In questi ultimi giorni stanno circolando in rete immagini delle spiagge del nord del Portogallo con una lunga distesa di vasi abbandonati, un pericolo per la fauna marina, soprattutto per i polpi. La denuncia è stata fatta dall'associazione ambientalista portoghese "Vivirsinplastico", molto seguita sui social con quasi 70 mila seguaci.
Non si tratta di reperti storici che il mare ha restituito, ma di nasse, recipienti in plastica che generalmente vengono utilizzati per la pesca di diverse specie marine, in queste caso dei polpi. Questi contenitori sono percepiti come rifugi ideali: il polpo trova infatti in questi vasi il luogo perfetto per la sua tana. Ciò consente non solo di ripararsi, ma anche di nascondere e proteggere i piccoli. Quando queste nasse vengono riportate in superficie, tuttavia, vengono catturati sia i polpi adulti che la loro prole non permettendo così la riproduzione della specie.
Questa pratica di pesca è crudele per gli animali e dannosa per l’ambiente, ma ciò non ferma chi ne ha fatto un business. Il polpo è un animale estremamente intelligente e solitario che vive bene libero in mare, non di certo in condizioni di alta densità tipiche degli impianti di acquacoltura. Oltre ai problemi etici del loro allevamento ne esistono altrettanti legati alla sostenibilità ambientale di una simile industria che implementata entrerebbe in conflitto con la strategia elaborata dall'Unione Europea. Per queste ragioni sono sempre di più le associazioni animaliste che chiedono di vietare gli allevamenti intensivi di polpi in Europa.
Ad oggi infatti, non esistono leggi europee o nazionali specifiche che regolino le pratiche dell'allevamento dei polpi, di conseguenza questi animali non sarebbero in alcun modo protetti dalle sofferenze legate alle pratiche di allevamento intensivo e da metodi di macellazione non umani. L'associazione non profit CIWF ( Compassion in World Farming), che lavora per la protezione e il benessere degli animali allevati sul territorio nazionale, insieme a 37 ONG ed esperti di tutta Europa ha lanciato un primo report nel 2021 con lo scopo di allertare i governi, i responsabili politici e i principali attori dell'industria alimentare sui rischi associati all'allevamento dei polpi ed esortare a fermarne lo sviluppo. Octopus Farming: A Recipe for Disaster, questo il nome del report,ha dimostrato che le caratteristiche dei polpi li rendono inadatti all’allevamento. I polpi sono creature solitarie per natura, spesso vivono e cacciano da soli: confinarli nei carri armati può portare all'aggressione e persino al cannibalismo. Nel marzo 2023 è stato pubblicato il nuovo rapporto con Eurogroup for Animals – Uncovering the Horrific Reality of Octopus Farming – che ha esaminato i piani per l’allevamento proposto in cui l’azienda prevede di allevare circa un milione di polpi ogni anno, producendo 3 mila tonnellate di carne di polpo. I piani hanno confermato le preoccupazioni dei ricercatori e attivisti, rivelando pratiche disumane come l’uso di liquame ghiacciato per la macellazione, un metodo scientificamente riconosciuto per la sua crudeltà. I gravi problemi associati all’allevamento intensivo di polpi, sia di carattere ambientale che legati al benessere degli animali, rendono tale pratica assolutamente non compatibile con i nuovi orientamenti strategici per uno sviluppo sostenibile dell’acquacoltura previsti dall’UE.
Di non meno importanza il fattore ambientale: questi allevamenti impongono sull’ecosistema un prezzo elevato e insostenibile. I polpi dovrebbero essere alimentati con grandi quantità di prodotti ittici solo per essere mantenuti in vita prima della loro uccisione. Basti pensare che, come emerge dal report, per produrre un chilo di carne di polpo sono necessari tre chili di fauna marina come mangime. Ciò significherebbe un inevitabile aumento della pesca intensiva e della pressione su altri ambienti marini.
Negli ultimi tre anni, l’opposizione internazionale all’allevamento di polpi è aumentata vertiginosamente con numerose ONG, esperti di benessere degli animali, ambientalisti, ambientalisti e politici che esprimono la loro indignazione per i piani di confinare questi animali unici in allevamenti sottomarini. Lo scorso anno lo Stato di Washington ha proposto un disegno di legge che vieta l’allevamento di polpi e il Regno Unito ha riconosciuto legalmente i cefalopodi come esseri senzienti. Le autorità hawaiane hanno chiuso l’allevamento di polpi di Kanaloa e, in Canada, è stata proposta una petizione al governo per vietare l’allevamento di polpi. In Italia c'è un solo riferimento normativo che regolamenta la pesca di polpi, in particolare con la "tecnica a barattolo". La legge autorizza un massimo di 250 strumenti da applicare sui sistemi fissati sul fondale. Questa tecnica viene praticata su ogni tipologia di fondale, sabbioso, fangoso e roccioso, fino a circa 30 metri. La tecnica del barattolo sembra che sia nata in Spagna, dove pare abbia avuto un tale successo da far sparire quasi tutti i polpi nei mari iberici, con evidenti gravissime conseguenze per l’equilibrio dell’ecosistema marino.
Elena Lara, responsabile della ricerca sui pesci del CIWF e autrice di entrambi i rapporti, ha dichiarato: «È ora di mettere fine all’allevamento intensivo, non di ampliarlo. Ci auguriamo che questo appello venga preso seriamente».