L'annuncio è arrivato via Twitter dall'account ufficiale del Comune di Pamplona: per il secondo anno di seguito, a causa della pandemia, non si svolgerà la festa di San Firmino. E' una delle "celebrazioni" spagnole più note al mondo e in cui si svolge l' Encierro, una corsa in cui si liberano dei tori su un percorso limitato da transenne in cui le persone si fanno inseguire e che poi termina nella plaza de toros della città.
La tauromachia racchiude, infatti, una serie di “eventi culturali” rappresentati in sostanza dal combattimento rituale contro i tori. Esistono, però, anche manifestazioni che coinvolgono vacche, giovani vitelli o buoi castrati. Documentata fin dal 1.600 a.C., la tauromachia nasce nel bacino del mediterraneo in tempi molto antichi, espansa poi al resto d’Europa e del mondo.
Ad oggi, in Europa, resta diffusa principalmente in Spagna, specialmente nel sud, dove è riconosciuta come patrimonio culturale dello Stato, e in altri paesi come Portogallo e Francia. È inoltre diffusa in alcuni Paesi latino-americani come Colombia e Messico, e negli Stati Uniti principalmente sotto la forma dei rodeo e sue varianti.
La rappresentazione massima della tauromachia è la Corrida de toros, classica manifestazione svolta nelle arenas de toros dove un torero spettacolarizza le letterali sevizie all’animale. Nei secoli però, l’essere umano è riuscito ad inventare svariati modi per torturare questi animali in maniera spettacolarizzata. Come, ad esempio, il "toro embolado", che consiste nella rappresentazione di un toro con le corna infiammate deriso e rincorso dai cittadini; il “bou a la mar” manifestazione che consiste nel costringere un toro, dopo una rincorsa estenuante, e messo alle strette all’orlo di un porticciolo, a gettarsi a mare. E poi le più famose corse, di cui appunto è capofila è la festa San Fermin a Pamplona.
Una sofferenza indiscutibile
Per giustificare tali barbarie, al toro è stata storicamente assegnata l’etichetta di “bravo”, termine che in spagnolo ha diversi significati, tra cui “fiero, indomabile, feroce per natura intrinseca”. Per tale motivo i movimenti pro-taurini giustificano tali competizioni, asserendo che i tori siano animali che non soffrono e che appartenga alla loro natura la competizione e la lotta.
Chiaramente, tutti sappiamo o dovremmo sapere che non è così! I bovini sono animali estremamente mansueti che, se non incitati allo scontro, esprimono docilità e avversione al confronto diretto.
Nel caso della corrida, ed esempio, il rituale messo in scena del torero, espresso quasi in forma di danza, ha proprio lo scopo di suscitare nel toro delle risposte di autodifesa. Le emozioni degli animali sono quindi la paura, il terrore e l’ansia, cui poi si somma il dolore fisico generato dalle punzellate e dalle arpionate, che precedono la morte.
Paradossalmente, esiste addirittura una pubblicazione in cui l’autore ha tentato di spiegare che i tori sono animali che funzionano fisiologicamente in maniera distinta dagli altri animali, in quanto capaci di provare meno dolore. Tale pubblicazione, immediatamente contestata e smentita dalla comunità scientifica, ha rappresentato un vano tentativo di accreditare la lobby, politica e no, della tauromachia.
La comunità scientifica veterinaria ci spiega chiaramente, invece, che la sofferenza dell’animale è elevatissima e che, contrariamente a ciò che si pensa, l’animale non muore per dissanguamento ma agonizzando per la sofferenza e il dolore, che attivano dei meccanismi fisiologici che portano l’animale a un lento blocco cardio-respiratorio. Per riassumere, agonia è il termine che meglio rappresenta questo spettacolo.
Tauromachia, un settore in decadenza?
Risponderei a questo quesito con una affermazione personale: speriamo di sì. Del resto, sono i numeri a parlare. Mentre ancora continuano a soffrire e morire tori nelle arene e per le strade, le cifre ci raccontano che il settore sta subendo una notevole inflessione.
Negli ultimi anni ondate di indignazione popolare e moltitudini di manifestazioni anti-taurine chiedono l’abolizione di queste manifestazioni “culturali”. I dati periodicamente pubblicati dall’Associazione spagnola dei Veterinari abolizionisti della Tauromachia e del Maltrattamento Animale (AVATMA) ci descrivono come l'affezione popolare a questi spettacoli vada sempre più riducendosi nel tempo. Le feste con tori che si celebrano in Spagna hanno subito una flessione di più del 60% nell’ultimo decennio. Descrivendo una drastica diminuzione degli spettacoli, e una caduta del mercato di compravendita di tori, delle prestazioni lavorative dei toreri e di ingressi degli spettatori alle arenas, nonostante i tentativi politici di affiliare sempre più persone, specialmente i giovani, a tele tradizione.
In Spagna vi sono, poi, delle realtà particolarmente virtuose, come quella della Catalogna che aveva abolito la corrida già dal 2010, con una Barcellona avanguardista auto dichiarata città anti-taurina fin dal 2004. Con grande gioia, in questa Comunità Autonoma le arenas de toros sono state riformate a musei, centri commerciali o arene culturali, a dimostrazione di come l’impegno politico può essere garante del rispetto verso gli animali e di come ci si può lasciare un passato crudele alle spalle.
Pandemia e tauromachia
Come gran parte delle attività, culturali e no, il settore è stato influenzato anche dall’arrivo della pandemia. Paradossalmente, però, durante la prima ripresa dell’estate scorsa fu proposto di aprire le arenas de toros ancor prima dei musei, dei teatri e delle scuole. Proposta a cui, in maniera inaspettata, la popolazione spagnola ha risposto con meno entusiasmo di quanto aspettato.
Mentre, quest’anno, per il secondo anno consecutivo, la Festa di San Fermin non sarà celebrata, risparmiando così solo per motivi prettamente di salute pubblica umana la sofferenza a decine e decine di animali.
Non ci resta altro che sperare in una inversione culturale, basata sulla tutela del benessere animale e l’abolizione del maltrattamento animale travestito da cultura, che ci elevi a essere etici ed empatici quali celebriamo di essere.