L'Italia potrebbe dire addio alle pellicce entro il 2022: lo prevede un emendamento alla Legge di Bilancio che vieta allevamento, riproduzione in cattività, cattura e uccisione di animali allo scopo di ricavarne pellicce.
Visoni, volpi, cani procione, cincillà, conigli: per tutte queste specie potrebbe aprirsi un nuovo capitolo della loro esistenza grazie all'intervento del Parlamento. Come abbiamo già visto con lo stanziamento di 10 milioni di euro in favore della lotta al randagismo, anche questo nuovo emendamento alla Manovra finanziaria indica un orientamento ben preciso del Governo in favore del benessere animale.
Cosa prevede l'emendamento
Secondo quanto previsto dall'emendamento in arrivo sul tavolo della Commissione Bilancio del Senato, gli allevamenti al momento ancora in attività potranno continuare a detenere gli animali solo per il periodo necessario alla dismissione delle strutture, con il termine perentorio del 30 giugno 2022.
Per fornire un indennizzo agli operatori del comparto è prevista l'istituzione presso il al Ministero della Politiche agricole di uno specifico fondo con una dotazione finanziaria pari a 1,5 milioni di euro. I giochi in Parlamento non sono però ancora chiusi e si prevedono le rimostranze degli allevatori di animali da pelliccia.
La Legge di Bilancio, nota anche come Manovra finanziaria, dovrà essere approvata entro il 31 dicembre 2021. Tempi molto stretti che dovrebbero facilitare il transito del pacchetto "blindato" di emendamenti dal Senato fino alla decisiva approvazione della Camera dei deputati.
Quella accolta dal governo è una richiesta che dalla cittadinanza era arrivata più volte sui tavoli parlamentari attraverso il tramite delle associazioni animaliste, ma che non era mai giunta a una conclusione positiva. Oggi, dopo l'addio alle pellicce da parte di tanti esponenti di primo piano del mondo della moda: da Armani che ha abbandonato la lana d'angora, fino a Valentino, ora anche il governo ha finalmente accolto le richieste della società civile.
Spia di questo orientamento sono stati i visoni. La deputata Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, aveva già annunciato la presentazione di un emendamento alla Legge di Bilancio per chiudere definitivamente gli allevamenti di visoni.
Subito è arrivato il plauso anche del Movimento 5 stelle attraverso la deputata Francesca Flati, la quale si era fatta promotrice di una proposta di revisione della legge quadro sui randagi. «Anche l'Italia si allineerà agli altri Paesi europei, che già hanno deciso di chiudere queste strutture e fermare queste pratiche incompatibili con il benessere animale, eticamente inaccettabili e pericolose per la salute umana e per l'ambiente – commenta Flati – Sappiamo infatti che proprio in queste strutture si possono annidare focolai di malattie, come il Covid-19, che oltretutto portano all'uccisione degli animali imprigionati. Da oggi siamo un Paese più civile».
Allevamenti di animali da pelliccia: fabbriche di morte
Con la Legge di Bilancio 2022 l'imput fornito dall'intergruppo per i diritti degli animali è stato accolto ed esteso a tutti gli allevamenti di animali da pelliccia, vere e proprie fabbriche di morte.
Tra le forme di sfruttamento animale l'allevamento per le pellicce rientra senz'altro tra le più crudeli. Gli animali, come hanno evidenziato numerose inchieste delle associazioni animaliste, vivono in spazi estremamente ristretti e in condizioni igienico sanitario estremamente precarie. Le femmine sono costrette a continue gravidanze, gli esemplari con qualche difetto sul pelo vengono soppressi senza storie.
Tutti gli altri attendono invece una morte a base di scosse elettriche, chiodi, annegamento e altro ancora: tutte pratiche volte a non rovinare il prezioso manto. Il benessere in queste fabbriche di morte non è minimamente contemplato. Al contrario, l'individualità degli animali rappresenta un ostacolo al loro sfruttamento.
Ad agonizzare è oggi però proprio questo comparto, un tempo in grado di spostare volumi d'affari di quasi due miliardi di euro, negli ultimi anni ha subito un tracollo importante di quasi il 50% del volume d'affari. Una morte sancita messa oggi nero su bianco dal governo, almeno per quanto riguarda la produzione su suolo italiano.