La zoologia non sempre è una disciplina facile da affrontare. Per quanto si tenda a immaginare che basti infatti trovare un animale o i suoi resti per capire tutto sulla sua biologia e la sua origine, diverse occasioni hanno dimostrato che questo lavoro può essere davvero molto lungo e complesso, soprattutto quando hai a che fare con animali di origine incerta e non sai quanto puoi fidarti delle conclusioni a cui sono arrivati i vecchi colleghi che ti hanno preceduto molto tempo prima.
Prendiamo l'esempio del geco gigante di Delcourt, una lucertola enorme considerata estinta di cui disponiamo di un unico reperto museale conservato ad inizio XIX secolo senza alcune note o ulteriori informazioni. Questo esempalre è lungo circa 60 centimetri ma sono state perse tutte le informazioni relative il suo arrivo in Europa, ed è perciò uno dei più longevi misteriosi casi della zoologia moderna, visto che non si conosce praticamente nulla né sul suo luogo di origine né sulle modalità di cattura.
Un team di scienziati ha quindi cercato di risolvere il mistero dell'origini di questo grande rettile, che per diversi anni è stato persino considerato un falso, cercando di capire una volta per tutte da dove provenisse. E dopo aver studiato per anni senza successo le collezioni museologiche di numerosi paesi, fra cui la Francia e l'Italia, alla ricerca di eventuali altri esemplari dimenticati appartenenti alla stessa specie, alla fine hanno deciso di studiare l'unico esemplare noto partendo dal suo DNA, in modo da sfruttare le moderne tecnologie per capire quantomeno il suo luogo di origine.
Spesso però gli esemplari museali si portano dietro anche DNA estraneo proveniente dall'ambiente, oltre a subire la degradazione del loro stesso codice genetico a causa dei metodi di conservazione, come la formaldeide. Fortunatamente però, visto che il geco di Delcourt era stato impagliato e non sottoposto alla conservazione in liquido, è stato possibile per i ricercatori effettuare l'indagine genetica e scoprire con semplicità che la specie appartiene a un gruppo di gechi definiti "diplodattilidi", che probabilmente erano stati catturati all'interno dell'arcipelago della Nuova Caledonia, ma di cui solo un unico esemplare "sopravvisse" fino ad arrivare in Europa, precisamente al Museo di storia naturale di Marsiglia (MHNM). I risultati dello studio sono stati poi pubblicati sulla rivista Scientific Reports.
«Rispetto a tutti gli altri gechi oggi presenti sul pianeta, questo esemplare è mostruoso – afferma Matthew Heinicke, biologo evoluzionista dell'Università del Michigan-Dearborn che ha partecipato allo studio e al nuovo processo di descrizione dell'esemplare – È infatti 1,5 volte più lungo della più grande specie di geco vivente oggi (Rhacodactylus leachianus). Capita talvolta di trovare gruppi in cui l'evoluzione ha favorito il fenomeno del gigantismo anche in specie che normalmente consideriamo piccole».
Precedentemente soprannominato Hoplodactylus delcourti , il geco di Delcourt ora è stato ribattezzato Gigarcanum delcourti da Heinicke e colleghi, che hanno anche ricostruito le poche informazioni originali disponibili per questa specie. Secondo infatti un'antica leggenda che circola all'interno egli ambienti accademici e del MHNM, l'ultima persona ad aver visto questo geco ancora viva in natura fu un vecchio capo Māori, che catturò uno di questi animali alcuni decenni dopo l'esemplare oggi esposto a Marsiglia, nel 1870. L'uomo descrisse l'animale come "una grande lucertola marrone con striature rossicce, larga quanto il braccio di un essere umano" e riportò agli zoologi del tempo quanto risultasse diffidente nei confronti degli umani.
Lo stesso Alain Delcourt, che scoprì il geco all'interno delle collezioni museali francesi negli anni 80 del secolo scorso, insieme a Aaron Bauer della Villanova University in Pennsylvania, suggerì infatti che una delle regioni che portarono alla scomparsa di questa specie fu la sua relativa facilità di cattura da parte dell'uomo. I risultati dell'indagine genetica chiariscono ora questa specie fosse originaria della Nuova Caledonia, invece che della Nuova Zelanda, ma è anche possibile, spiegano i ricercatori, che un tempo fosse presente su diverse isole che circondano l'Australia, per cui il racconto del Maori potrebbe comunque essere vero.
Quello che comunque è possibile notare di questa specie, osservandone il corpo, è che probabilmente si trattava di un predatore notturno e che era abbastanza grande da catturare anche piccoli uccelli e altre lucertole. I suoi polpastrelli e i lunghi artigli suggeriscono poi che vivesse prevalentemente aggrappato alla corteccia degli alberi, anche se le rugosità delle sue dita e il suo peso forse non gli permettevano di aderire perfettamente come invece fanno altri gechi anche sulle superfici lisce verticali.
Non tutti però sono rimasto sorpresi dalla scoperta effettuata dal team di Heinicke. Trevor Worthy, un paleontologo della Flinders University di Adelaide, aveva infatti già espresso tempo fa la possibilità che G. delcourti potesse provenire dalla Nuova Caledonia, visto che sull'arcipelago erano stati ritrovati dei fossili simili alla morfologia dell'animale conservato in Francia. Tuttavia, per lui risulta comunque emozionante vedere questo mistero finalmente è stato chiarito. E ha anche dichiarato che il prossimo passo della ricerca sarà quello di indagare come questa specie sia adattata agli ecosistemi delle isole meridionali dell'Oceania, subendo poi il processo del gigantismo.