L’operazione era stata denominata non a caso “Sangue amaro”, proprio perché il business principale dell’organizzazione criminale era quello di trafficare illegalmente sostanza ematica di provenienza animale. La Direzione Investigativa Antimafia ha dato esecuzione, nelle province di Brindisi, Bari e L’Aquila, ad un decreto di sequestro, emesso dalla Prima Sezione Penale del Tribunale di Lecce su proposta formulata dal Direttore della DIA, a carico di un imprenditore attivo nella produzione e nel commercio di prodotti di origine animale e vegetale.
L’uomo, già gravato da numerosi precedenti penali, era stato tratto in arresto nel gennaio 2021 dai Carabinieri di Brindisi nell’ambito di quella nota operazione, balzata agli onori delle cronache per la peculiarità delle condotte contestate. L'indagine, condotta dai militari del Noe di Lecce e del Nipaaf dello stesso capoluogo, aveva avuto inizio verso la fine di ottobre del 2018, a seguito del controllo di un impianto di magazzinaggio che si occupa dell'attività di recupero e smaltimento di scarti di origine animale (il cosiddetto Soa).
Da quanto appurato dai carabinieri, il materiale ematico proveniente dalla macellazione degli animali, da gestire secondo una specifica filiera per tutta una serie di ragioni di tipo igienico sanitario, veniva illecitamente smaltito all'interno di alcuni terreni. In particolare era capitato che la sostanza ematica venisse sversata anche in un pozzo artesiano nella disponibilità di uno degli imputati e ubicato nelle campagne di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi. L’organizzazione, secondo la ricostruzione degli inquirenti, aveva diramazioni anche fuori dal territorio pugliese, con il concorso, in particolare, di due aziende operanti a Caivano (in provincia di Napoli) e a Latina.
«Non si è trattato di un episodio occasionale, bensì di una vera e propria filiera per lo smaltimento illecito del sangue animale – commentava nel 2021 all’indomani degli arresti il Generale Maurizio Ferla, Comandante del Nucleo per la Tutela Ambientale e già alla guida (dal 2009 e al 2013) del Comando Provinciale dei Carabinieri di Lecce – Era un modo per conseguire un profitto, abbattere i costi ed essere competitivi sul mercato, anche se attraverso un’alterazione». Secondo quanto rilevato nel corso delle indagini sarebbero state smaltite illecitamente circa 165mila tonnellate di sangue e scarti di origine animale.
Le indagini patrimoniali hanno consentito di desumere come l’imprenditore avesse illecitamente accumulato un ingente patrimonio sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati, nonché numerosi beni ritenuti frutto di attività illecite. Il sequestro ha interessato 3 imprese, 16 beni immobili, 41 automezzi e 11 rapporti finanziari per uno stimato valore complessivo di oltre 8 milioni di euro.
Questa vicenda riaccende i fari sulla tematica degli allevamenti intensivi. Condotte di questo tipo, in spregio alla salute pubblica e alla tutela dell’ambiente, mostrano come in taluni casi la filiera che porta alla produzione di grandi quantitativi di carne possa mettere il profitto davanti a interessi che invece dovrebbero essere primari, talvolta eludendo anche le leggi che disciplinano queste attività.