«La maggior parte dei tartufai ha un rapporto speciale con i cani, quasi una simbiosi. Ecco perché chi avvelena questi animali non può definirsi un tartufaio, ma solo un criminale». Così Riccardo Germani, presidente dell'Associazione Nazionale Tartufai Italiani, spiega a Kodami cosa pensa su quella che da molti viene definita "la guerra del tartufo".
Negli ultimi mesi sono comparsi nelle foreste italiane pochi di questi preziosi funghi per via della grande siccità di questa estate, una scarsità che si ripercuote su raccoglitori e distributori che fanno girare un ricco mercato da migliaia di euro. Se da un lato è presumibile che ci possa essere una vera e propria "corsa al tartufo" per chi fa della cavatura di questi funghi il proprio lavoro, dall'altro definirla una vera e propria guerra potrebbe sembrare però a tratti esagerato.
«La stagione di raccolta si è prolungata per colpa della siccità ed è partita tardi – continua Riccardo Germani – Essendo il tartufo un fungo ipogeo, ovvero che cresce sottoterra, ha bisogno di molta acqua e deve piovere almeno due mesi. È possibile che ci sia chi voglia accaparrarsi per primo il tartufo, però assicuro che non c'è una grande competizione fra di noi. Quasi tutti lo facciamo per passione».
Eppure è difficile credere che non faccia gola l'idea di riuscire a guadagnare più di 1.500 euro grazie semplicemente a 10 grammi di tartufo bianco pregiato, magari raccolto durante una piacevole passeggiata in una vetusta faggeta. È naturale pensare, quindi, che ci siano persone che decidono di raccogliere tartufi come attività per creare una sintonia profonda con il proprio compagno animale e altri che ne hanno fatto un vero e proprio business e non si farebbero alcuno scrupolo a utilizzare qualsiasi mezzo per escludere gli altri dalla gara.
Individui del genere forse sono pochi, ma la loro cupidigia crea spesso vittime collaterali che in questa "guerra dei funghi" non centrano nulla: i cani da tartufo. «Questi animali sono fondamentali per noi – spiega il presidente di AssoTartufari – In casa ho due Bracchi e all'esterno passiamo tanto tempo, a volte anche tutto il giorno durante la caccia al tartufo. Un legame del genere si può consolidare solo quando si sta da soli con un animale in natura».
I cani da tartufo sono cani adatti alla ricerca e dotati di un ottimo fiuto, adatto a trovare il luogo in cui si nasconde l'appetitoso fungo. Le caratteristiche principali che fanno di un cane "da tartufo" un ottimo compagno per l'essere umano che vuole intraprendere questa attività sono diverse e vanno dall'olfatto molto sviluppato al poco interesse verso il selvatico, che porterebbe il cane a interessarsi della selvaggina piuttosto che della ricerca. Il cane da tartufo è desideroso di svolgere attività motoria e la ricerca del tartufo, come attività collaborativa, può contribuire a creare un'ottima relazione uomo – cane.
Purtroppo uno dei modi più crudeli per impedire a un cavatore di tartufi di proseguire la propria attività efficacemente è proprio l'eliminazione dei cani che, come racconta a Kodami un Maresciallo del Comando della Stazione Carabinieri di Bra in provincia di Cuneo, specialmente negli ultimi tempi avviene tramite l'utilizzo di esche avvelenate: «Abbiamo diverse problematiche legate all'avvelenamento di cani e altri animali nei boschi della nostra provincia. Sappiamo che le esche avvelenate ci sono, ma purtroppo le persone che frequentano i boschi non ci segnalano tutti i casi che incontrano».
«A volte sono proprio i tartufai a chiamarci – commenta il Maresciallo riguardo la questione – Ad esempio abbiamo avuto dei casi di avvelenamento a Carasco, a Narzole e a San Marzano Oliveto, comuni limitrofi dove erano state poste esche in tartufaie ufficialmente registrate e territori liberi. Le persone che ci hanno fatto la segnalazione erano proprio a caccia di tartufi con i loro cani che per sbaglio hanno inghiottito delle polpette avvelenate, ma fortunatamente erano preparati all'evenienza e con un intervento specializzato sono riusciti a salvarli».
Quello che dipinge il Maresciallo, dunque, è un quadro ben più complesso che delinea l'opera di vere e proprie menti criminali. «Purtroppo è difficile individuare i responsabili – continua il militare – Perché i veleni usati sono, ad esempio, quelli che si usano per eliminare le lumache dal proprio giardino e sono quindi di libera vendita. Inoltre, è difficile legare l'esca al responsabile e avere contezza del fenomeno. Il settore dei tartufari è chiuso e difficilmente ci segnalano dei casi di avvelenamento, per questo motivo si è resa necessaria un'attivazione in prima linea tramite l'operazione Sadaudus».
Di questa operazione speciale su Kodami si è già parlato a ottobre in un'intervista al Stefano Gerbaldo, comandante del gruppo Carabinieri forestale di Cuneo. Questa è consistita in una vasta campagna di bonifica volta alla ricerca delle esche avvelenate. In campo sono scese 13 Unità cinofile Antiveleno provenienti da varie regioni italiane, insieme ai Forestali. Si tratta di binomi molto particolari anche rispetto agli altri reparti cinofili dell'Arma.
«I cani impiegati per questo lavoro sono stati addestrati apposta per riconoscere l'odore dei veleni, carcasse avvelenate o anche la carne macinata stessa usata per fare le esche – spiega ancora – Una volta scovate sta al conduttore del cane e al militare capire se si tratta di un'esca o un semplice scarto alimentare. Il problema delle esche avvelenate è talmente sentito che nell'ultimo anno ne hanno formate delle altre di cui due nuclei sono in Piemonte».
Una vicenda piena di sfaccettature quella della guerra al tartufo, quindi, e al centro sempre l'immagine del cane, fedele compagno al quale non interessa nessuno schieramento o barricata, ma che è solo pronto a stare al fianco del suo umano di riferimento: da un lato per bonificare i terreni da potenti veleni, dall'altro a cercare preziosi funghi prelibati. Ricordiamoci, però, che le prime vittime dell'insensata cupidigia dell'uomo sono sempre loro, gli unici che in queste scampagnate in natura vorrebbero dare libero sfogo alla loro energia e curiosità.