A Bologna c'è una mostra, patrocinata dall’Ordine dei Biologi della Lombardia, che racconta la incredibile evoluzione dello squalo che è cominciata ben 400 milioni di anni fa.
Evoluti incredibilmente ma fortemente minacciati dall’uomo, questi straordinari animali marini sono i protagonisti di Squali e Abissi, predatori perfetti in una terra aliena, a Palazzo Pallavicini fino al 30 giugno.
Un'occasione per "rimanere" tu per tu con lo squalo, il grande predatore del mare che, come pochi altri animali, suscita nell’uomo tanta paura da averlo trasformato nel terribile protagonista di film, miti e leggende che lo raccontano crudele come invece non è e come abbiamo spiegato in una puntata del nostro format "Incontri selvaggi":
Dal grande squalo bianco lungo fino a sei metri, allo squalo tigre, al martello, al volpe, al leucas, fino al più piccolo esistente, lo squalo pigmeo, in mostra sono esposte le ricostruzioni a grandezza naturale di più di trenta esemplari di squali grandi e piccoli provenienti da tutto il mondo che, grazie all’uso di modelli, video e pannelli descrittivi, insieme a sculture in bassorilievo tattili, permettono un viaggio alla scoperta della loro anatomia e del loro mondo. Con un occhio, però alla fragilità di un ecosistema che rischia di scomparire insieme ai suoi abitanti.
«Sebbene gli squali siano animali molto antichi, comparsi sul pianeta più di 400 milioni da anni fa, essi sono in realtà animali poco resilienti a causa della loro biologia – spiega Marcello Itri, Biologo Ambientale ed esperto di ecosistemi. – Questo li rende animali vulnerabili e fragili di fronte agli effetti che i cambiamenti climatici hanno anche sui mari e sugli oceani, come l'aumento della temperatura, l’ipossigenazione e l'acidificazione delle acque».
La mostra infatti presenta anche una sezione dedicata alla conservazione della specie che sottolinea in che modo lo squalo, considerato il più temibile dei predatori anche a causa di una narrazione cinematografica particolarmente spettacolare e deviante, sia diventato invece in tempi moderni una preda, e come la sopravvivenza sua e di molte altre specie sia sull'orlo dell‘estinzione. Ben il 37% delle specie di squali e razze rischiano seriamente l'estinzione secondo la Lista Rossa delle specie minacciate redatta dalla IUCN. Secondo uno studio recente, in appena mezzo secolo le popolazioni mondiali di questi pesci si sono addirittura ridotte del 71% per colpa della pesca eccessiva, della distruzione degli habitat e dell'inquinamento dei mari.
«Tutti gli esemplari presentati in mostra sono realizzati in vetroresina e poliuretano – spiega Alessia che è la referente per le visite guidate. – sono esposti senza protezione e si possono toccare, permettendo al visitatore di avere una percezione analoga a quella della pelle degli squali che non è liscia ma la contrario molto ruvida». In esposizione si possono così imparare a conoscere i dettagli dell’interno di uno squalo, riprodotto anche con utero e cucciolo ancora in grembo per spiegarne le caratteristiche riproduttive. Tra gli squali in mostra lo squalo tagliatore, esposto accanto ad un delfino con il corpo segnato dai suoi morsi: «è chiamato infatti anche squalo stampo di biscotto perché preferisce non uccidere le sue prede ma cibarsi di morsi della sua carne. E tra le sue prede c’è appunto il delfino».
Ma in mostra non si incontrano soltanto squali. «Molto particolari sono le due sale dedicate agli animali degli abissi, cioè tutte le creature marine che vivono a profondità oltre i 200 metri, tra loro anche alcune specie di squali che possono arrivar a vivere anche tra i 500 e i mille metri di profondità. Il capopiatto, addirittura, può arrivare ai 4000 metri e ha le fattezze dello squalo preistorico». Le creature che vivono negli abissi degli oceani mostrano in esposizione una delle loro caratteristiche più affascinanti: la bioluminescenza, cioè quella particolare capacità di emettere una luce per attrarre i propri simili in vista dell’accoppiamento oppure per catturare le proprie prede. Negli abissi profondi popolati da luci blu, viola o rosse che si incrociano nel buio e nel silenzio del mare, si possono incontrare animali marini diversissimi tra loro. «Tra questi ci sono le rane pescatrici che attirano i maschi con la luce che emanano e anche il pesce diavolo che invece attira le prede con la sua luce».
Tra le sale più originali anche uno dedicata al calamaro gigante che può arrivare ben oltre i due metri di lunghezza e che è stato scoperto solo nel 2004 da un team di studiosi giapponesi che sono riusciti a filmarlo grazie a telecamere montate su piccoli sottomarini telecomandati capaci di raggiungere le profondità in cui vive, cioè tra i 4000 e i 7000 metri. «Con l’esposizione a Palazzo Pallavicini vogliamo mostrare le meraviglie che ci circondano portandole in superficie ed educare, sia i bambini sia gli adulti, sul mondo quasi sconosciuto degli abissi” dichiara infatti Gianluca Salvadori, curatore della mostra e co-founder di Naturaliter che produce i modelli in mostra. «Questo territorio è infatti meno conosciuto di Marte ed è abitato da esemplari che, come fantasmi, appaiono e scompaiono attraverso i piccoli fari luminosi dei sommergibili che ogni tanto squarciano il buio abissale. Grazie alla ricostruzione a grandezza naturale di oltre 30 esemplari di squali e di altri abitanti del mare, il percorso porta a scoprire non solo l’anatomia di queste creature che nuotano quasi immutati negli oceani da più di 13 milioni di anni e sono in via di estinzione a causa di uno sterminio incontrollato».
Proprio riguardo allo sterminio che sta decimando milioni di squali, in esposizione anche una riproduzione della famosa “zuppa di pinne di squalo” che ogni anno causa il massacro di milioni di esemplari. Si stima infatti che ogni anno per soddisfare la richiesta che arriva dal mercato asiatico dove la zuppa di pinne è considerata uno status symbol, circa 73 milioni di squali vengano uccisi solo per le loro pinne e che questo incredibile numero di uccisioni sta portando questi predatori fondamentali per l’equilibrio della vita degli oceani, sulla soglia dell’estinzione. «Volevamo testimoniare la pratica dello spinning – spiega Alessia – per raccontare che, malgrado il modo in cui gli squali vengono raccontati, sono invece proprio gli uomini ad essere i maggiori predatori».
A chiudere l’esposizione anche il rapporto speciale che questi animali hanno con alcune popolazioni che gli tributano un enorme rispetto, come gli abitanti delle isole Fiji, delle Hawaii e di Galapagos. «Soprattutto fra i giovani di popolazioni come i Maori c’è ancora l’usanza di tatuarsi simboli o riproduzioni di squali. Ma si realizzano anche oggetti e amuleti che testimoniano come in quei paesi sono considerati delle divinità».