Superare gli allevamenti intensivi in funzione di una transizione ecologica della zootecnia. È questo il proposito della proposta di legge depositata in Parlamento da un gruppo di 15 deputati guidati da Eleonora Evi, di Alleanza Verdi Sinistra.
«Oggi ho depositato il testo a mia prima firma e sottoscritto da deputati di diversi gruppi politici – ha spiegato Evi – Si tratta di un primo passo importante per smettere di nascondere la testa sotto la sabbia e affrontare il grande problema degli allevamenti intensivi e il loro impatto sulla salute umana, sul clima, sull’ambiente, sulla sofferenza di milioni di animali».
La proposta era stata illustrata a febbraio nel corso di una conferenza stampa alla Camera dei Deputati promossa anche dalle maggiori associazioni di tutela ambientale e animale: Greenpeace Italia, ISDE – Medici per l’ambiente, Lipu, Terra! e WWF Italia.
La proposta di legge (pdl) è ora in attesa di essere assegnata alla Commissione competente per iniziare il suo iter. Nello specifico, la pdl intende rendere protagoniste le piccole aziende agricole zootecniche, incoraggiando la transizione ecologica di quelle grandi e medie attraverso un piano di riconversione del sistema zootecnico italiano finanziato con un fondo dedicato e prevedendo nell’immediato una moratoria all’apertura di nuovi allevamenti intensivi e all’aumento del numero di animali allevati in quelli già esistenti.
«Il modello intensivo attuale è insostenibile anche sul piano economico – ricorda la deputata di Alleanza Verdi-Sinistra – i sussidi pubblici alimentano produzioni industriali e grandi profitti per pochi mentre le piccole aziende vengono schiacciate. Ripensare e riconvertire il settore zootecnico e fermare il dilagare del modello intensivo è ormai necessario e non più rinviabile se vogliamo garantire un sistema alimentare equo e sostenibile».
In Italia sono più di 700 milioni all’anno gli animali allevati in modo intensivo. Questa enorme macchina di produzione richiede un enorme uso di risorse, basti pensare che due terzi dei cereali commercializzati nell’Unione Europea diventano mangime e circa il 70% dei terreni agricoli europei è destinato all’alimentazione animale. Chiedere le strutture intensive significherebbe quindi mettere un freno anche a consumo di suolo, deforestazione e inquinamento.