In natura molti animali sono gregari e si radunano in grossi gruppi, ma alcune specie non si limitano soltanto a questo. In diversi casi, infatti, gli individui non solo si spostano insieme, ma sono coordinati alla perfezione in ogni loro singolo movimento. E ora, per la prima volta, grazie a un nuovo studio pubblicato su Biological Psychiatry i ricercatori hanno scoperto il percorso cerebrale che permette agli animali di farlo.
A tanti sarà capitato di vedere nei documentari o, per chi è più fortunato, durante un'immersione, banchi di pesci che si muovono all'unisono. Sembra quasi che riescano a leggersi nel pensiero o che le loro menti siano in qualche modo collegate tra loro per quanto siano sincronizzati i loro movimenti. Si tratta di uno straordinario fenomeno legato all'attività cerebrale che ha un ruolo importante nella comunicazione sociale e un team di ricercatori ha approfondito proprio questo strabiliante comportamento di coordinazione.
Per comprenderlo è stato necessario prima capire quali siano le motivazioni che si celano dietro a questa tipologia di gregarismo. Una di queste è sicuramente la difesa. «Gli esempi di risposte difensive coordinate in natura sono numerosi: i buoi, ad esempio, formano un cerchio quando affrontano una minaccia», ha spiegato Alexei Morozov, assistente professore del Fralin Biomedical Research Institute e autore dello studio. «La sincronizzazione associata allo stato di pericolo è un meccanismo di sopravvivenza conservato dall'evoluzione e si verifica in diverse specie, uomo compreso. Ora possiamo studiare questa risposta ed esplorare i meccanismi che la determinano».
I ricercatori hanno così scoperto che una specifica connessione tra due parti del cervello svolge un ruolo importante nel coordinare il comportamento degli animali di fronte a una minaccia. In particolare, esiste un collegamento ippocampo-amigdala che suggerisce che l'ippocampo trasmette le informazioni sociali all'amigdala per sincronizzare la risposta di fronte a una minaccia. Queste informazioni, al momento, sono però valide se si prendono in considerazione solo due individui e sono necessarie ulteriori ricerche per determinare con certezza se siano coinvolte anche nel coordinamento di un gruppo molto più ampio di esemplari.
«È una delle scoperte più significative fatte negli ultimi anni sull'identificazione dei siti e dei potenziali meccanismi sottostanti nel cervello che mediano questi tipi di importanti interazioni sociali», ha dichiarato Michael Friedlander, vicepresidente di Virginia Tech per le scienze e la tecnologia della salute e direttore esecutivo dell'Istituto di ricerca biomedica Fralin.
C'è anche un risvolto positivo per l'uomo. A quanto pare diversi disturbi neuropsichiatrici umani, come il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), il disturbo dello spettro autistico (ASD) e disturbo soggettivo di memoria (SCD) sono connessi al malfunzionamento di tali meccanismi cerebrali. Fino ad ora, non erano noti i processi biologici coinvolti e associati a tali patologie, quindi non era stato possibile attuare terapie efficaci per contrastare i sintomi.
Grazie a questa nuova scoperta, però, si aprono le porte verso un futuro più roseo per chi soffre di disturbi simili, anche se la strada da fare è ancora lunga.