Cinque persone sono state condannate dal Tribunale di Roma per avere tagliato le orecchie ai loro cani per farli partecipare a esposizioni canine. La sentenza è arrivata al termine di procedimenti giudiziari avviati sulla base di denunce presentate dalle guardie zoofile dell’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), e tra i condannati c’è anche un allevatore.
I giudici hanno stabilito che quattro dei condannati dovranno pagare ciascuno una multa di 10 mila euro, mentre uno è stato condannato a sei mesi di reclusione. L’allevatore è stato condannato inoltre a tre mesi di sospensione dell'attività ed è stata disposta la confisca degli animali.
La denuncia è partita a seguito di controlli svolti durante una manifestazione canina che si svolse nel 2016 nella Capitale, in via di Casal Boccone. Nell’ambito dell’operazione "Dirty Beauty" (Bellezza sporca) condotta dagli agenti dell’Oipa, furono trovati cinque American Bulldog, un American Bully e un meticcio molossoide con le orecchie tagliate, una pratica ancora diffusa ma vietata in Italia dal 2010. La cosiddetta “conchectomia”, come anche il taglio della coda (“caudotomia”), configura un maltrattamento punito dal Codice penale all’art. 544 ter, che prevede fino a 18 mesi di reclusione o una multa fino a 30mila euro. Le mutilazioni per fini estetici sono vietate anche dalla Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia di Strasburgo del 13 novembre 1987, ratificata dall’Italia con la legge n. 201/2010.
Certificati falsi di "motivi di salute" per giustificare mutilazioni estetiche
Tagliare le orecchie al cane è dunque una pratica illegale in Italia: senza una motivazione medico-curativa l’amputazione è considerata una mutilazione di organi funzionali e, nel panorama giuridico italiano, è classificata come maltrattamento animale, quindi punibile penalmente. Per evitare le conseguenze, però, i cinque condannati presentarono certificati che attestavano motivi di salute, rivelatisi poi falsi.
«I pet mate esibirono certificati veterinari che attestavano “motivi di salute” per i quali gli animali sarebbero stati sottoposti alle mutilazioni – conferma il coordinatore delle guardie zoofile Oipa di Roma e provincia, Claudio Locuratolo – I certificati, alcuni rilasciati su carta intestata di una struttura veterinaria in Serbia, a seguito delle nostre indagini di polizia giudiziaria e grazie anche alla collaborazione dell'Ambasciata serba, risultarono falsi. Risultarono falsi anche altri due certificati rilasciati su carta intestata di un veterinario in provincia di Napoli».
Il business dietro mostre e concorsi
Nei sei anni d’indagini condotte dalle guardie zoofile Oipa, sono stati portati a processo per maltrattamento di animali, falso ideologico, utilizzo di atto falso e concorso in reato circa settanta proprietari di cani e alcuni veterinari, questi ultimi indagati per avere rilasciato false documentazioni per consentire la partecipazione a concorsi che altro non sono che un tassello del mercato delle compravendite di cani. Un vero e proprio business sulla pelle e la salute degli animali, visto che i cani che partecipano a raduni ed esposizioni, vincendo, guadagnano prestigio e i loro cuccioli avranno un valore di mercato elevato, anche decine di migliaia di euro, così come le loro “monte”.
«Le Federazioni nazionali ed internazionali per la cinofilia dovrebbero assumere posizioni più severe ed escludere dalle manifestazioni cani mutilati e gli Ordini dei medici veterinari dovrebbero essere meno indulgenti nei confronti dei propri iscritti – aggiunge Locuratolo – Auspichiamo che la prevenzione e la repressione pongano fine a questa pratica incivile e fuorilegge».