenziale. Un’esistenza passata da soli in garage o in altri luoghi come una gabbia o un balcone non è certamente indicata per il loro benessere. Anche di questo occorre tener conto. La salute non è solo fisica ma anche psichica.
Nei casi più gravi, infine, potrebbe persino ritenersi integrato il reato di maltrattamento di animali previsto dall’articolo 544 ter del Codice Penale. In tale ipotesi è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche”. La differenza essenziale è che per aversi maltrattamento è necessario dimostrare che il pet mate abbia agito con dolo, con la volontà di arrecare sofferenza all’animale.