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4 Giugno 2023
9:06

Strage di ricci nel Mar Rosso: potrebbe essere lo stesso parassita che li uccide nel Mar dei Caraibi

Lo ha annunciato un gruppo di ricercatori israeliani, secondo cui un agente patogeno sconosciuto, ma simile per sintomi a quello scoperto nel Mar dei Caraibi, starebbe uccidendo un numero sempre più crescente di questi organismi marini.

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I ricci di mare nel Golfo di Eilat in Israele stanno morendo a un ritmo allarmante: lo ha annunciato un gruppo di ricercatori dell’Università di Tel Aviv, in Israele, secondo cui un agente patogeno sconosciuto starebbe uccidendo un numero sempre più crescente di questi organismi marini della specie Diadema setosum.

La massiccia morìa è stata osservata per la prima volta nel Mar Mediterraneo orientale a luglio e si è gradualmente diffusa fino al Golfo settentrionale di Eilat a gennaio e da allora i ricercatori l'hanno visto diffondersi a sud fino al vicino Mar Rosso.

«È una morte rapida e violenta: in soli due giorni un riccio di mare sano diventa uno scheletro perdendo la quasi totalità dei suoi tessuti», ha spiegato Omri Bronstein, biologo marino dell'Università di Tel Aviv. Aggiungendo che «avvelenamento e inquinamento non sono i principali sospettati, quanto piuttosto si ritiene più probabile una "epidemia in rapida diffusione" causata da un agente patogeno non ancora identificato».

La grande preoccupazione degli studiosi dipende dal fatto che la presenza dei ricci è essenziale per il delicato equilibrio dell'ecosistema della barriera corallina, perché questi organismi si nutrono di alcune alghe che, se lasciate libere di moltiplicarsi, soffocherebbero i coralli causando problemi a tutto l’ecosistema.

C’è da dire che non è la prima volta che succede, esistono dei precedenti: infatti, altre morti sospette di popolazioni intere di ricci erano già avvenute nel mare dei Caraibi negli anni Ottanta e nel 2022 peraltro molto simili per sintomatologia e decorso a quelle che stanno avvenendo proprio ora nel Mar Rosso.

Per la strage del 2022, però, un team di ricercatori dell'Università of South Florida (USF) di Tampa qualche mese è riuscito a identificare il parassita unicellulare responsabile e ha illustrato i risultati ottenuti dagli esperimenti in uno studio pubblicato su Royal Society Open Science in cui si spiega cosa starebbe succedendo e le ipotesi possibili sulle responsabilità.

Il killer sarebbe un microscopico parassita che ha iniziato a diffondersi all'inizio dello scorso anno: il suo nome è Philaster apodigitiformi e si tratta di un organismo unicellulare già coinvolto in altri eventi di morìa marina per specie come gli squali leopardo.

È noto per essere un parassita dei pesci e i suoi effetti sono riconoscibili anche senza troppe analisi molecolari: infatti, quando un riccio entra in contatto con questo parassita perde tutto l'involucro di spine che lo avvolge e lo protegge restando totalmente indifeso.

Per arrivare a tale conclusione, i ricercatori hanno messo l'organismo in vasche con ricci sani e cresciuti in laboratorio, constatando che circa il 60% del campione moriva con gli stessi sintomi esibiti nell'ambiente marino.

Sugli stessi risultati si basano anche le indagini dei ricercatori israeliani convinti che un agente patogeno simile potrebbe essere responsabile dell'uccisione dei "loro" ricci di mare. Se poi addirittura fosse lo stesso, nascerebbero ulteriori domande importanti su questo nuovo focolaio, per capire soprattutto come il parassita sia arrivato nel Mar Rosso e come venga veicolato tra siti geograficamente lontani.

Anche se i ricercatori americani non sono ancora riusciti a trovare una cura efficace per trattare le infezioni causate da philaster apodigitiformi, essere arrivati a scoprire l'identità del parassita è un passo decisivo che permette almeno di progettare strategie utili al mantenimento della salute dei ricci di mare e mettere in atto almeno azioni di tutela nei loro confronti per evitare pericoli aggiuntivi di origine antropica.

Il Diadema setosum è un riccio di mare nero caratterizzato da lunghe spine velenose ed è diffuso nel Mar Rosso, nell’Oceano Indiano e nell’Oceano Pacifico dove vive tra le barriere coralline e nei fondali sabbiosi e sassosi dove spesso forma colonie composte da più esemplari.

Ultimamente ne sono stati trovati alcuni esemplari nel Mar Mediterraneo dove si ipotizza possano essere arrivati attraverso il Canale di Suez, anche se un’altra ipotesi ritiene che si tratti di esemplari liberati appositamente dai possessori di acquari.

Fortunatamente il suo veleno non è pericoloso per l’uomo, ma provoca soltanto gonfiore e dolore che comunque si risolvono in poche ore. Il problema, piuttosto, è dato dai suoi aculei che, una volta penetrati nella carne, si spezzano e i suoi frammenti risultano molto difficili da estrarre.

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Simona Sirianni
Giornalista
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