«Stiamo lavorando. Aiutateci», questo l'appello lanciato dall'Usava, Società dei veterinari ucraini, attraverso un video messaggio del presidente Vladlen Ushakov per aiutare i professionisti rimasti in Ucraina, ma anche per coordinare gli arrivi dei rifugiati animali in Europa.
La decisione della Commissione Europea, avallata anche dal Ministero della Salute italiano, ha permesso anche agli animali privi passaporto europeo di viaggiare con i loro compagni umani in fuga dall'Ucraina. Una decisione che ha salvato molte vite ma che necessita di un ulteriore passo avanti per garantire il benessere degli animali. Per questo l'Usava ha chiesto il supporto di tutti i colleghi europei.
Per agevolare il processo d'ingresso, e garantire nello stesso tempo la salute delle comunità umane e animali, i veterinari ucraini hanno chiesto di aprire un dialogo con le cliniche estere. Invitando le associazioni di veterinari a inviare all'Usava «elenchi di cliniche in cui i rifugiati e i loro pazienti possono essere indirizzati per il primo soccorso». Lo scopo è creare un ponte ufficiale tra la comunità ucraina e i paesi d'arrivo.
Tra i primi a rispondere all'appello c'è stata l'Anmvi, Associazione nazionale medici veterinari italiani, che ha messo a disposizione i propri canali di comunicazione e anche le proprie coordinate bancarie per agevolare le donazioni da riversare poi a Usava.
Vaccino antirabbico
Sono impresse nella mente di tutti le immagini degli ucraini che scappano con i loro animali, soprattutto cani e gatti. Anche se queste scene non dovrebbero sorprenderci, rappresentano un indicatore del grande amore e rispetto nutrito dalle persone per la componente animale delle loro famiglie. Queste, una volta giunte in un paese straniero, iniziano a capire come ricominciare e prendersi cura di loro stessi e dei loro compagni a quattro zampe.
Un bisogno intercettato dall'associazione dei veterinari ucraini che a questo scopo ha richiesto la collaborazione delle strutture veterinarie europee per il primo soccorso ma soprattutto per determinare il titolo anticorpale della rabbia. Una questione non da poco, segnalata anche dai parlamentari che hanno reso possibile l'ingresso degli animali senza passaporto sanitario in Italia.
Il nostro Paese è indenne dalla rabbia, come rileva il Centro di referenza nazionale per la rabbia dell'Izs Venezie, un risultato raggiunto principalmente grazie alle massicce campagne vaccinali e ai controlli alle frontiere di tutto il continente europeo.
Prima dello scoppio del conflitto, per recarsi in un paese straniero era necessario eseguire il vaccino contro la rabbia diverse settimane prima della partenza, e riportare l'avvenuta vaccinazione all'interno del passaporto del cane. Tempi non coerenti con uno stato di guerra e la necessità di una fuga rapida.
Nei paesi in cui i cani hanno comunemente la malattia, più del 99% dei casi di rabbia sono il risultato diretto di morsi di cane. Gli animali da compagnia che non sono stati adeguatamente vaccinati possono quindi diventare un veicolo della malattia verso l'essere umano.
Per questo, oltre a segnalare la movimentazione di animali con le modalità indicate dal Ministero della Salute, è fondamentale che i veterinari ucraini possano indicare ai loro concittadini sul suolo italiano quali strutture possono aiutarli.
Russia-Ucraina: i veterinari chiedono alla comunità internazionale di prendere posizione
I veterinari ucraini non chiedono però solo maggiore coordinazione per tutelare gli animali domestici fuggiti dalla guerra al seguito dei loro umani. Il presidente Ushakov ha invocato anche il supporto delle due principali associazioni di categoria: la Fve, Federazione dei veterinari europei, e la Wsava, Associazione mondiale dei veterinari, per una questione di carattere politico.
Ushakov, che è anche rappresentante di Usava nella Wsava, ha presentato istanza ufficiale per «escludere la Russia in quanto Paese aggressore dalle comunità veterinarie europee e mondiali Wsava e Fecava».
La richiesta, formulata senza mezzi termini, è di invitare i veterinari di tutto il mondo a schierarsi: «Speriamo che europei e colleghi di tutto il mondo siano dalla nostra parte».