Non è raro trovare all'interno delle antiche collezioni museali dei reperti che ti permettono d'identificare una nuova specie o di conoscere meglio il comportamento di animali già noti. Questo è quello che è successo tra le sale del prestigioso museo dello Smithsonian di Washington,uno di più grandi e ricchi del mondo. A lasciare però interdetti in questo caso i biologi non è stato solamente il ritrovamento di una specie non ancora conosciuta, ma la scoperta che anche all'interno degli echinodermi, il gruppo formato da ricci e stelle marine, è possibile trovare una forma di cura parentale.
Come infatti confermato da uno studio pubblicato dallo stesso magazine del museo, alcuni zoologi, nel lontano 2010, stavano lavorando su alcune antiche collezioni provenienti dall'Antartide, quando si sono trovati di fronte a un fazzolettino contenente una particolare stella marina. Questa non era stata mai vista o studiata prima e non è noto neppure da quanto tempo questi esemplari giacessero dimenticati nei magazzini. Sta di fatto, che al momento di controllarne il contenuto Christopher Mah, ricercatore del museo, ha da subito notato una particolare caratteristica che distingueva l'esemplare che aveva fra le mani.
Ad occhio nudo infatti si potevano osservare tantissimi piccoli di stella marina contenuti all'interno dello stomaco dell'animale adulto. In un primo momento Mah ha pensato che potesse essere un abbaglio o un errore, ma osservando meglio il reperto al microscopio e aprendo altri piccoli pacchetti che erano situati vicini alla collezioni, i dubbi si sono risolti. La stella marina custodiva diversi piccoli della sua stessa specie. Bisognava solo indagare se questo fenomeno fosse legato però alla dieta dell'animale (i casi di cannibalismo dei piccoli sono molto comuni in natura) o a una possibile forma di cura parentale.
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Compiendo quindi un enorme sforzo e analizzando le centinaia di stelle marine provenienti dall'Oceano antartico, Mah e altri suoi colleghi hanno cominciato così a indagare la biologia di questi animali, di cui persino il luogo d'origine rimaneva sconosciuto.
I risultati di questo studio, che hanno coinvolto i biologi per circa 13 anni, sono stati riassunti e forniti recentemente all'interno di un articolo di Zootaxa, una delle riviste più famose inerenti la zoologia e la tassonomia degli animali. E hanno permesso di chiarire definitivamente il comportamento di questi echinodermi, che sembrano proprio prendersi cura dei loro piccoli. Un fattore inusuale e imprevisto dalla stessa ricerca, visto che fino a questo momento storico la maggior parte degli zoologi ignorava che gli echinodermi potessero avere comportamenti di accudimento della prole.
Come è stato infatti possibile notare al microscopio, queste stelle marine non stavano digerendo i piccoli all'interno del loro stomaco. Offrivano invece alla prole un luogo sicuro dove crescere e riposarsi, in attesa che il clima fosse ottimale o che i predatori si allontanassero dai luoghi di "cova". E le uniche indicazioni che è possibile ottenere dalle scatole in cui erano contenute questi esemplari indicano che genericamente sono state raccolte in Antartide negli anni 60, da diversi scienziati a bordo della USNS Eltanin all'interno di un progetto pluridecennale di studio della fauna marina polare. E che sono, inoltre, state prelevate a una profondità indicativa di 1.000 metri.
Questi nuovi esemplari hanno permesso quindi l'istituzione di addirittura una nuova sottofamiglia di stelle marine, Kampylasterinae, che sembra essersi adattata alle difficile condizioni ambientali degli oceani antartici evolvendo un comportamento che li rende simili agli organismi vivipari. Nel nuovo documento, Mah inoltre ha nominato un totale di 11 nuove specie, tra cui una che gli ricorda il fruttuoso lavoro di ricerca condotto su questi animali: Paralophaster ferax.
Facendo un parallelismo con gli esseri umani, i ricercatori statunitensi semplificano il comportamento di questi echinodermi spiegando che le nuove specie si comportano un po' come dei piccoli contenitori. «È come se voi durante la fase di crescita iniziale dei vostri figli li teneste all'interno della bocca», chiariscono, e mentre questa strategia riproduttiva è così rara nelle altre stelle marine, Mah stima ora che circa il 40% di tutte le specie antartiche ora conosciute potrebbe prendersi cura dei propri piccoli.
Restano ancora però dei grandi dubbi sull'origine evolutiva di questi animali e sul loro comportamento in vita. Per esempio, per quanto tempo gli adulti accudiscono i loro piccoli? E le varie forme scoperte vivevano nello stesso territorio o come suggerito dalle loro differenti dimensioni erano adattate ad ambienti diversi? I biologi continuano quindi a studiare, sperando che un giorno riusciranno a capire l'esatta provenienza di questi animali. Il loro ritrovamento e il lungo lavoro necessario per fornire un articolo scientifico in grado di descriverne la storia hanno però dimostrato che non bisogna mai trascurare le collezioni museali, «né mantenere nel disordine le proprie collezioni», confermano i biologi.
I tredici anni impiegati per studiare i reperti potevano infatti essere in parte ridotti se quantomeno le stelle marine fossero state contenute all'interno di contenitori con delle informazioni più precise, che indicavano magari l'origine e la data del loro prelievo in natura.