Il mondo della ricerca scientifica è in continua evoluzione e, di recente, una nuova collaborazione internazionale ha portato a un'importante nuova scoperta: i suoni prodotti dagli animali in via di estinzione possono essere la chiave per salvarli. L'Università di Warwick, in collaborazione con l'Università del New South Wales, in Australia, ha infatti intrapreso uno studio innovativo per analizzare i suoni emessi da diverse specie animali, tra cui uccelli, balene ed elefanti, utilizzando un metodo rivoluzionario adattato dalle neuroscienze.
Questa metodologia, denominata Superlet Transform (SLT), è stata originariamente sviluppata per analizzare le onde cerebrali. Applicata allo studio dei suoni animali, trasforma invece i segnali acustici in immagini, permettendo una visualizzazione più precisa delle informazioni temporali e di frequenza, superando le limitazioni dei metodi tradizionali. Ben Jancovich, primo autore dello studio con cui è stato presentato il software BASSA (Bio-Acoustics Superlet Scalogram Analyser), ha sottolineato l'importanza cruciale di questa ricerca per sviluppare nuove strategie di conservazione.
Grazie all'analisi dei suoni, è infatti possibile stimare anche la dimensione delle popolazioni animali, identificare i loro habitat e tracciare i percorsi migratori delle specie. «Il nostro metodo offre una precisione maggiore e richiede meno competenze tecniche, diventando uno strumento estremamente prezioso per i ricercatori che studiano i suoni degli animali senza una formazione ingegneristica», ha spiegato Jancovich. L'analisi dei suoni degli animali non si limita però solo alla loro identificazione e al monitoraggio delle popolazioni.
Gli scienziati stanno anche cercando di comprendere i potenziali impatti negativi causati dall'aumento dell'inquinamento acustico prodotto dalle attività umane. Questo aspetto è più che mai fondamentale oggi, poiché il rumore antropico in costante crescita in tutto il mondo può interferire con la comunicazione degli animali, alterando i loro comportamenti naturali e mettendo a rischio la loro sopravvivenza. I primi risultati hanno rivelato per la prima volta che i richiami dell'elefante asiatico, del casuario meridionale e del coccodrillo americano contengono suoni pulsati rimasti nascosti finora.
Tuttavia, gli scienziati hanno sottolineato che queste scoperte si basano su poche registrazioni singole e che sono necessari ulteriori studi per confermarle. Questa ricerca rappresenta però una potenziale svolta nella conservazione delle specie animali. L'analisi dei suoni potrebbe non solo aiutare a preservare le specie in via di estinzione, ma anche migliorare la nostra comprensione del loro comportamento e del loro ambiente naturale. La strada è ancora lunga, ma la combinazione di tecnologia e biologia offre nuove speranze per il futuro della fauna selvatica.