Un guscio caratterizzato da delle strisce longitudinale e dalla composizione più morbida. L’aspetto che la rende immediatamente distinguibile dalle altre tartarughe marine. Il gruppo di ricerca della Jonian Dolphin Conservation ha avvistato nel Mar Ionio una tartaruga liuto, nota anche con il nome scientifico di Dermochelis coriacea. Si tratta di un avvenimento poco frequente all’interno del bacino del Mediterraneo, in quanto questa specie vive e si riproduce principalmente in acque oceaniche. I rari avvistamenti (siamo nell’ordine dei 2-3 all’anno) avvengono principalmente quando qualche esemplare si avventura superando lo stretto di Gibilterra alla ricerca di cibo.
«Stavamo svolgendo la nostra consueta attività di ricercatore per un giorno – ha spiegato a Kodami Stefano Bellomo, biologo della Jonian Dolphin Conservation – eravamo con un gruppo di turisti a brodi, alcuni di loro erano stranieri. Appena entrati nell’area di ricerca, che nello Ionio inizia dove il fondale raggiunge una profondità di 300m – il Comandante ci ha segnalato una presenza nera. Quando ho preso in mano il binocolo non pensavo di riconoscere all’istante una tartaruga liuto. Un’opportunità che è durata meno di un minuto, il tempo di scattare una foto e segnalarla alle altre persone a bordo. Dopodiché è scomparsa».
Come spiegato dalla stessa Jonian Dolphin Conservation, le tartarughe liuto possono raggiungere dimensioni importanti, con una lunghezza media di 1,5-2 metri e un peso che può superare i 900 kg. Sono, infatti, le tartarughe marine più grandi esistenti. Anche il loro nome inglese ne descrive l’aspetto: “Leatherback Sea Turtle”, che tradotto significa letteralmente “Tartaruga con la schiena di pelle”. A differenza delle altre “parenti” marine, le tartarughe liuto hanno un carapace ricoperto da una pelle liscia e coriacea, anziché da un carapace duro. Note per le loro lunghe migrazioni attraverso gli oceani, questi rettili entrano nel Mediterraneo, come già spiegato, solo per alimentarsi. Possono raggiungere anche i 1000 metri di profondità e resistere a temperature molto fredde. Con le altre tartarughe marine condividono le minacce che ne mettono a rischio la sopravvivenza, come la pesca a strascico, l'inquinamento marino, il deterioramento degli habitat costieri e addirittura la raccolta illegale delle loro uova.
«La nostra attività non riguarda specificatamente le tartarughe – ha proseguito il biologo – interveniamo, naturalmente, quando ne troviamo una in difficoltà. Se capita le recuperiamo in mare contattando i responsabili di zona dell’Oasi WWF di Policoro per le operazioni di ricovero.
Per quanto riguarda gli avvistamenti di questa specie, però, gli avvistamenti annuali in Italia si contano sulle dita di una mano. Recentemente ne era stata salvata una ferita sulle coste tirreniche. Ad aprile ne era stata avvistata un’altra a Palinuro. Nel 2021 un’altra era stata riconosciuta a due miglia dal litorale di Imperia. Nel 2015, invece, per un altro esemplare non ci fu nulla da fare, sempre nella zona di Pulsano, in provincia di Taranto. A conferma di come, anche per questa specie, si debba alzare la soglia di attenzione al fine di tutelarne la sopravvivenza nei mari.