Nel Sud Italia, l’abbandono di cani e gatti e il basso tasso di identificazione e registrazione in anagrafe sono ancora un grave problema. Queste condotte rappresentano un rubinetto aperto per il perpetuarsi del randagismo in queste zone.
Dovuto a questa costante emergenza territoriale, spesso rappresentata da numerosi cuccioli ritrovati per strada o nelle campagne, siamo testimoni del fenomeno conosciuto come “staffette”; ovvero la movimentazione di cani e gatti che dal Sud Italia vengono adottati al Nord, tramite l’intervento di associazioni e volontari.
Sia i randagi che i cani dei canili del Sud, isole comprese, vengono spediti al Nord tramite questo circuito, ma il finale non è sempre lieto.
Dobbiamo quindi considerare questo fenomeno come positivo in quanto favorisce le adozioni degli animali, o possiamo metterne in discussione le prassi?
Le problematiche del fenomeno delle staffette
A maggio 2021 Kodami ha trattato questo tema nell’inchiesta “Staffette: dall’amore al business delle adozioni” che ha messo in evidenza l’imponenza del fenomeno e le problematiche che lo caratterizzano.
La totale assenza di tracciabilità delle movimentazioni di questi animali e dei mezzi che li trasportano non permette una stima realistica ed ufficiale del fenomeno. Luca Spennacchio, istruttore cinofilo e membro del comitato scientifico di Kodami, nell’intervista ci parla di circa 48 mila animali l’anno; circa 30 furgoni alla settimana, che trasportano circa 1.000 animali. Numeri davvero impressionanti.
Gli animali sono trasportati in gruppi variabili, fino ad arrivare a 30-40 individui stipati in un furgone e che viaggiano su tragitti lunghissimi fatti di numerose tappe intermedie, con l’ultimo animale da consegnare che può arrivare a passare una quantità di ore inestimabili chiuso nella gabbia del furgone.
Spesso i mezzi non sono a norma di legge, ovvero omologati per il trasporto di animali vivi e ad hoc progettati per la specie trasportata. Gli animali spesso viaggiano senza i documenti necessari, condizione significativa dell’inadempimento alla somministrazione delle profilassi vaccinali e delle visite veterinarie che possano certificarne l’idoneità al trasporto.
Grandi incertezze si celano poi dietro l’età dei cuccioli, spesso troppo giovani per affrontare tali viaggi, indicatore, inoltre, di un distacco precoce dalla madre e dai fratelli.
Ancor più discutibile è spesso la loro idoneità ad essere adottati in contesti totalmente diversi dal loro ambiente di origine, cui, quasi inevitabilmente, consegue una impossibilità di adattarsi. Animali nati e cresciuti in ambiente rurale, o semplicemente a basso tasso di urbanizzazione, si vedono catapultati in città dove inconsciamente viene richiesto loro una capacità di adattamento a stimoli ambientali e sociali che spesso gli animali non riescono ad affrontare.
Altra questione si cela dietro la compatibilità dell’individuo con le famiglie adottanti, ancor più vero quando si tratta di adulti che hanno una propria identità già formata ed esigenze ben radicate. Le adozioni condotte tramite le staffette non sempre vengono svolte seguendo il corretto processo, unico strumento che può garantire il match tra l’adottante e l’adottato e prevenire relazioni disfunzionali e, come spesso accade, la cessione dell’animale a altra persona o a un rifugio della zona.
Matteo Castiglioni, istruttore che lavora presso un canile del Nord Italia, racconta che il 30-40% dei cani che entrano in struttura sono proprio originari del Sud.
Insomma, un quadro drammatico si cela dietro questa pratica, che di per sé si prepone un alto obiettivo, quello di aiutare gli animali, ma che spesso è la fonte stessa del problema.
Lo studio sulle staffette di Stray Dogs
Un dilemma etico sorge quindi davanti a questo fenomeno. Mentre migliaia di famiglie attendono con ansia l’arrivo del nuovo componente, e mentre tantissimi animali trovano ogni mese una sistemazione, le adozioni spesso non sono svolte secondo le regole della buona prassi e il trasporto viene effettuato senza tenere in considerazione i principi basici del benessere animale.
Partendo da questa ipotesi e dalla totale mancanza di dati ufficiali, l’associazione di promozione sociale Stray Dogs International ha avviato un progetto di ricerca per poter colmare questo buco e poter rispondere alle numerose questioni che tale dilemma etico solleva.
