Applicare le etichette alari per il controllo delle specie in via di estinzione non sempre può fare bene. Secondo i ricercatori del Max Planck Institute, infatti, gli avvoltoi del Capo (Gyps coprotheres) che vivono in Sudafrica, proprio per colpa di quei "tag" percorrono distanze più brevi e volano più lentamente rispetto a quelli che, invece, hanno le etichette attaccate alle zampe.
Per più di dieci anni gli avvoltoi sono stati identificati mettendogli un'etichetta sul patagio, una parte delle ali che permette la planata. Questi strumenti messi lì hanno un vantaggio: sono grandi e consentono di essere identificati da molto lontano. I tag sulle zampe, invece, sono più piccoli e vengono legati al tarso dell’avvoltoio. Di conseguenza, sono più difficili da notare a lunga distanza.
Il ritrovamento degli avvoltoi feriti ha fatto partire la ricerca
Kerri Wolter, responsabile di VulPro Npc, un’organizzazione per la conservazione degli avvoltoi in Sudafrica, sottolinea come questa ricerca sia partita dopo l’arrivo di diverse segnalazioni di avvoltoi feriti e rimasti a terra a causa del posizionamento errato delle etichette alari. Per comprendere esattamente il problema degli uccelli, i ricercatori del Max Planck Institute hanno usato dispositivi Gps per tracciare 27 avvoltoi del Capo. Le registrazioni dei loro itinerari hanno permesso di indagare sulle loro prestazioni di volo. Ed è qui che è emerso che chi aveva le etichette sulle ali arrivava a coprire un’area più piccola rispetto a quelli che avevano le fasce sulle zampe. Inoltre, avevano meno probabilità di spiccare il volo e, quando lo facevano, riuscivano a volare a una velocità inferiore rispetto agli altri esemplari.
«I nostri risultati suggeriscono fortemente che i tag patagiali hanno gravi effetti negativi sulle prestazioni di volo degli avvoltoi», spiega Teja Curk, ricercatore di comportamento animale del Max Planck Institute, primo autore dello studio pubblicato sulla rivista scientifica Animal Biotelemetry.
Gli spazzini ricicloni che prevengono la diffusione delle malattie infettive
Gli avvoltoi vivono come se fossero spazzini. Nutrendosi di animali morti, svolgono un ruolo importante nell'ecosistema: prevengono la diffusione di malattie infettive, per esempio, ma riciclano materiale organico. «Pertanto, il potenziale di volo limitato e una riduzione dell'area coperta da questi uccelli, causata da un tag improprio, possono avere conseguenze di vasta portata a livello di ecosistema», afferma il coautore Kamran Safi.
Gli avvoltoi del capo sono endemici dell'Africa meridionale. Si trovano, oltre che in Sudafrica, anche in Lesotho, Botswana e in alcune aree della Namibia. E' dal 2015 che è stato classificato tra le specie minacciate di estinzione.
Secondo un lavoro pubblicato sul Journal of Applied Ecology, una delle minacce alla sopravvivenza degli avvoltoi passa attraverso un comune farmaco da banco anti-infiammatorio per gli esseri umani che viene usato anche in veterinaria: il diclofenac. Il lavoro sottolinea come in tre specie di avvoltoio, in Asia, siano state notate notevoli diminuzioni della popolazione. I ricercatori avevano notato la morte di un grifone euroasiatico (Gyps fulvus), in Andalusia (Spagna) proprio per questa stessa causa. Il diclofenac che viene dato ai bovini è tossico per gli avvoltoi, anche in piccole dosi. Gli uccelli, quando ne mangiano le carcasse, ne vengono a contatto e questo causa loro una gotta viscerale.