La ricerca è strutturata in diversi step ed avviene tramite questionari volti ad indagare in maniera affidabile le problematiche legate a questo fenomeno. Lo studio riguarda le adozioni dei cani.
L’obiettivo dello studio è quindi quello di raccogliere dati quanto più rappresentativi della realtà, e non semplicemente basati su osservazioni empiriche o esperienze individuali, per poter descrivere il fenomeno affinché le adozioni degli animali del Sud possano essere gestite secondo buone prassi nel rispetto del benessere animale in tutte le fasi; dal prelievo dal territorio all’arrivo a casa, passando da adozioni strutturate e trasporti di qualità.
I risultati del primo studio
Il primo studio ha come obiettivo l’osservazione del fenomeno nel suo complesso e del grado di soddisfazione degli adottanti rispetto al processo d’adozione.
3.463 adottanti del Nord Italia hanno risposto al primo questionario. Di seguito un breve riassunto descrittivo di alcuni risultati, le cui percentuali approssimate sono riportate.
- Circa l’80% dei cani è stato scelto online;
- il 30% sono cani dei canili del Sud e il 25% sono cani randagi prelevati direttamente dal territorio;
- le principali Regioni di provenienza dei cani sono, in ordine, Sicilia, Campania, Puglia e Calabria;
- circa il 60% dei cani sono cuccioli;
- oltre la metà dei cani ha viaggiato in furgone, dei quali circa il 45% non idoneo al trasporto di animali;
- nel circa il 60% dei casi la consegna avviene presso una stazione di servizio dell’autostrada o presso un parcheggio di una zona industriale;
- il 70% dei passaggi avvengono in maniera veloce e senza che l’adottante riceva informazioni;
- il 60% delle adozioni avviene a fronte di un pagamento;
- il 90% dei cani sono identificati con microchip al momento dell’arrivo, ma solo il 10% lo sono a nome dell’adottante, la restante parte è intestata a nome dell’associazione;
- il 70% degli animali arriva in adozione senza essere sterilizzato/castrato (anche in relazione alla giovane età dell’animale);
- il 60% dei cani possiede le vaccinazioni complete;
- circa il 45% degli animali ha problemi ad adattarsi nelle prime fasi dell’adozione;
- il 40% degli animali presenta problemi comportamentali di diversa natura a lungo termine;
- il 40% degli adottanti non sono seguiti nella fase post-adozione;
- il 50% degli adottanti si è rivolto ad una figura professionale come educatore/istruttore cinofilo o medico veterinario esperto in comportamento;
- circa il 25% delle persone non ripeterebbe la stessa tipologia di adozione.
L’analisi e la discussione dettagliata dei risultati di questo primo studio e le seguenti correlazioni statistiche che verranno effettuate permetteranno di avere un quadro generale del fenomeno delle staffette.
Il secondo studio e le ricerche future
A seguito dei risultati del primo studio, l’associazione Stray Dogs ha diffuso anche un secondo questionario, volto a raccogliere informazioni più dettagliate rispetto ai possibili problemi di adattamento che i cani adottati dal Sud al Nord Italia possono presentare, a breve e a lungo termine. Tante più risposte raccolte permetteranno un’analisi quanto più affidabile della situazione.
L’associazione sta lavorando anche nella produzione di altri questionari da diffondere ai professionisti del settore cinofilo (educatori ed istruttori) e ai medici veterinari esperti in comportamento, per avere il loro punto di vista rispetto all’epidemiologia dei problemi comportamentali di questi cani.
Allo stesso modo, verrà chiesto un parere ai canili del Nord rispetto all’eventuale ingresso di cani provenienti dal Sud, o ceduti dagli adottanti a seguito dei problemi di adattamenti degli animali.
L’associazione Stray Dogs, ritiene che sia importante studiare il fenomeno delle staffette, non nell’ottica della demonizzazione dello stesso, ma per discuterne i punti critici e poter arrivare al miglioramento delle pratiche. Più alto obiettivo è quello di divulgare i dati che in maniera affidabile descrivano il fenomeno e che possano essere condivisi con le autorità competenti, per chiedere loro una corretta tracciabilità del fenomeno e l’implementazione di una più efficace rete di controlli ufficiali per poter garantire il benessere animale.